È ormai la seconda stagione nella quale Mercedes e Red Bull si vedono ben poco da vicino. Dopo il campionato del mondo 2021, in cui lo scontro si è protratto fino all’ultima curva dell’ultimo gran premio, il 2022 ha visto gli uomini di Milton Keynes scappare letteralmente via con Mercedes, di converso, arretrare pericolosamente, quasi risucchiata del midfield.
Sono stati sporadici gli episodi in cui le vetture delle due scuderie hanno combattuto ruota a ruota in pista. Ci viene in mente il duello di Barcellona 2022 con George Russell a provare a tenere dietro Verstappen, anche grazie al DRS difettoso della RB18 n°1. Ancora, ricordiamo la sfida consumatasi nelle fasi iniziali del Gran Premio del Brasile 2022, quando Hamilton e Max vennero nuovamente allo scontro, con l’olandese penalizzato per una manovra azzardata.
Da quel momento in poi poco o nulla s’è visto, se non qualche sorpasso da parte della Red Bull in DRS aperto senza la concreta possibilità di opposizione da parte dei piloti a bordo della nera monoposto anglotedesca. Cosa che va a ratificare due verità: la Red Bull è una vettura dominante, la Mercedes annaspa ancora in difficoltà irrisolte e che, sperano a Brackley, potrebbero essere superate, almeno parzialmente, con la “versione B” della W14 in procinto di arrivare sulle piste del Circus.
Mercedes – Red Bull: due approcci comunicativi diversi
In questi casi resta ben poco da fare se non ammettere che gli avversari hanno lavorato meglio e che il proprio team deve rimboccarsi le maniche per cercare di uscire dalle sabbie mobili rappresentate da una situazione tecnica poco invidiabile. Ovviamente questo è il punto di vista degli sconfitti, di chi sta arrancando in questo momento cercando delle risposte generate da una macchina che apparentemente, nel suo comportamento dinamico, non sembra presentare problemi. Se non quello di essere lenta. E non è dire poco…
Mercedes, quindi, vive su questo doppio binario: da un lato la certificazione dell’aver peggio operato, dall’altro la volontà di rimettersi in riga. Un registro comunicativo chiaro il cui manifesto è la lettera che il team ha pubblicato, dopo il Gp del Bahrain, sul proprio sito e nella quale si scusava con i tifosi per l’ennesimo modello di monoposto non centrato.
Il paradigma Red Bull, invece, presenta una caratteristica diversa, meno votata alla calma e più marcatamente provocatoria. E come se a Milton Keynes avessero eretto dei bastioni per difendersi da nemici al momento invisibili. Mura dalle quali partono frecciate mediatiche, lanciate soprattutto verso quella Mercedes che, lo vedremo di seguito in questo scritto, ha lodato i campioni del mondo in carica. “Se avessimo un pilota britannico come una certa squadra di Brackley, sarebbe diverso. Siamo troppo facilmente visti come i cattivi“.
Queste – e un’altra serie di “carinerie” – sono le idee che Cristian Horner ha riservato nei riguardi dei rivali della Mercedes nei giorni scorsi; esternazioni senza una giustificazione valida perché al momento non ci sembra che ci sia chissà quale movimento anti Verstappen. Né all’interno del paddock né fuori, ossia nella stampa specializzata. E come se Red Bull fosse inacidita nei confronti del competitor storico, rimarcando le differenze da esso. Ve ne abbiamo parlato in uno scritto dedicato che potete recuperare qui.
Alle dure – e forse non troppo centrate – parole di Chris Horner ha replicato indirettamente Toto Wolff, parlando del dominio dei loro rivali e lodando le capacità tecniche. “Abbiamo avuto anni in cui siamo stati altrettanto forti, ma è una questione di meritocrazia. Non dobbiamo sminuirla perché ricordo di aver sentito voci del genere tra il 2014 e il 2020. Ciò che rende questo sport così speciale è che devi lavorare sodo per vincere. E questo è un dato di fatto”.
Meritocrazia, quel concetto che Liberty Media spesso tende a ridimensionare con la sua volontà, espressa tramite la Federazione Internazionale, di intervenire nel contesto costituito per modificare i valori in campo e rendere la categoria più spettacolare. Ma forse in maniera artificiale. E sulla materia Toto Wolff è chiaro e adamantino:
“Anche se non è bello per lo spettacolo che vincano sempre gli stessi è perché loro hanno fatto un buon lavoro e noi no. Tutti noi speriamo nello spettacolo, ed è nostro dovere recuperare e combattere contro questi ragazzi. Faremo tutto ciò che è in nostro potere per reagire e cercheremo di individuare le loro aree di debolezza. L’intrattenimento segue lo sport e il dominio della Red Bull forse non è positivo dal punto di vista commerciale. Ma è ciò che rende la F1 speciale. Se la lotta è in corso si resta a combattere e non si getta la spugna“.
Mercedes loda Red Bull a tutela della meritocrazia
È come se, per certi versi, il dirigente viennese abbia voluto sotterrare l’ascia di guerra evidenziando una caratteristica endemica di questo sport, ossia che è il lavoro che deve premiare le squadre e non gli artefatti normativi di cui si sente fin troppo spesso parlare per livellare classi che ora sono su piani diversi.
Forse le uscite di Wolff sono anche servite in qualche misura a legittimare la lunga striscia di vittorie ottenute dalla Mercedes dal 2014 al 2021. I cicli in Formula Uno non sono affatto una novità. Negli ultimi tempi ne abbiamo riscontrati diversi. Oltre a quello summenzionato della Stella a Tre Punte, abbiamo avuto quello della Ferrari di Michael Schumacher, ma anche quello della stessa Red Bull plurivincitrice con Sebastian Vettel.
Ora potremmo essere alle soglie di una nuova era marchiata dal singolo team. Il vantaggio accumulato dai “Tori caricanti” è così pingue da farci pensare che potrebbe durare per quest’anno e anche per gli altri due che ci dividono da qua all’imposizione di un nuovo contesto tecnico regolamentare che potrebbe rimescolare i valori che stiamo osservando in questa fase.
Il 2026 dovrebbe essere l’anno della lotta senza quartiere in F1 perché troveremo nuovi soggetti: Audi associata con Sauber, Andretti che potrebbe scendere in campo con Cadillac, la stessa Red Bull che andrà a legarsi con la Ford e Honda che potrebbe rinsaldare la partnership iconica con McLaren in modo da creare una categoria ultra competitiva nella quale gli esiti non dovrebbero essere scontati come lo sono in questo momento. Ma anche con questa “grande ammucchiata” non è da escludere che il singolo soggetto emerga interpretando meglio il nuovo contesto normativo. D’altro canto, è la storia della Formula Uno che lo narra.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Mercedes AMG