Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Questa la sintesi estrema del Gran Premio di Jeddah 2023. Abbiamo trascorso due settimane a leggere ed ascoltare dichiarazioni dal mondo Mercedes e Ferrari nelle quali si ripeteva, come in un mantra, che la pista saudita sarebbe stata in qualche modo amica della W14 e della SF-23. Invece, alla fine, emerge ancora una volta lei, la Red Bull RB19 che ottiene un’altra doppietta nonostante Max Verstappen partisse dalla quindicesima posizione. Una nuova mazzata alla F1.
Il cambio di palcoscenico ha evidenziato quanto la vettura di Adrian Newey sia davvero di un altro pianeta. Sulla pista che doveva promuovere valori ravvicinati, la sensazione è che il gap si sia aperto ancora di più. In alcune fasi di gara, specie con gomme Hard, Sergio Perez e Max Verstappen riuscivano a dare oltre un secondo al giro al resto del plotone, soprattutto a quella Ferrari e a quella Mercedes che dovevano imbastire la loro rimonta tecnica a partire da questa pista.
Se i problemi delle “Frecce Nere” erano ben noti e non ci si attendeva che il Corniche Circuit potesse realmente rappresentare il punto di svolta, la vera delusione del gran premio è quella Ferrari che in questo momento è palesemente quarta forza del campionato. Cosa ratificata anche dalla classifica. L’anno scorso, di questi tempi, la F1-75 era stata in grado di ottenere una vittoria, due secondi posti e un terzo posto.
Un bottino che la proiettava saldamente in testa alla graduatoria Costruttori. Oggi annaspa in difficoltà tecniche e in problematiche organizzative, figlie di un riassetto societario cominciato troppo tardi. E di questo non ha colpa il comodo capro espiatorio Binotto, ma una dirigenza che risponde al nome di John Elkann e Benedetto Vigna che s’è destata con troppo ritardo.
Red Bull: vittoria senza avversari
Limitandosi alla lotta per la vittoria, la gara ha avuto ben pochi sussulti. L’imperio di Sergio Perez non è mai stato realmente in discussione, nemmeno dopo l’ennesimo start imperfetto dopo il quale si era ritrovato secondo alle spalle di Fernando Alonso. E’ bastato ben poco al pilota di Guadalajara per riprendersi il maltolto, bersi in un sorso la AMR23 e andare in fuga aprendo un margine che con le gomme a banda bianca è diventato irreversibilmente e spietatamente incolmabile.
La rimonta di Verstappen, partito in quindicesima piazza, non è stata furiosa come si poteva pensare; è stato piuttosto un cammino figlio di una lucida consapevolezza. Max sapeva di possedere un mezzo stratosferico e lo ha sfruttato con parsimonia, facendo sorpassi puliti e sfruttando poi una safety car che è arrivata al momento giusto. Nella fase finale di gara l’unica cosa che animato uno show per l’ennesima volta stantio e piatto è stata la tensione, molto romanzata, che emergeva tra i piloti Red Bull.
L’olandese parlava di fantomatici problemi dei quali non vi è stato riscontro fattuale, anche perché andava avanti a suon di giri veloci. Dall’altro lato il messicano che continuava a chiedere il delta time da mantenere per non farsi agguantare dal compagno di squadra in comunicazioni enfatiche che avevano molto il sapore del pathos costruito a tavolino. La realtà è che la RB19 è una macchina totalmente ingiocabile in questo momento. Una vettura che può giovarsi delle difficoltà in cui versano i due team che dovevano presentarsi ai nastri di partenza come competitor credibili.
Magari Mercedes e Ferrari lo saranno più avanti nella stagione, quando presenteranno modifiche massicce e sostanziali alle proprie macchine. Ma in questo momento devono soltanto osservare da lontano e capire, riflettendo, quali errori hanno commesso per permettere di lasciare aprire così tanto la forbice prestazionale in un anno di stabilità regolamentare e potendo contare su più ore di lavoro in galleria del vento.
Red Bull favorita dai regolamenti anti-dominio della F1
La verità è che questa Formula Uno sarebbe anche entusiasmante se non esistesse la Red Bull. Quella stessa F1 nella quale Liberty Media vuole provare in tutti i modi a contenere l’idea di meritocrazia con un regolamento che vuole affliggere i più bravi, i più capaci, quelli che operano meglio degli altri. Red Bull se ne frega, va avanti per la sua strada, crea macchine straordinarie e vince in maniera perentoria. Alla faccia di Domenicali e compagnia cantante.
La colpa è anche di un regolamento che doveva bloccare le posizioni dominanti che invece sta favorendo il dominio di un unico soggetto. Il discorso è molto semplice: in un quadro finanziario e regolamentare così incatenato sarà molto difficile per gli avversari ridurre la quota di distacco dalla vetta.
È proprio quel Circus che ricerca spasmodicamente il livellamento per aumentare lo spettacolo che determina la noia mortale alla quale probabilmente assisteremo nel prosieguo del campionato. Infatti, ad ora, è inimmaginabile che, con il budget cap e il contingentamento delle ore di lavoro, Aston Martin, Mercedes e Ferrari possano incollarsi alle RB19.
Dopo il Gran Premio del Bahrain, George Russell ebbe a dire che questa Red Bull avrebbe potuto vincere tutte e 23 le gare. Qualcuno saltò dalla sedia dicendo di attendere altri palcoscenici. Piste diverse, asfalti meno esigenti con gomme e macchine. Ebbene, Jeddah è lontanissima parente di Sakhir con i suoi tratti full gas e il suo manto liscio. Eppure Verstappen e Perez hanno fatto praticamente quello che volevano, senza sentire nemmeno il solletico che gli avversari provavano a fare da distanze siderali.
Non sappiamo se la profezia del pilota inglese della Mercedes si avvererà, ma di certo i segnali che giungono dall’Arabia Saudita non sono incoraggianti. Ora la Formula Uno impacchetterà le attrezzature e si sposterà in Australia per il terzo appuntamento stagionale nel quale, verosimilmente, non vedremo alcun cambiamento nella scala valoriale.
Dopo Melbourne il Circus Iridato osserverà un mese di stop causato dalla cancellazione del Gran Premio di Cina. Ed è in quella pausa che i team attardati sono chiamati, compatibilmente con le tagliole normative, a recuperare terreno rispetto alla Red Bull che in questo momento pare non aver subito gli effetti della penalizzazione comminata l’anno passato a seguito dell’infrazione del cost cap.
Qualcuno ha detto che Adrian Newey ha spinto sull’acceleratore perché sapeva di non poter sviluppare puntualmente la vettura. Nei mesi futuri capiremo se questa cosa è vera e soprattutto comprenderemo se le nobili decadute, Ferrari e Mercedes, saranno davvero in grado di colmare il gap o se resteranno lì a spartirsi i gradini più bassi del podio in una lotta col nuovo soggetto emergente che risponde al nome di Aston Martin che ha lavorato a fari spenti e senza fare troppi proclami. Quelle dichiarazioni funamboliche, ad esempio, di cui si è reso protagonista Benedetto Vigna e che oggi risuonano come una barzelletta che non fa ridere.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Oracle Red Bull Racing