In F1 c’è un’anomalia che non si è compreso se possa essere sanata nei prossimi anni. Uno sport nato e cresciuto in Europa che, non senza fatica, riesce ad avere ancora un numero cospicuo di gare nel vecchio continente ma che non è in grado di rappresentare una nazione cardine: la Germania.
Quella tedesca è l’economia più florida del Vecchio Continente, una vera e propria locomotiva in termini di produzione, ma anche sul fronte del know-how sviluppato nel comparto automobilistico. Diverse sono le case di una certa rilevanza a livello mondiale che hanno le proprie sedi in territorio germanico. E già questo basterebbe per creare le condizioni per ospitare gran premi.
Se a ciò aggiungiamo la presenza in pianta stabile della Mercedes nel Circus ecco che siamo all’interno di una sorta di paradosso. La Stella a Tre Punte, come motorista, ha conosciuto stagioni di grandi successi che sono stati istituzionalizzati e aumentati nel numero da quando si è strutturata come scuderia a tutto tondo.
La cosa strana è che, via via che i successi di una franchigia tedesca aumentavano, la Germania incontrava difficoltà a mantenere sul proprio suolo la Formula 1 che latita dal paese mitteleuropeo ormai dal 2019. L’ultima edizione è stata vinta da Max Verstappen, da quel momento si assiste ad un vuoto di quattro stagioni che difficilmente trova una spiegazione razionale considerando la capacità di spesa della nazione più ricca d’Europa.
F1 in Germania: Audi rappresenta la svolta?
Ma qualcosa potrebbe cambiare nel giro di pochi anni. Ne abbiamo ampiamente dibattuto: dal 2026 ci sarà un’altra realtà tedesca nella classe regina dell’automobilismo a ruote scoperte: l’Audi che si è “maritata” con la Sauber. La casa dei Quattro Anelli è una controllata della Volkswagen, un vero e proprio colosso dell’automotive che chiaramente potrebbe indurre i vertici della Formula Uno a riconsiderare la posizione della Germania all’interno del Circus.
La stessa Audi, per quanto abbia una rilevanza di livello globale, alloca la maggior parte del suo prodotto in terra di riferimento. Quindi un Gran Premio di Germania sarebbe una grandissima vetrina tecnico-commerciale da offrire al mercato dei clienti. Non a caso, dunque, si comincia a parlare nuovamente dell’idea di rivedere i bolidi a ruote scoperte ad Hockenheim.
Ne ha parlato Jorn Teske, amministratore delegato dell’Hockenheimring, che ha sottolineato che al momento non vi sono particolari novità, pur sostenendo che gli organizzatori non hanno mai abbandonato l’idea di riavere la F1 sul proprio circuito. Una cosa che però andrebbe fatta a determinate condizioni, senza pensare di svenarsi.
Ed è qui che sta l’inghippo perché Liberty Media Corporate non guarda in faccia a nessuno. Lo ha confermato Stefano Domenicali qualche giorno fa. Il CEO della F1 aveva criticato quell’atteggiamento dei gestori delle piste storiche secondo cui si tende troppo a guardare il blasone piuttosto che osservare il futuro e a quello che si può fare per migliorare. Il manager sportivo aveva addirittura parlato di atteggiamento arrogante, di una sorta di intollerabile diritto acquisito da parte dei rappresentanti di certi tracciati che credono di essere inattaccabili per il particolare status e per il fascino che esercitano sul pubblico.
F1: il “ricatto” di Liberty Media
L’ex team principal Ferrari non ha adoperato mezzi termini quando ha parlato di una Liberty Media trasparente ma risoluta e convinta che i promoter dei vecchi circuiti devono aderire e piegarsi alle volontà di chi possiede la serie iridata capendo che al centro del discorso non c’è più solo l’azione in pista, ma tutto un contorno fatto di spettacolo, intrattenimento, vendita di gadget e “via fatturando”. La Germania è in grado di offrire tutto ciò. Ma vuole farlo? Vuole piegarsi al “ricatto” americano?
Teske ha ribadito la voglia di F1 ma ha espresso un concetto chiaro: investimenti insensati e perdite economiche non sono contemplate. La parola chiave del ragionamento del dirigente tedesco e sostenibilità. Non è pensabile che i promoter paghino una cifra di ingresso molto alta per avere le vetture della massima formula, senza che questa possa essere coperta dalla vendita dei tagliandi. E’ proprio questo il motivo per il quale la Germania ha deciso di non far parte più del carrozzone.
I bilanci erano in rosso e servivano continue iniezioni di danaro per tenere in vita un evento. Un po’ quello che sta accadendo in Italia, con gli organizzatori del GP di Monza che cercano sempre il supporto del governo o delle autorità politiche locali per trovare i fondi da concedere a Liberty Media.
Ma questo sistema, nel tempo, non può reggere, almeno in quei paesi come l’Italia, la Germania, la Francia, che pure ha perso la sua gara, dove la politica non può sopperire all’impossibilità (in alcuni casi incapacità) di generare profitto. Questa cosa può essere valida in realtà nelle quali il denaro sgorga con la stessa intensità con la quale schizza il petrolio dai giacimenti. E non è casuale l’uso di questa metafora.
F1: discrasia concettuale
Jorn Teske ha riferito che la filosofia di riportare la Formula Uno in Germania non sarebbe mirata alla massimizzazione dei profitti. Il vero target è uscire in pareggio con i bilanci per offrire al pubblico uno spettacolo che effettivamente sta mancando. Al primo posto, quindi, si mette la possibilità di fornire un servizio e non la volontà di fatturare e creare plusvalenze. Quello che invece è il vero e dichiarato obiettivo di Liberty Media che pretende che lo show sia funzionale all’accumulazione di profitto.
Su questo si configura una totale discrasia filosofico-concettuale che probabilmente non può essere sanata. E questo elemento potrebbe rappresentare la pietra tombale sull’idea di correre un Gran Premio in Germania. L’unica alternativa potrebbe essere quella di avere una gara intermittente, magari da svolgersi un anno sì e un altro no, in accoppiata con un diverso circuito. Come potrebbe essere Spa Franchorchamps che rischia di uscire dal calendario perché non si è ancora trovato l’accordo per un rinnovo pluriennale.
Purtroppo questa vicenda racconta una volta di più come la F1 stia spostando il suo asse operativo verso realtà che sono in grado di spendere cifre blu. La memoria storica, ahinoi, non è il primo punto nell’agenda di Liberty Media corporate. E si vede.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG, Sakhir Circuit