Il budget cap è stato introdotto in F1 nel 2021. Alla terza stagione di applicazione e dopo un costante processo di riadattamento delle procedure interne i team sembrano essere giunti ad un miglior livello di comprensione di uno strumento che, nella sua scrittura regolamentare, ha mostrato le tipiche aree grigie che sono una costante nei testi di riferimento della categoria regina del motorsport.
Che alcuni problemi si siano rilevati, specie da un punto di vista interpretativo, è palese. Ed è la storia a raccontarlo. In poco più di due anni di operatività, infatti, sono tre le franchigie che hanno incontrato delle difficoltà. Williams ed Aston Martin si sono rese protagoniste di violazioni procedurali di proporzioni molto modeste.
Diverso è il discorso per la Red Bull che, pur essendosi macchiata di un’infrazione definita di “entità minore”, ha comunque superato i limiti di spesa imposti per la stagione 2021. Quel che ne è scaturito, dopo un patteggiamento tra la FIA – in veste di pubblica accusa e di giudice – e il team, è cosa nota e ampiamente affrontata anche sulle colonne di FormulaUnoAnalisiTecnica.
Milton Keynes, al termine di un processo forse mediaticamente troppo esposto e che ha fatto storcere il naso a qualcuno dei protagonisti, ne è uscita con una pena pecuniaria che non sarà sottratta al budget totale adoperabile in questo 2023 e con una limitazione del 10% allo sviluppo della RB19 che ad ora non ha fatto nemmeno il solletico ad Adrian Newey e al suo staff.
F1. Budget cap: una vera rivoluzione culturale?
Parlando in una recente riunione degli investitori di Liberty Media, il CEO di F1 Stefano Domenicali ha sottolineato il cambiamento di mentalità che il limite di spesa ha portato. “Prima di tutto penso che ciò che è stato fatto sia stato fenomenale per lo sport e non dovrebbe essere dato per scontato che sia stato un successo“.
“Abbiamo aggiunto le regole finanziarie, rendendole più complicate da aggirare. Si parla di regole complesse ed è sicuramente qualcosa su cui la FIA deve essere molto forte e costruire una squadra che sia davvero molto brava a gestire la fase di controllo”.
“Ma penso che ciò che è stato fatto sia uno dei pilastri che consentono al sistema di essere così forte è che mette le squadre in una cornice culturale diversa, perché ora devono pensare in modo diverso, come gestire lo sviluppo nell’anno”, ha concluso il dirigente imolese. Ma questa rivoluzione culturale a cui fa riferimento Domenicali ha sortito effetti tangibili? Ha permesso di restringere il campo così come previsto in sede di definizione?
F1. Budget cap: uno strumento da perfezionare
La questione è tutta qui: il limite al budget ha davvero penalizzato le scuderie con gli apparati più grandi? A dare un’occhiata ai mondiali 2021, 2022 e a questo avvio 2023 la risposta è un secco no. Al di là del rimescolamento che ha visto Mercedes retrocedere dalla prima alla terza piazza nel Costruttori, sono sempre le solite “tre sorelle” a guidare la Formula Uno, con l’aggiunta della outsider Aston Martin. Resta il solco sulla concorrenza che nel secondo anno in cui l’istituto è stato applicato (2022) si è addirittura aperto.
Messa in questi termini sembrerebbe una bocciatura senza appello. Se sarà davvero così lo sapremo nei prossimi anni. La norma si era resa necessaria, nella testa di chi l’ha teorizzata negli uffici di Liberty Media Corporate, per compattare valori che in Formula Uno tendevano a stare troppo lontani tra essi. Con la naturale conseguenza di avere o dei cicli dominati da un solo team o dei blocchi di potere di un paio di scuderie con altre otto a fare da spettatrici inerti di uno show più grande di loro.
Inutile girare intorno alla questione: se tra qualche anno assisteremo ancora all’imperio del singolo o di una ristretta élite allora potremmo affermare che l’impianto filosofico impostato dalla proprietà non ha centrato il bersaglio. In tal caso, allora, diremmo che i team, ancora una volta, sono stati in grado di trovare scappatoie organizzative per aggirare le limitazioni. Un corso d’acqua che, col tempo, erode e valica gli argini artificialmente costruiti dall’uomo.
F1. Il budget cap rischia di penalizzare i team più piccoli?
Il processo di riadattamento cui facciamo riferimento è in realtà già in corso. Con risultati brillanti. A spiegarlo è chi non appartiene alle scuderie di primissima fascia, ma chi è là nella zona mediana a sgomitare provando, tra difficoltà e sogni spesso spezzati, a risalire la china per essere il parametro di riferimento.
“I team più grandi – aveva spiegato Otmar Szafnauer poco prima dell’avvio di questa stagione – stanno cercando di sfruttare o avere una migliore comprensione di dove sono alcune scappatoie o alcuni cambiamenti organizzativi da fare per inserire effettivamente più persone a parità di limite di budget“.
Se all’inizio si riteneva, a giusta causa, che le strutture più snelle potessero meglio gestire il nuovo quadro finanziario votato ad una maggiore rigidità, la prassi sta raccontando altro. Le scuderie più grandi hanno altri programmi di corse o dipartimenti tecnologici non motoristici in cui hanno spostato e piazzato personale che, alla bisogna, può essere richiamato alla base. Vedasi Mercedes che ha contribuito al programma vela del gruppo INEOS, Ferrari che si è lanciata nel WEC e, tramite Maserati, nella FE e Red Bull che ha investito risorse nella produzione della hypercar firmata da Adrian Newey.
L’ingegnere rumeno naturalizzato statunitense aveva riferito come fossero utili i reparti tecnologici extra team nello spostare uomini per tenerli “caldi” e sempre a disposizione quando le contingenze lo richiedessero. “Abbiamo un gruppo esterno, ma è ancora piccolo. Stiamo costruendo un tutore da sci e ci sono tre progetti in corso, comprese le parti per l’auto stradale Alpine. Avevamo alcune persone che stavano andando in pensione e potevamo usarle. Ed è quello che abbiamo fatto“.
F1. Spacchettamento aziendale la via per superare i limiti di spesa?
Il ragionamento di Szafnauer è semplice e lineare: un team di dimensione medio-piccola senza altri progetti paralleli da mettere in cantiere non ha altra via che quella di licenziare il personale in sovrabbondanza visto che non lo può allocare per richiamarlo se la necessità e il budget restante lo consentono.
In questo panorama, quindi, realtà meno strutturate debbono continuamente licenziare e assumere maestranze in un circolo dispendioso e certamente dispersivo di competenze che, una volta libere, possono rispondere alle chiamate che arrivano da realtà terze.
Quindi la nuova frontiera è quella che conduce alla creazione di sub-strutture che “si accendono e si spengono” in base ai bisogni della scuderia controllante. In questo modo si ottiene un duplice vantaggio: non si dilapida il capitale umano e lo si tiene pronto per il reintegro dopo che non è stato inutilmente parcheggiato ma attivamente valorizzato con progetti altrettanto validi ed ambiziosi. E questo modo di procedere è di certo più semplice per un team che alle spalle ha grandi intelaiature piuttosto che per una realtà di dimensioni modeste senza sbocchi in altri settori.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Alpine, Oracle Red Bull Racing, Mercedes AMG