La F1 sembra essere diventata la gallina dalle uova d’oro: tutti la vogliono e tutti intendono sfruttarne il business. Perché, in effetti, il Circus è anche una grande opportunità di massimizzare i profitti grazie ad un Patto della Concordia che premia i partecipanti. Proprio per questa ragione i team tendono a chiudersi a riccio per evitare che altri soggetti possano erodere vantaggi acquisiti con tanta fatica.
Se Liberty Media fa quadrato con le scuderie provando a preservare il giocattolo così come è stato costruito, la Federazione Internazionale dell’Automobile, dall’altro lato, è molto più aperta e disposta all’ingresso di nuove realtà. Tanto che, qualche settimana fa, ha presentato una lista di elementi che i nuovi attori potenziali devono soddisfare per poter accedere alla categoria.
Un decalogo in pieno stile a cui diversi soggetti sembrano poter adempiere. Chiaramente alcuni sono più titolati degli altri visto che determinate candidature sembrano ancora abbastanza fumose. Così non è per il primo soggetto di cui abbiamo parlato già diverse volte: Andretti Global.
F1: quattro candidati ad accedere al Circus
I potenziali protagonisti di questo gran premio nel gran premio sono quattro. Ma potrebbe essercene un quinto e ne parleremo nella parte conclusiva di questo scritto. Il primo attore è noto ed è spesso stato oggetto dei nostri approfondimenti. Ne abbiamo discusso col diretto interessato in un’intervista esclusiva. Ci riferiamo, ovviamente, al gruppo Andretti che ha già bello e pronto un progetto che prevede un team di F1, uno di F2 e uno di F3. Michael e Mario vogliono fare le cose in grande e per questo hanno strappato l’accordo con General Motors che sosterrà la cordata col marchio Cadillac. Le cose si stanno muovendo su due binari.
Da un lato quello politico, con gli Andretti a perorare la propria causa tra i team con l’appoggio pieno e convinto di Mohammed Ben Sulayem; dall’altro quello organizzativo con l’intento di metter su un reparto tecnico necessario per presentarsi al meglio nel 2026.
Figura chiave per la buona riuscita dell’operazione è l’ex direttore tecnico Renault, Nick Chester, che sta reclutando competenze che stanno confluendo in un reparto tecnico chiamato Top Tier a cui è affidata la creazione di una monoposto per l’anno del decongelamento regolamentare. Non è ancora chiaro se il gruppo opererà appoggiandosi alla sede Alpine di Enstone per scopi di modellazione, ma di certo è imminente l’inizio del lavoro progettuale. Ad oggi, quindi, Andretti è il soggetto più vicino alla discesa in campo. Ed è in buona compagnia, anche se “più da lontano”.
Gli altri tre progetti che sono emersi in tempi recenti sembrano incontrare tempistiche meno imminenti. Ma questo non vuol dire che siano meno credibili o abbiano un potenziale inferiore. Panthera Team Asia, guidato da Benjamin Durand, è il primo di questi e può contare su fondi arabi. Un programma che ha conosciuto diversi stop e successive rimodulazioni.
“A causa del COVID le cose si sono fermate per noi. Abbiamo iniziato a sviluppare l’auto dal punto di vista aerodinamico, abbiamo lavorato sul nuovo regolamento dell’epoca, abbiamo fatto alcuni sviluppi CFD“, aveva riferito Durand qualche tempo fa. Un’equipe era già all’opera sulla vettura e intende ora riprendere il discorso laddove era stato lasciato durante la pandemia. Vedremo.
Gli altri due gruppi sono HiTech, guidata da Oliver Oakes, e quello capitanato da una vecchia conoscenza del motorsport a ruote scoperte: Craig Pollock. L’avventura dell’ex kartista sembra in salita poiché sono noti i legami con i Mazepin che, a causa della crisi russo-ucraina, sono banditi dalla F1.
Sebbene Oakes abbia negato i “lacci” che stringono HiTech e l’azienda russa sanzionata (Uralkali) restano dei dubbi in merito che la Federazione e Liberty Media potrebbero tenere in considerazione nell’eventuale domanda di ammissione regolamentata dalla specifica procedurale pubblicata da Place de la Concorde cui alludevamo in apertura.
E veniamo così all’ultimo gruppo di pressione. Craig Pollock fu il fondatore British American Racing acquisendo Tyrrell col contributo della BAT, multinazionale del tabacco. Un uomo legato a Jacques Villeneuve visto che ne fu manager in CART e contribuì al suo approdo in Williams, scuderia con la quale, nel 1997, il figlio d’arte canadese si laureò campione del mondo di F1. Dietro il vulcanico manager inglese, che pare fare molto sul serio, ci sono capitali sauditi riconducibili al principe Khalid che ha confermato l’avvio degli studi di fattibilità ammettendo che oggi entrare in F1 è più semplice.
I soldi arabi stanno diventando una parte molto importante dell’attività della classe regina del motorsport, vedi Saudi Aramco che è in Aston Martin e che finanzia l’attività della F1 come sponsor strategico. L’asse del Circus, lo abbiamo raccontato più di una volta sulle nostre colonne, si sta spostando in quelle zone. E il fatto che Pollock abbia i Sauditi alle spalle non può che essere un punto a suo favore. Ma questo lo capiremo nei prossimi mesi.
F1: tassa anti diluizione triplicata per salvaguardare lo status quo?
Proprio per evitare che la Formula Uno possa essere intasata dalle richieste dei nuovi team con il benestare della FIA si sta studiando l’aumento del prezzo della gabella per accedere alla categoria. Una mossa che potrebbe scoraggiare le realtà finanziariamente meno solide. Una manovra che Liberty Media pensa di realizzare anche per tenere a bada Place de la Concorde con cui, a causa delle frizioni con Mohammed Bin Sulayem, non corre buon sangue. Almeno momentaneamente.
Domenicali sostiene che la tassa anti diluizione di 200 milioni di dollari sia un obolo obsoleto figlio di una condizione particolare, di un contesto morto e sepolto. Quando è stata stabilita, infatti, eravamo nel pieno della pandemia di Covid-19 che aveva generato una crisi finanziaria senza precedenti che scoraggiava i nuovi soggetti ad accedere in F1.
Oggi la capacità di generare valore della serie è aumentata in maniera radicale e quindi Domenicali ritiene che un potenziale nuovo competitor che voglia “scendere in campo” debba accettare questa situazione pagando una tassa più alta. Il dirigente italiano ha confermato che non c’è il solo gruppo Andretti a far pressione, ma che esistono altri soggetti mediaticamente meno attivi dell’ex campione del mondo di Formula Uno e di suo figlio.
Più discreti, quindi, ma non meno titolati. Per ora la tassa resta quella impostata dal Patto della Concordia, ma a breve inizieranno le negoziazioni circa la nuova versione del documento fondativo ed è probabile che Liberty Media, insieme alle scuderie, decidano di triplicare la tassa d’accesso proprio per salvaguardare il modello di business che si è venuto a creare e per valutare nel merito la solidità di chi pretende di rimpinguare le fila della F1.
F1: Hyundai si affaccia nel Circus?
Nonostante questo clima ostile all’apertura c’è un quinto soggetto che si profila all’orizzonte. A spiegarlo è il team principal di Hyundai Motorsport, Cyril Abiteboul che ha riferito a RN365 che il gruppo sudcoreano sta valutando se unirsi o meno alla F1. L’ex Renault ha comunque spiegato che la priorità dell’azienda è quella di rimanere nel rally. Questo perché costituisce una connessione tra la sfera sportiva e quella della produzione con una ricaduta immediata e molto visibile sui clienti. Ma, nonostante ciò, il richiamo che la serie regina offre è veramente molto forte.
La Corea del Sud è uno di quei mercati che Liberty Media ha cominciato a dragare e nel quale vorrebbe allocare il suo core business, ossia il Circus dei gran premi. La presenza di un costruttore così importante e così universalmente riconosciuto sarebbe un’attrattiva ulteriore per un’area commerciale che è in via di espansione e che, manco a dirlo, è molto ricca. Cosa che per la proprietà americana è un fattore in più, visto che vende il suo prodotto a cifre molto elevate.
Con un calendario che potrebbe ulteriormente dilatarsi, ecco che la proprietà della Formula Uno potrebbe valutare nuovi soggetti proprio in base alla provenienza geografica. Probabilmente potrebbe essere più stimolante avere un team asiatico piuttosto che l’ennesima equipe europea. E forse proprio questo elemento aprirebbe alla totale globalizzazione della categoria.
Perché è vero che i gran premi si disputano su tutto il globo, ma la realtà produttiva della massima serie dell’automobilismo resta ancora stanziata in Europa. E da questa evidenza è difficile sfuggire perché le competenze sono allocate tutte sul Vecchio Continente.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Renault, Andretti Global