Il futuro di Vasseur. E della Ferrari

Leo Turrini, riferendosi a fatti concernenti la Ferrari, lo ha soprannominato bonariamente “curato di campagna”, vuoi per il fisico che ci si presta, con la faccia rotondetta e un poco rubizza (come ricorda Crozza che imitandolo lo mostra a bordo di una Vespa e con una bottiglia di vino, suppongo Lambrusco, onde “annegarvi” le disgrazie di questo anno sportivo in F1, vuoi anche per una certa “curialità” (leggasi anche cerchiobottismo) nelle (sin qui) dichiarazioni alla stampa.

Stiamo parlando, se non lo aveste ancora capito, di Fred Vasseur da Draveil, catapultato in quel grande caos che è il team di Maranello. In particolare questa Ferrari… Però, anche qui… il buon Leo mi concederà che c’è curato e curato. Ad esempio c’è l’esempio di massima religiosità e spiritualità del “Dialogo di un curato di campagna” che sicuramente Leo conosce. Si vola alto e abbiamo uno dei romanzi più interessanti sulla cristianità e sui suoi suoi profondi e misteriosi significati.

Ma abbiamo anche l’esempio di un altro curato di un paesino (non in Francia ma in provincia di Lecco)… il famoso Don Abbondio, dipinto superbamente dal Manzoni nei “Promessi Sposi” come esempio di codardia, vigliaccheria e del cercare di sopravvivere, per il carattere vile che ha, in un mondo di lupi.

Don Abbondio ad un certo punto, dice di se stesso davanti al Cardinale Federico Borromeo: “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”. E Manzoni ce lo descrive superbamente in poche righe in una delle prima pagine del romanzo: “Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s’era dunque accorto, pria quasi di toccar gli anni della discrezione, d’essere , in quella società come un vaso di terracotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro.”

Io, più banalmente, l’ho soprannominato Federico Valvassore, perché il suo nome in francese richiama (forse solo “onomatopeicamente”) il valvassore del sistema feudale, figura che nella piramide della società medioevale viene al terzo posto dopo il signore feudale e il vassallo.

Se ci pensate, in qualche modo è pure calzante perché il nostro, nell’organigramma della Ferrari viene dopo l’algido presidente mega-galattico e l’amministratore Benedetto Vigna (rigorosamente in ordine piramidale)… Però, torniamo alla simpatica perifrasi di Leo Turrini…

Il Vasseur pensiero in Ferrari

Ecco, noi non si pretende che Fred sia un asceta pronto a dedicare tutto se stesso alla causa. Ma manco che sia pavido e lasci tutto così com’è o, cosa peggiore, avalli le tante fantasticherie del distruttore di cose, alias Don Menicali, alias terminator di Liberty Media.

Il buon francese dovrebbe ricordarsi che non è più in Sauber-Alfa Romeo ma nella scuderia più importante di tutta la storia del motorsport. E se è vero come è vero che uno come lui proviene da quel mondo, non può pensare di cavarsela con frasi di circostanza, tenendo pure conto che da troppo tempo la rossa sembra diventata un umile vassallo di sua signoria proprietà a stelle e strisce nelle vesti di Domenicali.

Non credo che la Ferrari sia nata per essere vassalla di qualcuno o qualche cosa. La Ferrari ha un ruolo unico nel massima categoria. E ha anche un carisma unico. Non deve essere parte del gregge ma guidarlo essa stessa. E non per il proprio mero tornaconto, ma per l’essenza stessa dello sport.

Una leggenda è tale se si mantiene leggenda. Non se diventa un marchio come gli altri. Spero che Vasseur lo abbia ben presente e siamo ancora disposti a lasciargli il beneficio del neofita. Ma le prime uscite sui cambiamenti fortissimamente voluti da Liberty Media non ci sono affatto piaciute. E non è quello che merita la storia della Ferrari. Nè quello che merita la storia della Formula 1.

Autore: Mariano Froldi –@MarianoFroldi

Immagini: Scuderia Ferrari