Mentre la F1 si appresta a riaccendere i motori per il Gran Premio di Miami, ci sono altre cose che succedono in background. Tra queste c’è il lavoro che Audi sta svolgendo in relazione all’avvicinamento al 2026, l’anno in cui debutterà nella serie come partner della Sauber. Un progetto ambizioso, quello della controllata Volkswagen, che punta, entro la fine di questo decennio, a vincere delle gare per poi istituzionalizzarsi come soggetto di riferimento.
Chiaramente sarà necessario colmare il gap tecnico che esiste nei confronti di chi è in Formula Uno da molte stagioni e quindi conosce bene la tecnologia turbo-ibrida. Audi una prima vittoria politica l’ha ottenuta chiedendo – e ottenendo – modifiche al regolamento tecnico che, in sostanza, ha visto la semplificazione dei propulsori che non faranno più affidamento sul complesso MGU-H. Ciò va incontro alla filosofia concettuale della casa dei quattro cerchi.
Audi: all-in sulla F1
Per realizzare questa visione i vertici del gruppo di Ingolstadt hanno deciso di concentrarsi massicciamente sul programma F1 accantonando tutto il resto. Proprio per tale ragione Audi è determinata a fare all-in sulla massima serie del motorsport sacrificando anche il programma Audi Sport Customer Racing orientato allo sviluppo delle vetture per i clienti GT2, GT3, DTM GT4 e TCR. Un cammino che prosegue sulla scia di quanto era già stato deciso da due anni, visto che dei tagli massicci erano stati impostati dai vertici aziendali.
Il suddetto dipartimento non dovrebbe chiudere del tutto, ma la sua attività verrà notevolmente limitata rimanendo confinata alla fornitura dei pezzi di ricambio e alle revisioni dei mezzi. A risentirne sarebbero i quattordici piloti ufficiali della casa che vedrebbero praticamente mancare la terra sotto i piedi.
Se parliamo al condizionale e perché in Audi sono ancora aperte le valutazioni e una decisione finale non è stata ancora presa. Anche se il board dirigenziale pare essere incamminato verso questa direzione. I segnali sono chiari: DTM, Formula E e il progetto LMDh hanno subito chiusure o tagli drastici negli ultimi tre anni e la cosa proseguirà su questo crinale.
Il cambio di politica è arrivato sotto la guida di Markus Duessmann, CEO della casa automobilistica che, non a caso, si è insediato nel 2020. Ossia proprio quando è partito l’effetto cascata. La strategia di puntare tutte le fiches sulla Formula Uno potrebbe però presentare dei fattori di rischio molto elevati. Questo è il parere di Robin Frijns, pilota legato alla realtà tedesca il quale ritiene che Audi potrebbe perdere la sua grande reputazione che si è costruito nelle altre categorie. Abbracciando la massima serie a ruote scoperte, difatti, sarebbe molto complesso sgomitare e dunque affermarsi.
Audi in F1: un rischio calcolato
Il rischio è che Audi non riesca ad adattarsi immediatamente alle specificità del Circus e che possa impiegare più tempo di quanto previsto per arrivare ad alti livelli. Nel 2026, insomma, il gruppo tedesco potrebbe essere una comparsa in uno spettacolo più grande, cosa che non si confà a chi per anni è stato assoluto protagonista del motorsport visto il numero di vittorie che è riuscito a conseguire in diverse categorie.
Duessmann e chi ne ha sposato la sua strategia sono ben consapevoli che un eventuale successo in ripagherebbe gli sforzi attivando un moltiplicatore commerciale di vastissima portata. La F1 è lo sport automobilistico più esposto e questa tendenza è in continua affermazione da quando Liberty Media ha acquisito la categoria e ha impostato un grandissimo piano di sviluppo del brand.
Non è un caso, infatti, se molti team spingono alle porte per accedere in quel consesso che premia i suoi membri che, non a caso, cercano di fare quadrato per evitare che il Patto della Concordia si componga di più di dieci soggetti. La stessa Audi, per poter entrare nella massima serie dell’automobilismo, si è dovuta associare con un team esistente perché ha trovato difficoltà nel creare una sua struttura e presentarsi come costruttore a tutto tondo.
Sauber, da questo punto di vista, è però un partner strategico, perché ha deciso di cedere ampie fette di potere decisionale consegnandole direttamente nelle mani dei tedeschi che saranno rappresentati nella squadra dall’ex McLaren Andreas Seidl.
Per come opera questa realtà industriale – e a raccontarlo è la storia – il fallimento non è contemplato. Ecco perché si parla di programma pluriennale che deve portare vittorie di tappa e poi, all’inizio degli Anni Trenta, il primo mondiale. Per tale ragione un avvio apparentemente balbettante, nel 2026, non sarebbe considerato un fallimento da parte dei vertici del gruppo tedesco.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Audi Sport