Ci siamo. La F1 è pronta ad aprire al meccanismo delle rotazioni per evitare che alcuni tracciati storici dicano definitivamente addio al Circus. Un bene, direte. Ma forse non è proprio così. Alternare delle gare è una soluzione di compromesso e, come tale, reca con sé delle problematiche irrisolvibili che potrebbero addirittura minarne l’efficacia. Ma andiamo per gradi.
La F1, nello specifico Liberty Media, hanno impostato un modello apparentemente perfetto e dal quale non ci si vuole discostare: quello dei 24 gran premi per stagione. Un mix equilibrato tra due spinte centrifughe. Quella di chi vorrebbe la restaurazione di una lista di eventi più breve, intorno alle 18 gare, e chi, insaziabile, pretenderebbe uno stiracchiamento ulteriore che porti una trentina di eventi annui.
Con il cost cap attivo e una logistica sempre più complessa si vuole scongiurare di intasare il tutto. Di converso, è necessario non assottigliare troppo il calendario perché il giocattolo costa ed è necessario alimentarlo anche con i soldi degli sponsor e dei promotori che fanno a cazzotti per vedere i bolidi a ruote scoperte sulle proprie piste.
F1 del futuro: rotazione gare in un calendario da 24 eventi
Visto che 24 GP equivalgono anche al tetto massimo individuato dal Patto della Concordia, il documento legale che regola la vita della F1, e che non si intende rimettere mano allo stesso, gli americani vogliono che la categoria si basi sulla doppia dozzina. La F1, nonostante le sue contraddizioni e sebbene proponga ancora una volta un blocco di potere che rende la serie abbastanza scontata negli esiti, è uno sport ancora capace di attirare tifosi, sponsor e capitali. Tanti sono i circuiti che bussano alle porte di Liberty Media Corporate che si trova nella comoda situazione di poter fare selezione e soprattutto di poter imporre prezzi di ingresso molto elevati.
In questo contesto potrebbero farne le spese alcuni circuiti storici che, per natura, non sono in possesso di borse piene di grana, a differenza dei nuovi soggetti richiedenti che alle spalle, spesso e volentieri, hanno gruppi di potere molto ricchi e che non badano a spese.
L’Italia rischia di perdere il doppio GP. Alla scadenza del contratto stipulato con gli organizzatori di Imola, sembra quasi impossibile un rinnovo. La stessa Monza, che naviga in acque agitate, potrebbe incontrare problemi nel rinegoziare l‘accordo con Liberty Media che non fa sconti e non dimostra di badare troppo ai sentimentalismi.
Lo stato dell’arte è sintetizzato dalle parole di Stefano Domenicali che sembrano essere estratte dal manifesto della F1 del futuro imminente: “Penso che avere sia Madrid che Barcellona non sia possibile. Abbiamo avuto due gare spagnole fino al 2012 ma all’epoca il business non era così grande. Oggi abbiamo un calendario mondiale, meno incentrato sul Vecchio Continente. In Europa mi aspetto di vedere gare in cui si possa applicare il principio della rotazione, ma non due eventi in un paese nello stesso anno”.
L’ex Ferrari, con nonchalance, quasi facendo spallucce, spiega che l’Europa non è più il pivot della serie e apre all’alternanza, unico espediente per “elemosinare” un GP di tanto in tanto: “Non so ancora quali gare saranno sottoposte alla rotazione. Ci sono già dei colloqui con alcuni circuiti e questo è un aspetto che nei prossimi due anni chiariremo formalmente”.
I nomi dei tracciati non sono emersi, ma è facile fare delle valutazioni in base alle scadenze contrattuali. Montecarlo, che ha perso lo status di circuito privilegiato conferitogli da Bernie Ecclestone, Imola e Monza hanno il contratto in scadenza a fine 2025. Silverstone l’anno prima. Barcellona nel 2026. Queste le piste a rischio alle quali si unisce Spa-Francorchamps che al momento non ha un accordo per il futuro. Quella di fine luglio rischia di essere l’ultima gara anche se ci sono ottime possibilità, anche in virtù degli sforzi fatti dai promoter per accontentare le richieste della proprietà americana, che il legame possa protrarsi. Ma sempre in un’ottica di alternanza con altri paesi.
Rotazione dei GP: non tutto è oro quel che luccica
Il modello che sarà presto introdotto si propone di essere un salvagente per gli organizzatori dei gran premi storici che annaspano in difficoltà economiche. Ma è davvero così? Ci sono tre effetti collaterali che andrebbero valutati e che potrebbero rappresentare, nel lungo periodo, l’implosione del sistema.
La prima è riferibile alla vendita dei biglietti. Dati alla mano, la gran parte dei tagliandi per un evento che si tiene in un determinato campionato vengono piazzati già nell’anno precedente, poco dopo che il GP in questione si è concluso. L’eco recente della gara è una sorta di “boost psicologico” che invoglia i tifosi a prodursi immediatamente nell’acquisto e magari a spendere anche cifre di un certo rilievo. In effetti è raro vedere che la vendita dei ticket d’accesso di un weekend di gara si apre quando la stagione è ferma. Questo perché non si può far affidamento su quella che è l’emotività del consumatore.
Ora, organizzando una gara saltuaria da concretizzarsi una volta ogni due o tre campionati come ipotizzato da Stefano Domenicali, questo tipo di meccanismo va a spezzarsi. Quindi la vendita avrebbe senso soltanto nell’anno in cui si svolge a manifestazione, con il rischio che l’attenzione generale possa essere più bassa in una stagione, ad esempio come quella 2022 che, ad un certo punto, aveva mostrato un esito scontato.
Il secondo difetto dello schema postulato è il rischio del mancato sviluppo strutturale. Stare fuori dal giro annuale potrebbe determinare l’incapacità – o per meglio dire l’impossibilità – degli organizzatori di restare al passo sia coi tempi che con le richieste infrastrutturali di Liberty Media che sono sempre più pressanti. Caratteristiche che, per essere soddisfatte, necessitano dell’iniezione di grandi cifre che non sempre sono a disposizione delle piste storiche.
Tra i problemi che stanno incontrando i tracciati della vecchia Europa c’è quella sorta di “concorrenza sleale” che giunge da altri teatri che hanno una capacità di spesa molto più elevata. I circuiti mediorientali, nonché quelli statunitensi, alle spalle hanno dei veri e propri colossi che non incontrano difficoltà nell’elargire capitali di rilievo. Cosa che, invece, dalle nostre latitudini sta diventando sempre più difficile.
A dare uno sguardo a quanto mediamente offre un promoter del Vecchio Continente e quanto uno afferente alle nuove realtà, si nota una differenza molto netta e probabilmente incolmabile. Cosa che ha una certa incidenza sulle scelte dei possessori della categoria. Più passano gli anni, più questo delta tra gli impianti “vintage” e quelli nuovi tende ad allargarsi. Ecco perché la Formula Uno sta spostando il suo baricentro fuori dall’Europa. Liberty Media è diventato un rabdomante di denaro e mira il suo bastoncino magico altrove.
Pochi fondi, poca capacità di spesa, poca possibilità di migliorare le strutture che già ora sono deficitarie rispetto a quelle dei circuiti che si affacciano al Circus dei gran premi. Una rotazione molto spinta di certo non aiuterà in questo processo e terrà le vecchie piste in una condizione minoritaria rispetto alle nuove. Così messa, dunque, l’idea di Domenicali non sembra essere poi così strabiliante.
Terzo elemento problematico che scaturisce dalla rotazione è quello che porta alla scarsa sostenibilità. Jorn Teske, amministratore delegato dell’Hockenheimring, parlando della possibilità della Germania di rientrare nel giro dei GP, ha rimarcato un concetto chiaro: investimenti insensati e perdite economiche non sono contemplabili. Il concetto chiave del ragionamento del dirigente tedesco è quindi la sostenibilità economica.
Non è pensabile che i promoter paghino una cifra di ingresso molto alta per avere le vetture della massima formula senza che questa possa essere coperta dalla vendita dei tagliandi. E’ proprio questo il motivo per il quale la Germania ha deciso di non far parte più del “carrozzone”.
I bilanci della gara tedesca erano in rosso e servivano continue iniezioni di denaro per tenere in vita l’evento. Un po’ quello che sta accadendo in Italia, con gli organizzatori del GP di Monza che cercano sempre il supporto del governo o delle autorità politiche locali per racimolare il budget da concedere a Liberty Media. In certi paesi dove la spending review è una politica diventata addirittura una stella polare, quindi, è impensabile che si possa derogare a questi principi.
Pertanto, la linea offerta da Liberty Media, presenta delle falle concettuali che rischiano di trasformarla in un boomerang che produce l’effetto contrario: eliminare i vecchi tracciati dal calendario. Ciò che potrebbe aiutare a superare questa difficoltà è l’allargamento del numero di gare, ma c’è da convincere tre parti (Liberty Media, FIA e scuderie) che negli ultimi tempi non sono state molto concordi nell’avere una visione unica sulla questione.
Vogliamo essere malpensanti: considerando le condizioni ostative qui presentate, la manovra di Domenicali e del gruppo che rappresenta potrebbe essere quella goccia che, lentamente, spinge i promoter europei a diventare sempre meno competitivi aprendo le porte a mercati nuovi la cui presenza verrebbe poi giustificata come necessità visto l’addio di alcuni teatri. A pensar male…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Aston Martin
Condivido ogni singola parola!
Ormai la F1 è finita nelle mani di chi dello sport non gliene è mai importato niente… e stanno trascinandosi dietro una generazione di tifosi che non comprenderà mai la F1 per ciò che è realmente. La F1, intesa come sport, sta cessando di esistere man mano che i tifosi “della vecchia guardia” vanno scomparendo.
Panta rei.