Ammettiamolo: le conferenze del giovedì della F1, molto spesso, sono una lunga e noiosa teoria di banalità su ciò che si intende fare e su quanto si è prodotto fino a quel momento. Non è colpa dei piloti né di chi pone le domande, è semplicemente un format che forza le dichiarazioni che, per tale motivazione, non genera chissà quali ragionamenti. Ogni tanto, però, c’è un guizzo, uno spunto, un’idea che apre a un ragionamento e che stimola un dibattito. Ed è quanto accaduto ieri quando il microfono è passato tra le mani di Lewis Hamilton.
F1: Hamilton ha la ricetta per evitare nuovi domini
L’oggetto del contendere non è nuovo: come arginare i domini nella massima serie. Ma stavolta è stato interessante il modo in cui è stato affrontato. Il succo del ragionamento del britannico è il seguente: la FIA dovrebbe aggiungere una regola per stabilire il momento in cui a tutti è permesso iniziare a sviluppare la macchina dell’anno successivo in modo da non generare ulteriori vantaggi a chi già ne ha. Una norma anti-dominio che potremmo ribattezzare anti-Red Bull, perché è questa l’essenza della linea di pensiero espressa.
Lewis ha spiegato come la tendenza a generare dei cicli di potere è un comportamento routinario della categoria e della quale lo stesso pilota ha ammesso di aver goduto all’alba della rivoluzione motoristica, nel 2014. “Sono stato davvero fortunato a trovarmi dalla parte giusta in uno di questi brevi periodi, così come lo è Verstappen adesso. Dalla mia esperienza personale, quando si hanno cento e passa punti di vantaggio, non sviluppi tanto la tua macchina, ma puoi iniziare a pensare a quella dell’anno prossimo”. Ha così arringato, lucidamente, il sette volte iridato.
Lewis ha raccontato la sua esperienza personale per criticare un modello che si reitera. Molti, ascoltando le sue parole, hanno fatto facile critica affermando che si è svegliato ora che la sua vettura è inabile a vincere. Peccato che sia mutato del tutto lo scenario e che Liberty Media e la FIA abbiano creato un contesto operativo basato su tre colonne (budget cap, meccanismo ATR e vetture “next gen”) che avevano il compito di evitare un imperio senza soluzione di continuità. Ecco perché le parole del driver di Stevenage vanno contestualizzate e non bocciate per questioni di fazioni e di tifo che, per natura, annebbiano il giudizio.
“Quando in Mercedes vincevamo i mondiali potevamo fermarci prima di chiunque altro con lo sviluppo della vettura. So anche di squadre che non erano competitive e perciò si concentravano subito sulla macchina dell’anno successivo. Secondo me questo non dovrebbe essere possibile, ma sta a voi giudicare. Mi piacerebbe che nei prossimi vent’anni ci fossero delle grandi lotte in pista. Tutti noi vogliamo delle corse migliori”.
Sotto accusa c’è ancora una volta il budget cap, uno strumento, ne abbiamo dato conto in questo scritto, che è stato criticato soprattutto dai team di fascia medio-piccola che lo reputano una barriera invalicabile per chi deve recuperare terreno tecnico. “Con il budget cap i soldi per la vettura attuale vengono investiti su quella futura. Se avessimo un termine ultimo per gli aggiornamenti, come agosto o ottobre, nessuno partirebbe in anticipo per l’anno dopo e sarebbe una vera gara. Magari questo potrebbe aiutare ad avere un gruppo più compatto. Forse mi sbaglio, ma qualcosa deve cambiare”.
F1, calendarizzazione degli update: un’idea da valutare con attenzione
Questa la proposta di Hamilton sulla quale dovrebbe partire una profonda riflessione da parte degli organi di controllo e indirizzo della F1 e che andrebbe ripulita da posizioni preconcette e paralleli con un passato che ormai tutti non vorrebbero vedere reiterato sine die.
Che l’intelaiatura messa in piedi da Liberty Media stia scricchiolando è ormai evidente. Non è un caso, infatti, che nel 2026 bisognerà affrontare l’ennesima rivoluzione concettuale di una F1 mai ferma. E proprio in vista di quella data sono in corso una serie di valutazioni normative che intendono produrre tutta una serie di pesi e contrappesi che devono scongiurare il rischio di un ennesimo lungo ed inscalfibile imperio del singolo.
Al vaglio ci sono diversi elementi e l’idea lanciata da Lewis potrebbe essere oggetto di approfondimento per armonizzare il sistema ed evitare calcoli da ragioniere sia in chi è in fuga e può iniziare a strutturare la stagione successiva con largo anticipo, sia tra chi insegue e che, ad un certo punto, si rende conto che la rincorsa è vana per concentrarsi parimenti dell’anno seguente. Senza magari riuscire nell’impresa di ricucire lo strappo. E la cosa rappresenterebbe una doppia beffa. L’esempio della Ferrari dell’anno scorso, e in generale di tutta la stagione 2022, è lampante in tal senso.
E’ chiaro che il modello abbozzato – e quindi fumoso – presentato dall’ex McLaren comporterebbe delle normali controindicazioni. Come ad esempio quelle che riportano alle difficoltà nel controllare nel merito il tipo di lavoro svolto da un qualsiasi team; operazione che spesso ha visto la FIA incapace di capire come i vari gruppi di progettazione e sviluppo si muovono all’interno di una realtà tecnica. Ma questo non dovrebbe essere un elemento inficiante se vengono create le giuste modalità di valutazione.
Quello di Hamilton, quindi, può essere configurato come il classico sasso lanciato nello stagno. Potrebbe esaurire il suo effetto in poco tempo ma potrebbe parimenti contribuire a smuovere le placide acque nelle quali troppo spesso la F1 galleggia senza avere il coraggio di movimentarle. Staremo a vedere.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto copertina: Alessandro Arcari
Foto: F1, Mercedes AMG, Oracle Red Bull Racing, Scuderia Ferrari