Che per la Ferrari sia un anno di transizione, l’ennesimo, è ormai chiaro. E non c’è alcun bisogno che qualcuno da Maranello lo urli ai quattro venti. Ce ne avvediamo da soli osservando le difficoltà della SF-23 che si riflettono sulle prestazioni dei piloti e su una classifica assai modesta, ma soprattutto valutando il processo di ristrutturazione della Gestione Sportiva che si sta riprendendo dagli scossoni determinati dall’allontanamento di Mattia Binotto, dalla partenza dei David Sanchez e dalla rimodulazione interna di certi ruoli delicati.
Il grande orchestratore di questo movimento tellurico è Frédéric Vasseur, l’uomo venuto dalla Francia per rinverdire i fasti di un’epoca mitica in cui fu un altro transalpino a dirigere l’ensemble “maranelliano” portando titoli, onori e gloria. Il nome lo facciamo in favore dei più smemorati: Jean Todt.
Eredità pesantissima quella dell’ex Sauber che si sta scontrando con difficoltà forse inattese, specie sul versante tecnico visto che la monoposto, pur essendone erede, sembra essere l’involuzione e non l’evoluzione della F1-75 che così bene aveva fatto all’avvio del campionato 2022 per poi smarrirsi in problemi di affidabilità della power unit, errori strategici e budget congelato per fare all-in sul modello 2023.
Ferrari: il team working come soluzione ai problemi
Come deve fare la Ferrari per tornare al centro del villaggio della F1? Se avessimo questa risposta non saremmo qua, molto probabilmente. Ma, considerando il nostro ruolo, possiamo provare a fare delle valutazioni delle modalità operative che il nuovo corso dirigenziale intende implementare. Vasseur, in questi primi cinque mesi di lavoro per la Ferrari ha mostrato un approccio condiviso e non dispotico. E’ lui che impone le scelte – è ovvio data la sua posizione – ma arriva a prenderle attraverso un processo corale, in armonia con i suoi collaboratori e in una struttura che non è piramidale, quindi verticale, bensì orizzontale.
Non quel modello postulato da Sergio Marchionne, ma qualcosa che gli somiglia e che sembra essere più distante dal “decisionismo binottiano“. Che, di suo, non era sbagliato. Si trattava di un modello di gestione aziendale che presenta altri punti di forza e normali tratti più deboli. Il dirigente di Draveil espande il suo modo di procedere nella scelta degli uomini: non si cercano singoli battitori, ma professionisti che sappiano far gruppo e dall’insieme ricavare il meglio.
Questo non significa che non si è alla ricerca dei “top player” da allocare nei vari reparti, anzi. Ma questi non debbono comportarsi da superstar catalizzando su sé attenzioni e risorse. “Mi fanno molto spesso la domanda su Max, Lewis e sui migliori ingegneri. Di sicuro li vorrei ma alla fine non è così. Devi capire dove sei debole e cercare di migliorare passo dopo passo. Non sono sicuro che i big della F1, se non fanno parte del progetto dall’inizio, aggiungano valore? Se si uniscono al team e vogliono cambiare tutto, si parla di due o tre anni in più. E questo sarebbe un tempo troppo lungo”.
Questo il manifesto del Vasseur-pensiero esplicitato ai microfoni di Sky Sports Uk dopo il Gran Premio del Canada. L’ex Sauber crede quindi nella struttura e non nel singolo. Nella forza delle interazioni e non nelle capacità di determinare di un solo uomo che pure servono ma non contribuiscono a mettere in piedi un modello efficace, duraturo e ripetibile.
Cosa che vuole affermare Maranello dopo anni di cambi gestionali senza una logica se non quella di rincorrere la vittoria. Ma per farlo serve costruire, non ghigliottinare impunemente come dimostrano gli scalpi dei diversi team principal che si sono avvicendati dopo l’addio di Todt.
Vasseur ha spiegato che per edificare una buona struttura bisogna sicuramente rinforzare la squadra, cosa a cui, in silenzio e senza proclami, si sta lavorando. “Non si tratta solo di grandi nomi. Nelle grandi squadre oggi siamo circa mille dipendenti e sono convinto che il peso del gruppo sia molto più importante del peso del singolo”. Così ha quasi tagliato corto il manager francese.
Anche nell’era dei fasti di Michael Schumacher, la Ferrari ha dimostrato che un solo top player non bastava per primeggiare ciclicamente. In quella stagione forse irripetibile furono ingaggiate molte eccellenze che vennero piazzate nei ruoli chiave. Lo stesso bisogna adesso fare mutuando ed aggiornando quel paradigma ai tempi cambiati: è necessario avere figure di rilievo nel comparto tecnico, nella ricerca e nello sviluppo e in quello finanziario.
Ma anche nelle cose che riguardano direttamente l’attività in pista, dalla logistica alle strategie passando per il driving che va affidato a piloti di sicuro talento. Cosa che Maranello già possiede. La vittoria è una miscela alchemica, un fluido magico equilibrato e in cui gli ingredienti sono ben dosati. Vasseur è il chimico chiamato a trasformare metalli meno nobili in oro. La ricetta è in suo possesso, ora bisogna dargli il tempo che l’intruglio decanti e produca i suoi effetti.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari