Ferrari punta costantemente al podio e comunque non esclude la possibilità di vittoria durante l’attuale stagione. La RB19 è senza dubbio una delle vetture più dominanti della storia recente in Formula Uno. Lo è per varie ragioni. Una su tutte quel geniaccio di Adrian Newey, autentico fenomeno che anno dopo anno partorisce soluzioni brillanti.
C’è poi il reparto dinamico della Red Bull, fiore all’occhiello di una scuderia che, oramai da tempo, ha compreso l’importanza di sfruttare appieno le gomme. Si perchè il giro secco porta una gloria momentanea. Bella ma fine a stessa in fin dei conti. Mentre il passo gara, attraverso la perfetta gestione dello pneumatico, si traduce in sonore vittorie, titoli, fama e soldi.
L’ulteriore merito degno di nota riguarda il lato motoristico. Quando Honda pareva sull’orlo del collasso, dopo anni di batoste nell’infelice matrimonio con McLaren, tramite la scuderia satellite Toro Rosso è arrivato il cambio di marcia. Una palestra lunga un mondiale, dove la casa nipponica ha carpito i segreti più reconditi sulla power unit fornendo poi, successivamente, una spinta degna alla squadra di Milton Keynes.
Senza dimenticare il giovane talento di Hasselt, splendido interprete oramai maturo, in grado di fornire un valore aggiunto al team. Il tutto tramite una concreta unione di intenti. Visione a medio lungo termine e potere politico, assimilato durante le ultime campagne agonistiche con estrema decisione. Idee chiare insomma, tutto quello che purtroppo, al momento, manca ancora alla Ferrari.
Ferrari non molla, continua a credere nelle vittorie
La frase che apre il pezzo si rifà alle dichiarazioni di Sainz, rilasciate durante “l’ospitata” spagnola al programma “El Larguero“, trasmissione radiofonica di Cadena SER. Più che convinzione, però, il messaggio dell’iberico suona a speranza. Chiudere un campionato del mondo senza nemmeno una vittoria di tappa, superflua ai fini del campionato ma comunque utile per il morale, dipingerebbe un quadro a tinte ancor più fosche. Tela sulla quale la rossa non vuole essere immortalata.
Domenica scorsa il Cavallino Rampante ha ribadito un concetto: le problematiche relative all’amministrazione delle gomme sono ancora molto lontane dall’essere risolte. Ne sa qualcosa Carlos, ad esempio, partito in prima fila con tanta, troppa illusione. Sulla carta il podio pareva possibile. Soprattutto considerando la brutta qualifica di Perez, scattato dall’undicesima piazza.
Malgrado il week end incolore e difficilmente spiegabile della rivelazione Aston Martin, fuori dai giochi per le posizioni di testa, la numero 55 si è dovuta accontentare di un “misero” quinto posto. Frutto della grande instabilità maturata durante la corsa che, di fatto, ha spalancato le porte a Mercedes così come alla rimonta del messicano della Red Bull.
La rabbia c’è. Negarlo sarebbe inutile. Il livello di pilotaggio dei ferraristi resta molto alto. Qualche errorino di troppo a parte, generato dalla necessità di andare oltre i limiti della SF-23, di certo non è la causa degli scarsi risultati ottenuti. La monoposto modenese ricorda per certi aspetti la Mercedes W04. Vettura strepitosa in qualifica che a serbatoi pieni distruggeva le gomme in poche tornate.
Ferrari: update da confermare
La validazione in pista di un aggiramento non è cosa semplice. Una sola gara non è sufficiente. Senza test, liberi o programmati che siano, gli unici feedback possibili vengono raccolti durante le prove libere. Due sessioni spagnole, la terza piova, dove la scuderia di Maranello ha cercato di testare appieno le recenti modifiche introdotte: pance più rastremate, scivolo downwash, fondo e ala posteriore.
Ma il carico prodotto della SF-23 resta insufficiente. Per di più, cercando di limitare il delta relativo all’efficienza sulla RB19, si tende ad adottare messe a punto più scariche per diminuire la resistenza indotta dalle ali. La più classica delle coperte corte, in pratica. Uno scenario difficilmente risolvibile senza operazioni corpose.
Tuttavia, come detto, bocciare gli interventi aerodinamici che abbiamo osservato al Montmelò non sarebbe poi così corretto. Ancora un paio di Gran Premi. Mettere giù tanti chilometri per azzeccare in maniera definitiva la strada corretta. Il percorso che, gioco forza, deve tracciare una volta per tutte un solco dal quale ripartire.
Il reparto dinamico in GES non è da buttare. Gli ingegneri della Ferrari sanno il fatto loro. Lo dimostra il passato, quando diversi tecnici “cestinati” dalla squadra italiana hanno fatto fortuna in altri lidi. Serve una nuova organizzazione però. Una metodologia di lavoro che possa consentire a ciascun individuo la massima espressione di se stesso. Senza questo “semplice” fattore, ogni sforzo, per grande che sia, non porterà mai a nulla di buono.
Autore e immagini : Alessandro Arcari – @berrageiz