“Atteggiamento di ostentata indifferenza e disprezzo nei confronti di valori morali e sociali”. Facendo una rapidissima ricerca con Google è questo il risultato che emerge usando la parola chiave “cinismo“. Quest’ultima è una caratteristica declinata quasi sempre con un’accezione negativa. Ma a volte una buona dose dello stesso serve per emergere in contesti ipercompetitivi. E la storia di Verstappen lo narra chiaramente.
Ecco che la percezione può mutare e un concetto che si accompagna da un’idea sfavorevole si trasforma in una virtù quasi necessaria. I campioni della F1, quelli che sono entrati nella storia, hanno dimostrato che certe scelte vanno operate col cervello e non col cuore. Di contro, è lunga la casistica che mostra conducenti essere rimasti incatenati in una sorta di limbo sportivo per aver messo in cima ai propri interessi la fede e la passione e non l’algida – e appunto cinica – logica.
Molti di voi staranno pensando a Jean Alesi che ha sacrificato la sua carriera per amor di Ferrari rinunciando ad un passaggio in Williams che avrebbe potuto dischiudere ben altri orizzonti in una storia che si è chiusa con una sola vittoria, Canada 1995, e con una serie di bocconi amari ingeriti in quantità troppo elevate per essere digeriti da un essere umano. Mi sia consentito il piccolo sfogo, chi scrive è cresciuto in una adorazione quasi maniacale dell’italofrancese.
Red Bull: il pragmatismo di Max Verstappen
Chiuso il passaggio nostalgico ritorniamo nell’attualità. Il pilota più rappresentativo di questa congiuntura storica è di certo Max Verstappen che si avvia, più o meno in carrozza, a vincere il campionato del mondo. Il terzo consecutivo in una carriera da predestinato. E stavolta il termine è più che calzante.
L’olandese è un uomo che sa accendersi (e certi on board fiammeggianti lo dimostrano) ma sa anche professare una freddezza da calcolatore quando di mezzo ci sono scelte vitali come quelle professionali. Max ha dovuto attendere la sua occasione affondando le mani nel sacco della pazienza. Ha trepidato, l’olandese, prima che la Red Bull diventasse un’arma di distruzione di massa. E non a caso, quando era evidente che la crescita del team s’era fatta impetuosa, ha siglato un contratto che lo legherà a Milton Keynes fino al 2028.
“Mi chiedono sempre se ho una squadra dei sogni. Ferrari ha una storia incredibile, è una scuderia fantastica per la quale correre, ma ho sempre detto a me stesso che voglio soltanto essere sulla macchina più veloce. Non ho il desiderio di correre per una squadra in particolare”. Parole riferite a Sky Sports e che sono una sorta di manifesto programmatico di un professionista che sa bene cosa venga prima per il bene della sua carriera.
Max Verstappen e quel passaggio alla Mercedes sfumato
Che Max, aiutato in questo da suo padre Jos, sia un rabdomante di occasioni d’oro lo si evince anche dal mancato approdo in Mercedes. Una possibilità che quasi si concretizzò quando il ragazzo strabiliava tutti nelle categorie formative. Toto Wolff ne ha parlato in un’intervista recente rilasciata a ESPN.
L’occasione si creò tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 alla presenza del manager Huub Rothengatter e del padre. Si discusse del suo futuro ma non si arrivò ad una sintesi anche perché Mercedes aveva una line-up da urlo formata da Hamilton e Rosberg. Occasione di rimpianto per Wolff che comunque ha evidenziato come la convivenza con Lewis sarebbe stata pressoché impossibile.
Da quella situazione, in perfetto stile sliding door, Verstappen si ritrovò catapultato nell’ecosistema Red Bull col passaggio in Toro Rosso. Il resto è storia di vittorie a raffica che, proiettate in un arco temporale più ampio, potrebbero riscrivere record che si ritengono indistruttibili. Il cinico Max punta a quelli, non c’è spazio per i sentimentalismi.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing
