Ferrari ne ha preso atto in maniera definitiva: il deficit che la scuderia accusa nei riguardi della Red Bull è ormai incolmabile. Dieci gare su ventidue sono un campione statistico altamente indicativo e che offre margini d’errore molto limitati. Dinanzi ad un atto di realismo così lucido cosa si può fare se non ricalibrare le ambizioni e i programmi?
In un quadro regolamentare che non aiuta chi deve recuperare ma avvantaggia il soggetto in fuga c’è ben poco da fare. Il contingentamento delle ore di galleria del vento e dei gettoni CFD, nonché il cost cap, limitano quasi fatalmente lo slancio di chi insegue. Anche chi possiede più tempo di sviluppo, come la Ferrari, sovente, non riesce a sfruttarlo appieno per la mancanza di fondi. Un busillis concettuale emerso chiaramente in questi due anni in cui sono entrate in vigore le nuove regole tecniche.
Ferrari incatenata dal budget cap
“Oggi dobbiamo correre col materiale che abbiamo”, aveva affermato Piero Ferrari qualche mese fa, quando oramai era chiaro che la RB19 aveva un potenziale inarrivabile per qualsiasi altro rivale. “Rimediare in questa F1 è complicato. Ci sono limitazioni del budget cap, si possono fare delle cose ma non tutto quello che si vorrebbe. Il problema è che, con i limiti di spesa, devi decidere quanto investire per migliorare la situazione attuale senza compromettere i lavori per la macchina del 2024. Bisogna portare pazienza“.
E’ chiaro che i lacci normativi rischiano di limitare l’azione riparatoria messa in cantiere da Frédéric Vasseur, l’uomo chiamato a ristrutturare la Gestione Sportiva dopo gli inefficaci anni sotto la guida di Mattia Binotto. Anche in questo caso la parola d’ordine è pazienza: “Dobbiamo dargli il tempo di mettere mano ai problemi. Si tratta di una persona che conosce bene le corse, è nell’ambiente da anni, merita fiducia”, aveva spiegato l’erede del Drake.
Vasseur è un pragmatico e sa che ha le mani legate, specie dopo aver ereditato un progetto tecnico e un’intelaiatura aziendale che si erano rivelate inefficaci per concorrere stabilmente per la vittoria. Proprio in virtù di un realismo duro ma necessario, l’ex Sauber ha iniziato ad ammettere che il 2023 ha ben poco da offrire ai tifosi.
L’ostacolo insormontabile per la Ferrari è il tetto di spesa: “Il fattore principale è il budget cap che non consente di realizzare un nuovo progetto come probabilmente accadeva un paio di anni fa. Ciò significa che bisogna adattare il proprio progetto alla situazione e, in queste condizioni, credo che abbiamo fatto un discreto passo avanti”. Che evidentemente non è bastato né per raggiungere Red Bull (figuriamoci) né per tenere dietro definitivamente Mercedes e Aston Martin e, dal Gran Premio d’Inghilterra, anche McLaren.
Non solo, c’è anche un altro elemento limitante. Il prossimo passaggio è emblematico: “Bisogna anche considerare che il regolamento è molto più prescrittivo di prima ed è piuttosto difficile fare un grande passo avanti nella stagione. Ma noi stiamo già lavorando al progetto del prossimo anno, cercando di correggere la direzione“.
Vasseur, in soldoni, afferma che le regole sulle quali oggi si poggia la F1 non sono fatte per permettere a chi insegue di recuperare. Lo abbiamo analizzato più volte: la serie regina è eretta intorno a due pilastri normativi. Da un lato il tetto di spesa, dall’altro il meccanismo ATR. Elementi architettonico-strutturali su cui si incamicia la trave rappresentata dalle vetture a effetto suolo (che pure non si stanno rivelando idonee a realizzare gli scopi delineato da Liberty Media).
Il budget cap, al momento, non ha assolto alla sua funzione primordiale. Anzi, ha contribuito ad ampliare il solco tra chi è riuscito a prendere il largo e chi insegue. E’ proprio questo istituto regolamentare a rendere vano il balance of performance tecnico. Accade, in termini semplici, che i team con più ore a disposizione per lo sviluppo non possano sfruttarle perché non hanno fondi per implementare le novità.
Un “piccolo” dettaglio al quale chi ha stilato le regole non ha evidentemente pensato con la dovuta attenzione. Un fatto che sta limitando le ambizioni della Ferrari che, attenzione, ha comunque la colpa di aver perso la bussola tecnica dopo un ottimo avvio di 2022 aprendo in maniera profondissima il solco dalla vetta.
Ferrari non abbandona la SF-23: ecco perché
Gli inseguitori, in ogni caso, dovrebbero poter beneficiare di norme non troppo incatenanti, specie se la proprietà della categoria urla ai quattro venti che l’obiettivo è la totale variabilità. Come si pretende di creare un contesto imprevedibile se la creatività degli ingegneri dei team è avvolta da legacci così stretti? Ce lo chiediamo noi, probabilmente se lo chiede Vasseur che ha capito che, pur avendo ammesso che parte delle risorse economiche e progettuali potrebbero essere traslate all’anno prossimo, non intende abbandonare a se stessa la vettura.
La SF-23 subirà altri interventi migliorativi che sicuramente non le permetteranno di raggiungere e superare la Red Bull RB19, ma che hanno lo scopo di provare a lasciarsi alle spalle il mischione del centrocampo che, dopo il progresso inatteso della McLaren è diventato trafficatissimo. La Ferrari dell’era Vasseur, quindi, sta provando ad introdurre un meccanismo virtuoso impostato alla trasparenza (l’ammissione di certe difficoltà operative) che contestualmente non intende lasciare al suo destino la macchina. Come avvenne mestamente l’anno scorso in piena estate.
Le difficoltà della SF-23, forse, partono proprio da quella mancanza di sviluppo che renon ha permesso ai tecnici di capirne di più su quel concept. Né di estrarne ulteriore potenziale arrivando alla conclusione che quello adottato non era il design giusto per competere con le intuizioni vincenti di Adrian Newey. Ecco perché serve un pizzico di pazienza. La cura Vasseur potrebbe fruttare solo l’anno venturo.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari