Il Gran Premio d’Inghilterra è stato monopolizzato da Max Verstappen e dalla Red Bull (decima vittoria in altrettante gare per i tori di Milton Keynes) ma, forse, la vera vincitrice è la McLaren che, in un sol colpo, sorpassa Alpine, Ferrari, Aston Martin e Mercedes e si mette in testa di diventare la prima avversaria della RB19.
Già in Austria, quando Lando Norris aveva potuto contare sul nuovo pacchetto di aggiornamento che a Silverstone è stato offerto anche ad Oscar Piastri, con evidenti benefici, si era capito che questa versione evoluta aveva margini per far bene. Ma pochi avevano capito che potesse addirittura impressionare.
McLaren è una scuderia ambiziosa che intende tornare ad essere un punto di riferimento della F1. Sentimento condiviso da altre realtà storiche come la Ferrari – che ieri ha chiuso un weekend pessimo – e da team emergenti come Aston Martin che, a seguito di un avvio brillante, si sta opacizzando come bronzo da troppo tempo esposto all’aria.
McLaren: due piani temporali che si intersecano
Nel motorsport, come in ogni altra disciplina, vince il singolo. La concorrenza da battere e da abbattere è spietata e servono, quindi, azioni di lungo periodo per accreditarsi come concorrente spendibile a vincere titoli iridati. Per fare ciò bisogna operare sulle strutture e sull’organigramma. Sul primo fronte si sta lavorando alacremente, da un bel po’.
A breve sarà varata la nuova galleria del vento. Uno strumento necessario, anzi di vitale importanza per provare a colmare il gap con la vetta. La struttura attuale, seppur ancora efficiente, mostra le classiche problematiche degli impianti datati. Serve tempo per mandarla a regime ed inoltre le velocità di esercizio sono più basse di quelle che può garantire il nascente wind tunnel.
Anche se FIA e Liberty Media stanno vaglido il “ban” totale di questi impianti per passare la progettazione nell’esclusiva sfera computazionale, tutti i team si stanno dotando di più efficienti strutture perché restano ancora mezzi indispensabili e vitali. E non è escluso che i legislatori possano rivedere le proprie idee nel lungo periodo. McLaren, quindi, sta per inaugurare il suo impianto. Aston Martin è prossima a farlo. Red Bull, che oggi opera con una struttura molto vetusta, ha stabilito di partire con una nuova unità nei prossimi anni. Cosa per la quale ha investito svariati milioni di euro.
I programmi di medio-lungo termine vanno però abbinati a progetti più immediati. McLaren deve vincere le difficoltà attuali nell’attesa di fissare degli elementi molto più importanti che possono darle in futuro la chance di competere a livelli più alti. E sembra che il cammino impostata da Andrea Stella sia piuttosto efficace. L’ex Ferrari ci aveva messo la faccia sin da subito, da quando la vettura concepita da James Key poi allontanato dal team per passare in Alfa Romeo, si era dimostrata deludente:
“I margini di sviluppo di questa monoposto sono nulli, abbiamo già avviato un programma di sviluppi per risolvere le criticità. Nella prima parte di stagione sappiamo che ci sarà da soffrire”. Queste le parole dell’ingegnere italiano che, col suo team, vede finalmente la luce in fondo al tunnel.
Le performance sciorinate tra Spielberg e Silverstone non sono quindi frutto del caso, ma figlie di un lavoro attento, certosino, ben congegnato e puntualmente programmato. Per ristrutturare il comparto aerodinamico di Woking, Stella ha deciso di puntare su David Sanchez che, dalla Ferrari, ha fatto ritorno all’ovile inglese.
Si tratta, difatti, di un “cavallo di ritorno” perché aveva precedentemente operato in McLaren, tra il 2007 e il 2012, come Senior Aerodynamicist e successivamente come Team Leader nel reparto aerodinamico prima di partire per Maranello nell’ottobre dello stesso anno. Dieci anni in cui David ha ulteriormente accresciuto le competenze assumendo ruoli di sempre maggiore responsabilità.
Un bagaglio tecnico che gli ha permesso di delineare le linee guida della F1-75 e della derivante SF-23. Veicoli che, al di là dei problemi che hanno manifestato, hanno rappresentato la vera alternativa al modello filosofico adottato da Adrian Newey con la RB18 e con la successiva RB19.
McLaren: non ripetere gli errori fatti dopo il 2020
McLaren sta vivendo un vero e proprio momento di transizione. Una fase che, per natura, è molto delicata. Tutti i tasselli del puzzle devono andare al proprio posto in maniera puntuale perché si corre il rischio che le speranze di risalire la classifica si tramutino in manovre inadatte a migliorarsi. Serve tempo, ma ciò che abbiamo osservato nelle ultime due gare dà speranza che non debbano passare delle ere geologiche per mettersi in una posizione più comoda.
McLaren deve evitare di fare quanto accaduto recentemente. Nel 2020 sembrava un team pronto a spiccare il volo dopo aver chiuso, con i motori Renault, in terza piazza nel Costruttori. Dall’anno successivo il team ha conosciuto una parabola discendente sempre più seria e il 2023 sembrava andare nella medesima, mesta, direzione. L’inversione di rotta è stata netta ma ora serve consolidarla.
E questa, come insegna la storia recente, è la parte più difficile. Perché smarrirsi di nuovo, anche in presenza di una concorrenza ferocemente agguerrita, è un rischio che nessuno può allontanare del tutto. Specie se la squadra in questione viene da lunghi e difficili anni di digiuno.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, McLaren