Erano le sette di mattina. Enzo Ferrari se ne è andato via, in punta di piedi, nell’estate del 1988. Il 14 agosto. Ma il mondo avrebbe saputo solo dopo il funerale della sua scomparsa, per espressa volontà del diretto interessato. Era l’ultimo “scherzo”, se così si può dire, di un gigante che aveva creato un sogno e che aveva un rapporto di odio e amore con i mass media e la celebrità.
Uomo totalmente del suo secolo (quello passato) ma anche terribilmente contemporaneo e moderno, come ricorda Giorgio Terruzzi: “Cosa c’è di più moderno della velocità?” Nella mediocrità imperante di questa italietta da operetta, è evidente che personalità così titaniche e gigantesche, più grandi della vita, di una vita, rifulgano e splendano maggiormente. La retorica probabilmente si spreca quando si parla di uomini come Enzo Ferrari. E il rischio di sembrare banali è dietro l’angolo.
Tra l’altro, il sottoscritto, confortato in ciò da Luca Dal Monte, che ha scritto la biografia più completa ed esaustiva sulla vita del fondatore, non crede neanche che Ferrari abbia pronunciato frasi come: “La passione non si può descrivere, si può solo vivere” o: “Date a un bambino un foglio di carta, dei colori e chiedetegli di disegnare un’automobile, sicuramente la farà rossa” (le auto sportive italiane erano tutte rosse per convenzione internazionale).
Enzo era un personaggio molto complesso e non si può certo ridurre la sua lunghissima vita (morì a 90 anni) a poche frasi da libro Cuore. Anatema. Questa è vera: “La passione permette di sopportare amarezze e rinunce che l’ambizione non giustificherebbe in alcun modo.” 14 ottobre 1951. Gazzetta. Intervistato da Gianni Brera. E rende chiara tutta la complessità dell’uomo. Siamo proprio da tutt’altra parte. Poi si sa, il marketing avrà semplificato e trasformato quella frase e via. Scrivevo nel 2021, due anni fa esatti:
Enzo Ferrari avrebbe fatto qualcosa
Cosa farebbe oggi Ferrari in questa F1 ingessata, piena di regole cervellotiche, burocrazia imperante, un regolamento scritto “da 4 ubriachi al bar”, dove la Ferrari conta come il due di picche? Io penso che mediterebbe seriamente il ritiro. Troppo distante questa roba qua dalla fusione di sport e tecnologia che per lui era la Formula Uno. Ma, probabilmente, non saremmo arrivati a questo punto. Enzo, se fosse servito, sarebbe passato dalle parole ai fatti. Cosa che difetta ai tanti che si sono succeduti, dopo di lui, alla guida della Scuderia.
E se parliamo di oggi… la Ferrari è tornata ad essere la “Cenerentola” della F1. E’ meglio che ci sia, certo. Ma vincere… bè, questo è tutto un altro paio di maniche. Devo constatare, ahimè, che non è cambiato nulla da quando digitai queste parole sul programma di videoscrittura. Concludo questo pensiero su Enzo Ferrari, con le parole di Luca Dal Monte, dalla prefazione del suo celeberrimo “Ferrari Rex”.
[…] Solo un pugno di persone, familiari e gli amici più intimi, lo accompagnarono al camposanto, dove venne messo a riposare accanto a Dino (il primogenito che aveva perso, a 24 anni, a causa della distrofia muscolare ndr) nella stella cappella in cui lo attendevano il padre, la madre, il fratello e naturalmente Laura. Era una mattina insolitamente fresca per la metà di agosto. La città era deserta. In giro non c’era nessuno. Non avrebbe potuto chiedere di meglio.
Come aveva desiderato, il mondo venne informato solo dopo il funerale. Aveva detto una dozzina di anni prima Bernie Ecclestone, proprietario della Brabham e già allora eminenza grigia della Formula Uno: “E’ l’uomo più incredibile che io abbia mai conosciuto, e di gente ne ho conosciuta davvero tanta. E’ una leggenda. E’ come Wintson Churchill. Si parlerà sempre di lui” E così è stato. […]
Aurore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: Scuderia Ferrari