Rileggete il titolo: pinte di birra, sole d’agosto e viva la F1 contro la FIA. Non ci credete? Allora leggete tutto d’un fiato e, se avete in mano una tazzina di caffè, poggiatela. Fidatevi. “Prima di tutto impedirei che sia la FIA a stabilire il regolamento (della F1 ndr); Liberty Media, che detiene i diritti commerciali, può esercitare un po’ di influenza ma non ha il potere sufficiente per stabilire le regole. Credo che sia arrivato il momento di riequilibrare molto di più i ruoli di queste due entità”.
Ancora: “Dobbiamo pensare allo spettacolo e alla spettacolarità. Il marketing a volte deve essere un po’ più importante dell’ingegneria”. Che sembra dannatamente accordato con le note tesi domenicaliane sulla crociata contro le prove libere, al grido di: “Bleah! Servono solo agli ingegneri!”
Il soggetto che ha pronunciato le parole che ho appena riportato (in un podcast) è David Croft, telecronista di Sky Sports Uk. Parole che sembrano quasi un manifesto ideologico se ci pensate. Ecco, in poche frasi, il “Vangelo” della nuova F1 secondo i neo-evangelisti del motorsport. In questo caso, direi anche nuovi apologeti delle “magnifiche e progressive sorti” della F1 sotto il guru Domenicali.
Se la traduzione delle parole di Croft è corretta, e non ne dubito visto che ne hanno scritto autorevoli testate, le prime ipotesi a cui ho pensato sono state: o colpo di sole, magari stava registrando il podcast in spiaggia, o colpo di bottiglione, cioè una robusta bevuta, magari due o tre pinte di birra, chi lo sa…
F1 e FIA: l’ente regolatore alla base dello sport
Partiamo dalle basi: Wikipedia definisce lo sport “qualsiasi forma di attività competitiva o di gioco che mira a utilizzare, mantenere o migliorare le capacità e le abilità psicofisiche, fornendo divertimento ai partecipanti e, in alcuni casi, intrattenimento agli spettatori”.
La Treccani on line: “Attività intesa a sviluppare le capacità fisiche e insieme psichiche, e il complesso degli esercizi e delle manifestazioni, soprattutto agonistiche, in cui tale attività si realizza, praticati nel rispetto di regole codificate da appositi enti, sia per spirito competitivo (accompagnandosi o differenziandosi, così, dal gioco in senso proprio), sia, fin dalle origini, per divertimento, senza quindi il carattere di necessità, di obbligo, proprio di ogni attività lavorativa.
Pratica e larga diffusione di numerosi s. (come il calcio, il ciclismo, il pugilato) su basi professionistiche collegano il termine s. al suo significato etimologico (attraverso l’ingl. sport dal fr. ant. desport «diporto») in relazione non tanto all’attività svolta dagli atleti quanto al divertimento che ne traggono gli spettatori, appassionandosi in vario modo allo svolgimento e all’esito delle gare”.
Più o meno si dicono le stesse cose. Emergono due elementi base, vale a dire che si fornisce divertimento agli spettatori, ma che questa non è la prima ragione d’essere dello sport e, in secondo luogo, che c’è bisogno di un ente, riconosciuto da tutti, che detti le regole, le modifiche, le sanzioni, le classifiche e via discorrendo. Pare abbastanza pacifico no?
Vorremmo ricordare a Croft, se non lo rammenta, che senza la FIA (ente tutt’altro che cristallino, ma questo è un altro discorso), ex Fisa e via discorrendo, il campionato del mondo di F1 semplicemente non esisterebbe e probabilmente neanche il concetto stesso di sport motoristico. Ma il punto è un altro. Che cosa caratterizza lo sport da uno spettacolo circense, entrambe realtà che esistono sin dalla notte dei tempi? Che il primo non è truccato, il secondo sì, perché lo scopo del primo non è attirare spasmodicamente il pubblico quello del secondo si.
Ciò non significa che lo sport non possa essere truccato, ma che quella non è la regola. E’ semmai l’eccezione con pesanti sanzioni se si scopre qualcuno a barare nei più svariati modi per avvantaggiarsi illecitamente contro gli altri partecipanti. E non si tratta di criticare la versione moderna degli spettacoli circensi, vale a dire il Wrestling (per citare quello più noto e seguito), perché sono fior di atleti, ma semplicemente si tratta di dire che non è uno sport, semmai uno spettacolo agonistico.
Ai giorni nostri la confusione vige ovunque, è tutto così dannatamente poco chiaro…e allora ecco che si fa sempre più strada la confusione fra sport e spettacolo. Lo sport può essere anche spettacolare, ma non è il suo fine, la sua essenza che è quella, appunto, di far partecipare gli atleti per raggiungere un risultato con regole certe e senza mezzucci. Ha liturgie ma non una regia predeterminata, né un esito che deve cambiare a seconda degli umori del pubblico o per tenere il pubblico incollato allo spettacolo.
E’ una pericolosa eversione mescolare e addirittura sottomettere l’uno (lo sport) all’altro (spettacolo), un’eresia devastante che forse trae le sue origini dal mondo americano. Ma va da sé che se è vero che negli Usa lo spettacolo è fondamentale per lo sport, il quadro normativo è chiaro, essenziale, con tempi certi e senza troppa confusione né senza cambiamenti continui. Molto distante, a mio parere, dalle “implementazioni” che sta cercando di fare Liberty Media in F1.
Le gare sprint e i format che cambiano in continuazione non sono essi stessi forse un cedimento dello sport allo spettacolo, semplicemente per fare più soldi? E va bene che ovviamente non si tratti di enti di beneficenza, ma il classico equilibrio fra le divergenti esigenze non esiste più? Senza tenere conto che già da qualche anno la FIA si trova in condizioni di minorità nei confronti della F1 propriamente detta. Sennò non si spiegherebbero i cedimenti di cui sopra e il fatto che il Ben Sulayem sia, sostanzialmente, un presidente dimezzato.
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: Scuderia Ferrari – Oracle Red Bull Racing