Il barometro del rapporto tra FIA e Liberty Media oggi segna sereno. Ma nei mesi scorsi la situazione è stata piuttosto burrascosa e qualche strascico, nonostante la calma attuale, è rimasto. I due enti sono stati in disaccordo su alcuni elementi cruciali della F1, cosa che ha ridefinito il rapporto tra le parti.
I punti dolenti del legame tra i padroni del Circus e l’ente che redige e mette in esecuzione le regole, fungendo poi anche da giudice, sono stati tre: limitazione alla libertà d’espressione dei piloti, organizzazione delle Sprint Race e querelle Andretti.
Sul primo punto, dopo la modifica al regolamento che ha imposto un giro di vite alla possibilità di esprimersi dei piloti, si registrò la reazione piccata degli americani che, pur volendo la cessazione di certi rituali, non intendeva imbavagliare le personali opinioni. Discussione ne sono scaturite sottotraccia e per molti mesi Ben Sulayem non ha fatto capolino dei paddock, come a dimostrare una certa freddezza tra le parti. La questione è rimasta in sospeso, ma il gruppo di John C. Malone spinge per un ammorbidimento di certi passaggi normativi.
L’altro fronte, quello relativo alle sprint race, è stato agevolmente superato. Place de la Concorde chiedeva, dopo averli concessi ai team, più fondi per poter organizzare weekend più intensi. E su questo non ci sentiamo di dare torto al gruppo parigino che spingeva per mantenere gli stessi standard di sicurezza tramite l’utilizzo di più commissari e addetti alla pista.
F1: l’allargamento della griglia genera frizioni tra FIA e Liberty Media
Sul terzo punto si è creata la frizione più rumorosa e un momento di vero riavvicinamento non s’è ancora verificato. Mohammed Ben Sulayem, forte dei regolamenti avallati da Liberty Media e dagli stessi team, è andato avanti per la sua strada aprendo un bando di ingresso per altre due compagini. Il processo di valutazione di queste applicazioni è ancora in corso. C’è abbastanza riserbo sui nomi, ma si sa che tra i gruppi ci sono Andretti-Cadillac, Hitech, Craig Pollock’s Formula Equal e LKY SUNZ.
Ne abbiamo parlato diverse volte: i team e Liberty Media non hanno apprezzato lo slancio del manager emiratino poiché vogliono proteggere il business basato sulle dieci franchigie sportive, un modello che è stato in grado di superare la crisi che la F1 ha conosciuto a causa della pandemia e che sta generando tutt’oggi profitto ad alto voltaggio. Il timore è che il giocattolo possa rompersi e che i 200 milioni totali da pagare per chi entra siano un obolo che non crea ricchezza strutturale.
Le ritrosie delle parti suddette non hanno condizionato Ben Sulayem, il vero architetto dell’allargamento a 24 macchine. “Abbiamo un contratto che dice che possiamo avere fino a 12 squadre. Quindi non stiamo violando le regole. Al contrario le stiamo rispettando”, ha sottolineato il presidente della FIA ai microfoni di Motorsport-Total.com.
“La FIA come regolatore deve esaminare tutte le richieste, e lo abbiamo fatto. La manifestazione di interesse era la cosa giusta da fare. So che alcune squadre non sono contente perché temono l’impatto finanziario su di loro”.
Il processo è partito da molto tempo e ormai siamo in dirittura d’arrivo. La decisione dovrebbe arrivare poco dopo la pausa estiva, in ritardo rispetto alle iniziali previsioni che individuavano tra giugno e luglio la deadline:
“L’abbiamo estesa perché alcune squadre hanno richiesto un po’ di tempo. Bisogna essere flessibili. Non abbiamo ancora finito perché dobbiamo essere molto cauti nel prendere una decisione. È un grande processo e non mi piace essere affrettato perché la decisione deve essere molto, molto chiara“.
La F1 va incontro alla guerra legale?
Anche se la FIA ha fatto tutti i passi restando nell’alveo del regolamento potrebbe profilarsi una guerra legale che rischia di rallentare il processo. Potrebbe succedere che il team entrante (o i due) ottenga l’approvazione di base tecnica (soddisfacimento delle richieste federali), ma quello della FOM per mancati accordi commerciali. C’è anche il nodo clausola anti diluizione. Oggi è fissata a 200 milioni di dollari, allo scadere della versione attuale del Patto della Concordia (2025), potrebbe salire a 600, come si vocifera.
Se una squadra ottiene l’ok oggi ed entra nel 2026 potrebbe scattare una guerra di ricorsi e appelli. Ben Sulayem ne è consapevole ma, dinanzi a questa prospettiva, ha fatto spallucce quando ha detto “[…] Cosa succede se una delle squadre richiedenti ci porta in tribunale? Sto solo attuando le regole“.
La sensazione è che Liberty Media e le dieci sorelle, i soggetti più reazionari in questa partita a scacchi, si siano arroccati in profonde trincee. Tanto da spingere su questioni che sembrano di lana caprina. Nei giorni scorsi, Toto Wolff, uno parecchio attivo a reificare lo status quo, ha sollevato il problema della grandezza dei paddock e delle pit lane: la F1 non sarebbe attrezzata per ospitare 11 team e 22 vetture, figuriamoci 12 e 24.
Anche su questo punto Ben Sulayem è andato dritto come un treno in piena corsa affermando che le piste sono migliorate e che la FIA è sempre pronta per superare certe difficoltà: “I circuiti attuali sono pronti al cento per cento. Se sono 10, o 11, o 12 squadre devono essere conformi. La nostra commissione del circuito sarà sempre presente e controllerà e verificherà l’intero processo”.
In chiusura, tra pochi giorni sapremo se la F1 si allargherà a uno o due soggetti nuovi. Una cosa che sembra ormai scontata ma che potrebbe aprire una stagione di tensioni tra due fazioni belligeranti e che curano i propri interessi: Liberty Media e team, da un lato, Federazione Internazionale dell’Automobile e soggetti nuovi, dall’altro.
Forse, mettendoci in un punto di osservazione esterno, cosa che proviamo sempre a fare nelle nostre analisi, è proprio questo potenziale clima di guerra che può seriamente minare il business della Formula 1. Nonché la sua generale credibilità che, di tanto in tanto, qualche bordata che la fa traballare la riceve.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, FIA