Diciamola tutta anche assumendoci il rischio di essere un po’ sfrontati: in Red Bull hanno una bella faccia tosta. Sì, perché ritenere la RB19 una vettura non dominante ma semplicemente “mediamente buona” è un’offesa al buon senso e all’intelligenza. I signori di Milton Keynes ne hanno vinte dodici su dodici. Roba che in F1 non s’è mai vista. Se facciamo un flashback all’anno passato emerge che, dopo Austria 2022, Verstappen – e in misura minore Perez – le hanno portate a casa tutte tranne il Gp del Brasile in cui vinse la Mercedes.
Se vogliamo, quella che fu una battuta d’arresto per i campioni in carica, ha contribuito a fortificare il loro primato visto che da quella doppietta la scuderia di Brackley ha pensato che tutti i problemi fossero risolti insistendo sul concept zero sidepod: errore valutativo abbastanza clamoroso che sta condizionando il 2023 in cui la RB19 non ha praticamente rivali.
E’ necessario circostanziare i fatti altrimenti il discorso sembra cadere dal cielo senza una ragione valida. Il direttore tecnico della Red Bull, Pierre Waché, ha dichiarato che la RB19, un capolavoro di ingegneria con pochi eguali nell’ultrasettantennale storia della Formula 1, è, citiamo, “mediamente buona in tutte le condizioni”. Il vantaggio tecnico lapalissiano, quindi, dipenderebbe dalle difficoltà degli altri team.
Red Bull: “non siamo forti, sono gli altri ad essere deboli”
Il virgolettato del titolo in alto è inventato, ma serve per spiegare quale sia la percezione che hanno dalle parti di Milton Keynes. Ad essere reali, invece, sono le parole che seguono: “È mediamente buona in tutto. Questo significa creare una buona auto. Non è molto buona in un aspetto in particolare. Pensiamo che lo sia perché siamo più veloci degli altri, ma fondamentalmente direi che non abbiamo fatto un lavoro fantastico”.
Questo il Waché-pensiero che sembra comportarsi come chi fa finta di schernirsi consapevole della sua bravura. Qualcuno la chiamerebbe ipocrisia. Ma non arriviamo a tanto. Si tratta di una strategia mediatica votata a buttare la palla nella metà campo avversaria provando, vanamente, a nascondere i propri meriti e la propria forza.
In Red Bull, stando all’ingegnere oggetto dei desideri della Ferrari, sarebbero addirittura rimasti spiazzati dal flop delle altre squadre: “Sono rimasto più sorpreso dagli altri che non hanno fatto un lavoro altrettanto buono. Per questo le nostre aspettative erano diverse dall’inizio dell’anno“, ha detto il francese a Motorsport.
A Milton Keynes erano convinti di trovarsi in lotta con Mercedes e Ferrari. Se Brackley aveva predicato calma durante l’inverno con dichiarazioni votate alla calma, in Ferrari, alla presentazione nel giorno di San Valentino, si erano detti sicuri di potersela giocare esprimendosi con una certa baldanza. E invece sappiamo come sono andate le cose.
Non solo il cambio di regolamento, Red Bull temeva che la penalizzazione arrivata a seguito dell’infrazione del cost cap determinasse un quadro molto più afflittivo. La riduzione del tempo di lavoro in galleria del vento avrebbe dovuto rendere difficile confermarsi. Ma le altre hanno letteralmente sbagliato i propri progetti aprendo la strada all’imperio della RB19.
Red Bull RB19: una vettura di compromesso
Ogni monoposto di F1 è figlia di un compromesso tra le varie parti che la compongono. La RB19 – e prima di questa la RB18 – hanno trovato l’equilibrio migliore che ora i rivali tentano di replicare con molti mesi di ritardo e dopo aver perso tempo a capire che i propri concept non erano poi così utili. Vedasi Mercedes e Ferrari che, via via che passano le gare, tendono a replicare i principi impostati da Adrian Newey, il vero mattatore di questa nuova era tecnica della Formula 1.
Non è solo questione di pura aerodinamica, quindi, ma di interazione della stessa con la sfera meccanica. Dinamica che da sempre si alimenta in F1 ma che con questa generazione di auto ha un peso maggiore rispetto alla stagione tecnica precedente. L’influenza del grip meccanico, ha spiegato Waché, è maggiore rispetto al passato.
Ricordiamo che alla fine del 2021 sono stati aboliti da regolamento gli inerter. Di cosa sono? Si tratta di dispositivi montati all’interno delle sospensioni che utilizzavano un piccolo volano per assorbire parte dell’energia che si produceva durante i movimenti della sospensione. Avevano il compito di smorzare i picchi di carico molto elevati in presenza degli pneumatici da 13 pollici.
Con la presenza degli inerter era possibile utilizzare molle più morbide per ottenere un migliore grip meccanico alle basse velocità. Sulle monoposto di nuova generazione non è possibile fare tutto ciò. La loro assenza, abbinata ad una rigidità media più elevata per tenere costante l’altezza da terra per sfruttare l‘effetto Venturi, ha determinato molti grattacapi e, in prima battuta, la difficoltà nel controllare e vincere il porpoising.
Red Bull, quindi, ha gestito meglio di ogni altra squadra questo delicato passaggio tecnico e su questa comprensione ha costruito i suoi successi. Questo spiega come mai le vetture rivali, pur lavorando sulla veste aerodinamica e nell’energizzazione dell’effetto downwash, siano ancora sostanzialmente molto distanti dalla macchina austriaca. Replicare forme e principi è più semplice che creare quel necessario compromesso aero-meccanico che sta funzionando così bene e che potrebbe garantire un vantaggio tecnico duraturo e stabile nonostante un monte ore di sviluppo minore.
Anche se mancano dieci gare al termine il 2023 è andato. La distanza non sarà colmata. Bisognerà vedere se l’anno prossimo qualcuno riuscirà a riprodurre, e magari ad ottimizzare, le virtù della vettura egemone proprio per spezzarne l’imperio. Se nessuno dovesse riuscirci è ipotizzabile che il vantaggio acquisito dalla Red Bull si protrarrà fino alla nuova era tecnica che nascerà nel 2026, quando ci sarà un altro reset totale dal quale, chissà, potrebbero emergere nuovamente la genialità di Mr. Newey e del suo staff.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing