Lewis Hamilton è un personaggio che polarizza, come accade per tutti i superbig. Insomma, o lo si ama o lo si odia. Sportivamente parlando, s’intenda. Per questa natura dicotomizzante è difficile analizzare con lucidità le sue parole che sovente sono oggetto di facili strumentalizzazioni o superficiali valutazioni da parte degli appartenenti alle fazioni dei pro e dei contro.
Negli ultimi tempi il sette volte iridato è tornato spesso sul dominio della Red Bull parlando di un qualcosa che non fa bene alla F1. E giù critiche da parte di chi ha voluto ricordare che anche Lewis ha goduto di una vettura straripante. Gol a porta vuota ma punto di vista poco attento perché il britannico è sceso più nel dettaglio argomentando il suo ragionamento, parlando anche in termini critici del suo periodo egemone.
“Questi sono discorsi che sono sempre venuti fuori, anche quando era la Mercedes a dominare. Certo, volevo vincere o comunque stare davanti per lottare, ma avere mezzo secondo sulla macchina che segue non è appagante, quello che vuoi davvero è una battaglia, perché alla fine le gare sono questo. Così la FIA ha introdotto delle nuove regole: il budget cap doveva livellare il campo, ma non lo ha fatto“. Così si è espresso Hamilton al media inglese Channel 4.
Retorica? Per alcuni sì, ma il succo del discorso è molto centrato. Ancora Hamilton: “Se continuiamo così sarà magari la Ferrari a dominare nei prossimi anni. O forse lo farà la McLaren o la Mercedes tornerà davanti, ma credo che questa non sia la cosa migliore per i tifosi. Non dovremmo avere la possibilità di dominare per più anni, la battaglia per le posizioni di vertice dovrebbe essere più ravvicinata. E invece la Red Bull può dominare anche nelle prossime tre stagioni“. Non fa una piega.
Hamilton “sfida” FIA e Liberty Media
Mondandosi dal tifo, è chiaro che quella di Hamilton è una “battaglia” condotta per il bene della F1 e non un attacco frontale a Red Bull o a Max Verstappen come diversi media hanno lasciato intendere nella ricerca spasmodica di un titolo ad effetto per attirare click a buon mercato: “Max e il suo team hanno fatto un lavoro incredibile e meritano ogni successo. Dal punto di vista dei tifosi, però, credo che nessuno voglia vedere il ciclo che abbiamo già avuto io, Michael Schumacher e Sebastian Vettel.
“Dobbiamo continuare a migliorare per avere una lotta più serrata per il Mondiale – ha proseguito il pilota di Stevenage – Penso che dobbiamo continuare a parlare di come avvicinare le macchine: se sono più vicine, sarà più emozionante per i fan. È bello quando il campionato si combatte sino all’ultima gara. E più squadre partecipano, meglio è”.
Quelle di Hamilton sono parole che stanno facendo discutere e che non tutti avrebbero proferito. Ma, come ha sottolineato Eddie Jordan, Lewis è un personaggio così trasversale da potersi esprimere su temi scottanti senza subirne il contraccolpo. Quella dell’alfiere della Mercedes non è una stilettata a Red Bull, bensì agli organi di governo e di indirizzo della F1: FIA e Liberty Media.
La F1 ha dato un assist alla Red Bull
Ci sono diverse ragioni che spiegano come mai la Red Bull, oggi e forse per qualche anno ancora, non abbia avversari credibili. Facciamo qualche passo indietro. I vertici della F1, per provare a livellare i valori tecnici, hanno introdotto un sistema di pesi e contrappesi regolamentari che non ha perfettamente funzionato. Almeno finora.
Il cost cap (pilastro 1) è stato deliberato nel 2021 insieme al balance of performance tecnico detto anche Aerodynamic Test Regulation (pilastro 2) a cui si è aggiunta poi la rivoluzione regolamentare tecnica (pilastro 3) dell’anno scorso. Elementi che hanno generato una sola, visibile, modifica: cambiare il soggetto dominante ma non la dinamica che conduce al dominio.
Lo schema a tre colonne ha presentato un effetto collaterale molto evidente: bloccare i tentativi di rimonta degli avversari. Anche chi ha più ore di sviluppo garantite dall’ATR deve far fronte ad un’evidenza: cozzare con la mancanza di fondi determinata dal tetto di spesa. Ecco che chi ha lavorato meglio, come Red Bull, resta protetto sotto una campana di vetro regolamentare che mortifica gli altrui sforzi.
Ma c’è un altro elemento che “protegge” il vantaggio del team e di cui, forse, si parla poco: il congelamento normativo delle power unit. Questa è una delle più grandi vittorie politiche ottenute da Chris Horner negli anni scorsi. La mossa di bloccare lo sviluppo delle unità propulsive, nelle intenzioni iniziali, serviva a livellare i valori evitando che i soggetti che volevano e potevano ancora investire, quindi Mercedes, Alpine e Ferrari, potessero aprire un solco clamorosamente grande nei confronti di chi si era fermato in attesa del ritiro formale.
L’effetto ottenuto è stato l’opposto: il singolo si gode il vantaggio acquisito senza che nessuno possa recuperare. Chiaramente le decisioni di cui parliamo non sono state prese con l’intento deliberato di favorire una compagine a scapito delle altre, tant’è che c’è stato l’avallo di tutti i soggetti coinvolti.
La Formula Uno ha capito soltanto con il consolidarsi della prassi che le mosse fatte negli anni precedenti hanno creato il contesto ideale nel quale una realtà abile e preparata come Red Bull si è incuneata per ottenere un vantaggio conclamato e che difficilmente si eroderà da qua al nuovo percorso regolamentare che sarà instaurato nel 2026.
Hamilton, con le sue parole, ha cercato di evidenziare queste tendenze che forse non sono ancora troppo manifeste. O vengono sottaciute dai vertici del motorsport che non vogliono ammettere il flop concettuale sul quale la Formula Uno 2.0 è stata costruita. L’ennesima rivoluzione del quadro normativo che entrerà in vigore nel 2026 servirà anche a correggere il tiro. Almeno si spera…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bul Racing, Mercedes AMG