Non è affatto pratica nuova, anzi. Il termine flexi wings sia aggira all’interno della F1 sin dagli anno 90. L’impostazione teorizzata e poi messa in pratica dagli ingegneri della massima categoria del motorsport è così spiegata: ottenere una sorta di “aerodinamica mobile” giocando di fatto con la flessibilità delle ali. Il concetto che vige alla base ti questo fenomeno è abbastanza semplice, tutto sommato. In sostanza, lavorando nel modo giusto sulla monoposto, ottenere una vettura con molto carico ma che allo stesso tempo sia in grado di produrre un buon livello di efficienza aerodinamica per sviluppare ottime velocità di punta è possibile.
Facendo un esempio pratico nel presente basti pensare a Red Bull. La scuderia di Milton Keynes tramite l’ottima RB19 si avvale di un’efficienza molto elevata rispetto alle altre squadre. Un’arma davvero importante che nell’arco delle gare spesso facilita non poco la ricerca della messa a punto ottimale. Il modo più agevole e diretto per riuscire a tamponare una resistenza all’avanzamento troppo elevata, consiste nella flessione di alcuni componenti, in questo caso le ali anteriori, in modo da ridurre l’area frontale di tale componente quando le velocità si alzano in percorrenza dei lunghi tratti ad alta velocità.
Quando un’auto di Formula Uno si trova in un rettilineo la downforce prodotta non è utile e per di più produce una resistenza che dissipa energia rallentando il moto del veicolo. Non appena la vettura affronta la fase di frenata la spinta verticale generata sull’ala diminuisce e, di conseguenza, i flap tornano ad avere un incidenza maggiore. Per usufruire intelligentemente di tale “scorciatoia” utile a trovare un determinato beneficio legato all’efficienza, le squadre spendono molto tempo per cercare di aggirare i controlli della Federazione Internazionale.
I test statici imposti dalla FIA, infatti, dove varie componenti vengono sottoposte a controlli sul carico, vengono espletati più volte nell’arco di un weekend di F1. I meccanici di una scuderia portano nel garage dedicato ai controlli le proprie vetture dove scatta una sorta di “autoesame”. Questo perchè all’interno di questa area preposta il gruppo di lavoro capeggiato da Nicholas Tombazis non fa presenza. Al contrario prende posto in una stanza dove tramite le telecamere controlla in corretto svolgimento dell’esame (alcuni delegati a volte presidiano il garage lo stesso). Ogni squadra ha 10 minuti di tempo per realizzare il controllo e tramite gli strumenti forniti un massimo di 10 uomini realizza i test.
Durante questa verifica con un certo quantitativo di peso applicato le componenti in questione non devono subire deformazioni. Tuttavia gli anni passano e la storia resta la medesima. Le scuderie trovano sempre il modo per aggirare le regola e le ali, di fatto, continuano a flettersi. Basta osservare gli on board per capirla facilmente. L’unico provvedimento che la Federazione Internazionale ha messo in atto per contrastare questo scenario riguarda l’inasprimento dei controlli aumentando esponenzialmente il carico a cui vengono sottoposti i suddetti “elementi incriminati”.
F1, direttiva TD018: le manovre drastiche della FIA
Soprattutto nella campagna agonistica 2023 abbiano notato come le ali di alcune vetture flettono in maniera significativa traendo non pochi vantaggi tale scenario. Diversi tecnici, secondo le informazioni raccolte dalla nostra redazione, hanno infatti trovato varie modalità per riuscire ancora una volta a usufruire di questo vantaggio aggirando le norme. Ragion per cui, stufa, la Federazione Internazionale ha deciso una volta per tutte di eliminare questo contesto con un ulteriore giro di vite.
Tramite la scesa in campo della direttiva TD018 dal prossima Gran Premio di Singapore, verranno considerati legali solo determinate casistiche. Cerchiamo quindi di capire cosa succederà. Innanzitutto verrà bandito ogni singolo elemento che avrà un movimento relativo nello spazio rispetto alla componente su cui è fissato. In pratica sarà vietato conferire a un elemento un grado di libertà.
Ricordiamo infatti che il regolamento tecnico parla chiaro in tal senso, spiegando come nessuna parte di una monoposto che ha scopi aerodinamici può subire le benchè minime deformazioni e o movimenti. Prospettiva specificata perché, ad esempio per quanto concerne Mercedes, solo una porzione dell’ala anteriore delle frecce nere subivano determinate flessione in rettilineo, mentre le restanti rimanevano fissate al muso.
Dopodiché, all’interno della normativa è stato ulteriormente chiarito come non sarà ammessa in maniera assoluta la rotazione di un elemento attorno alla componente su cui è ancorata. Sappiamo infatti che in molte occasioni i tecnici hanno “giocato” con la rigidità di alcune parti dell’auto come i sostegni che in pratica vanno a collega due componenti.
Nell’immagine possiamo osservare l’ala anteriore della Mercedes W14 e il conseguente divario relativo all’incidenza dei flap a differenti velocità. Tramite l’ultimissimo strumento degli on board risulta più che evidente come evidente il flap dell’ala anteriore si alzi non appena il pilota pigia il pedale del freno e la vettura decelera. In questo caso non sappiamo se stiano facendo ruotare una porzione di ala attorno all’end-plate, ma di fatto è presente un movimento relativo con la zona in rosso che abbiamo definito “fixed” (fissa).
Il terzo metodo regolamentato riguarda l’utilizzo di materiali che possono essere considerati elastici. Anche in questo caso parliamo di tutti quei componenti di collegamento o sostegno. Infine, il quarto punto concerne il cosiddetto “localised cracking“, ovvero il cedimento momentaneo e localizzato di alcune componenti, come ad esempio i bordi d’uscita delle ali.
In questo caso, oltre un certo valore di velocità una porzione dell’elemento “cede” e di riflesso diminuisce la sua l’area frontale. Parliamo di vere e proprie opere di ingegneria in quanto, per mettere in onda scenari del genere, si necessita di un notevole studio sommato a una lunga sperimentazione per ottenere il comportamento voluto, altrimenti si rischia solamente di far cedere irreparabilmente una parte del pezzo in questione.
In ultima istanza, per dare un taglio personale allo scritto possiamo esprimere un’opinione. Il campo è quelle ipotetico, delle congetture per intenderci. A quanto ne sappiamo Mercedes ha lavorato parecchio su questa cosa. I fatti lo dimostrano. Definire con precisione i benefici resta alquanto chimerico e probabilmente gli stessi tecnici di Brackley non sanno quantificar con esattezza la cosa. Anche Red Bull, sempre molto attenta agli “inganni normativi sdoganati”, se così possiamo definirli, ha utilizzato questa pratica.
Per quanto concerne il team di Maranello possiamo dire quasi con certezza che sotto questo punto di vista è rimasta indietro. Fattore che potrebbe farci pensare ad un conseguente beneficio dato dalla direttiva TD018 che andrà di fatto ad eliminare determinati vantaggi, per relativi che siano, a chi è stato bravo a sfruttarli. Tuttavia è totalmente inutile illudersi e pensare che il provvedimento della FIA possa mischiare in qualche modo le carte in tavola. La RB19 resterà la monoposto più efficiente del lotto, mentre Ferrari e soprattutto Mercedes continueranno a pagare un certo gap sulle rette in termini velocistici.
Autori e immagini: Alessandro Arcari – @berrageiz – Niccoló Arnerich –@niccoloarnerich