Red Bull fa quello che vuole. Facciamo un passo indietro però. Immaginate che sia possibile fare un salto indietro al 24 luglio 2022. Ci troviamo nella fase iniziale del Gran Premio di Francia. Charles Leclerc è in testa alla gara in apparente controllo su Max Verstappen. Mentre le telecamere indugiano proprio sull’olandese lo stacco improvviso mostra la F1-75 nelle barriere: il monegasco, al giro 18, nel tentativo di aprire un gap ulteriore prima della sosta ai box, perde il controllo della vettura in curva 11 è dà il via definitivo alla scalata al vertice dell’alfiere della Red Bull.
Alla fine della gara saranno 63 i punti di disavanzo rispetto alla RB18, cosa che dà a tutti la consapevolezza che il campionato è archiviato, chiuso, tombato. Nessuno, però, s’aspettava che da lì in poi la F1 si sarebbe trasformata in un monomarca Red Bull interrotto solo in Brasile dalla sorprendente doppietta Mercedes.
Da luglio 2022 a ieri sono stati disputati 25 gran premi. 24 se li è portati a casa Red Bull, con questa spartizione: 21 Max il cannibale, 3 per Perez. Cosa significa tutto questo? Che a Milton Keynes hanno lavorato meglio degli altri. Considerazione scontata e banale che non vuole togliere merito ad Adrian Newey e agli altri tecnici che hanno definito la vettura forse più dominante della storia della F1.
Red Bull e Verstappen più forti delle regole appiattenti
Ma c’è dell’altro dietro tutto questo. C’è la certificazione del fallimento della Formula 1 voluta da Liberty Media Corporation che si basa sul budget cap, sull’Aerodynamic Test Regulation e su regole tecniche che avrebbero dovuto favorire la chiusura del campo e che invece hanno interrotto una vera convergenza prestazionale, quella alla quale assistemmo nel 2021, per impostare una monotona egemonia che probabilmente sarà incontrastabile nelle prossime otto gare. E chissà se qualche gruppo sarà capace di scalfire l’imperio austriaco nelle prossime due stagioni, quelle che precedono la nuova rivoluzione tecnico-normativa.
Max è dunque arrivato alla decima gara di fila. A riavvolgere il nastro del GP sembra che abbia fatto fatica, ma così non è. Quando si presenta ai microfoni afferma di aver tribolato: “Ci hanno fatto sudare, non è stata una gara semplice. Avevamo un buon passo e abbiamo gestito bene le gomme, ma loro avevano tanta velocità di punta. Era difficilissimo avvicinarsi e cercare di superarli in Curva 1. Ho dovuto costringerlo all’errore e per fortuna Sainz a un certo punto ha avuto un bloccaggio, Io avevo una trazione migliore in curva 2. Lì ho potuto effettuare il sorpasso e poi fare la nostra gara”.
La verità è che l’olandese ha giocato al gatto col topo attendendo che le gomme di Carlos esalassero l’ultimo respiro. Una volta superata la Ferrari, in 4-5 tornate, ha aperto un gap di cinque secondi. Una mazzata che ha mostrato ancora una volta cosa sia la RB19 sul passo gara. Gli undici secondi di distacco a fine gran premio hanno esaltato qualche osservatore che ha sottolineato la distanza relativamente esigua. Falso storico.
Mentre le rosse spingevano per difendersi (vanamente) dal rientro di Sergio Perez, Max gestiva in tutta comodità. Al giro 26, esattamente a metà gara, l’ingegner Gianpiero Lambiase si apre in radio e dice: “Max, questa è la fase in cui bisogna gestire le gomme“. Dopo questo messaggio c’è una lunga serie di indicazioni sulla necessità di incrementare il lift and coast, ossia l’amministrazione della power unit. Gli undici secondi sulle Ferrari si spiegano così, altrimenti sarebbero stati molti di più.
La vittoria del bi-iridato non è mai stata in discussione e lo conferma egli stesso: “Pensare di non vincere? No, ho mantenuto la pazienza. Sapevo che loro faticavano con le gomme, bisognava solo attendere l’opportunità. La macchina è andata alla grande. Ho avuto un problema alla fine, ma avevamo tanto vantaggio e ho potuto alzare il piede”.
Anche Perez, che l’ha fatta abbastanza e forzatamente epica nel racconto post gara, alla fine ha avuto la meglio di entrambe le SF-23: “Era difficile superare, più di quanto pensassimo. Non avevamo tanta velocità di punta, ma uscivamo bene dalla Parabolica, anche se a volte non bastava. A due decimi di distacco c’era la possibilità di attaccare, ma a tre non riuscivo ad avvicinarmi. Per passare Charles e Carlos ho dovuto fare delle follie e quindi ho consumato tanto le gomme. Ho cercato di mettergli pressione, ma lui aveva il DRS da Carlos. Dopo ho lottato tanto con lui e alla fine siamo riusciti a fare una doppietta”.
Red Bull: tra due gare la stagione può andare in archivio
Abbiamo aperto coi numeri, chiudiamo alla stessa maniera. Dando uno sguardo alla classifica vediamo che comanda in scioltezza Max Verstappen con 364 punti. A seguire Perez con 219 e Fernando Alonso con 170. Il che sta a significare che il vantaggio sul primo pilota non Red Bull è di 194 lunghezze. Con otto gare al termine, considerando gli altrettanti giri veloci e le tre sprint race (Qatar, USA e Brasile), i punti in palio, se i conti sono corretti, sono 232. Di questo passo, quindi, domenica 24 settembre, in Giappone, nessun altro pilota oltre a Verstappen e Perez potrebbe giocarsi il titolo iridato.
Una pratica, questa, che si chiuderebbe con sei gare d’anticipo: un trionfo su tutta la linea per Milton keynes, un’onta bruciante per tutti gli altri competitor, Ferrari e Mercedes in primis che hanno addirittura perso terreno in un anno nonostante la penalità comminata alla Red Bull, e una sconfitta inappellabile per gli organi di governo della massima serie che hanno fallito ogni obiettivo minimo aprendo ad un imperio mai visto prima nella storia della F1.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing
Grazie FIA