La cosa più semplice da fare dopo un evento negativo è provare a rimuovere lo stesso. Un meccanismo di autoprotezione piuttosto normale ma che forse non permette di superare le condizioni che hanno generato il fatto indesiderato. In Red Bull, dove il perfezionismo è una filosofia aziendale, quanto è accaduto nel Gran Premio di Singapore non è oggetto di eliminazione consapevole, è invece un fattore da analizzare per uscirne rinforzati e ancora più dominanti di prima.
Messa così la cosa fa paura. Se gli uomini di Milton Keynes, in Giappone, si presentano più consistenti di quanto erano a Monza è un bel problema per chi, nel weekend scorso, ha colto una falla nel sistema sperando che fosse lo spiraglio, o il preludio, del crollo definitivo del solido muro eretto dal capomastro Adrian Newey. Attese molto probabilmente deluse perché Suzuka potrebbe davvero essere il teatro di un altro monologo in salsa austriaca considerando che le caratteristiche della pista sembrano maritarsi alla perfezione con le RB19.
Red Bull sottotono a Marina Bay: perché?
A Marina Bay la vettura blu ha sottoperformato, questo è un dato di fatto incontrovertibile. C’è chi afferma che la cosa sia accaduta a causa della Direttiva Tecnica 018 che ha imposto un giro di vite sulla flessibilità delle appendici aerodinamiche. C’è chi sostiene, invece, che le cause siano da ricercare nel fondo rivisto che avrebbe mandato in confusione i tecnici. Qualcun altro, ancora, ritiene che si sia solo trattato di un weekend no come quello in cui incapparono l’anno scorso nel Gran Premio del Brasile.
Che il tutto possa essere stato frutto di un mix delle tre cose? Assolutamente plausibile. Che l’evento nefasto si presenti come costante nelle ultime gare del 2023? Decisamente improbabile. Una versione dei fatti, chiaramente edulcorata, l’ha data il capo degli ingegneri della Red Bull, Paul Monaghan, che ha affermato che problemi intrinseci ed errori nelle direzione dell’assetto (e perché no anche strategici visto che portare avanti così a lungo il primo stint con gomma hard non ha premiato) hanno portato entrambi i piloti prima a non centrare la Q3 e poi a prodursi in una gara che è stata un’ode alla sofferenza.
L’ingegnere ha fatto mea culpa, un atto di ammissione di responsabilità che da quelle parti pesa più di un macigno, quando ha sottolineato che la squadra non è stata capace di offrire a nessuno dei due piloti una piattaforma abbastanza buona per produrre prestazioni di rilievo. Ciò prima della qualifica. Ma è evidente che i difetti del setup abbiano prodotto effetti anche sulla conduzione della gara.
Il fine settimana della Red Bull è stata una lunga teoria di obiettivi non centrati: entrambe le vetture fuori dalla top 10, la striscia di vittorie interrotta, Max Verstappen coinvolto in tre diverse indagini per impeeding dalle quali si è salvato in maniera misteriosa essendo emerse chiare le sue responsabilità. Segno che non solo le cose tecniche hanno funzionato male, ma anche le questioni prettamente sportive.
Secondo Monaghan è stato lo stesso team ad aggravare alcune situazioni con scelte errate. Dalle valutazioni fatte a caldo – ulteriori se ne stanno facendo in sede mentre si stanno allestendo i box in quel di Suzuka – sono emersi “problemi intrinseci”, per citare il tecnico, che non è stato possibile risolvere durante un weekend di gara.
Red Bull RB19: il nuovo layout di Singapore non ha aiutato
Ciò che ha mandato in tilt i programmi della Red Bull è stato talmente imperscrutabile che lo scafato ingegnere ha riferito che se fosse stato possibile avrebbero riavvolto le lancette al giovedì che ha preceduto la gara per fare l’opposto di quanto è stato fatto. Le modifiche apportate al circuito di Marina Bay hanno influito in qualche misura sulle prestazioni del team?
Le quattro curve abolite in favore di un rettilineo e la riasfaltatura di parte del tracciato, secondo Monaghan, non hanno pesato: “Non penso che possiamo incolpare gli input esterni. Penso che se avesse avuto un impatto su di noi lo avremmo ammesso. Abbiamo commesso alcuni errori e purtroppo dobbiamo rimetterci in carreggiata“.
Monaghan afferma quindi che le modifiche apportate alla pista non hanno sostanzialmente inciso nella preparazione della gara. Ma il nuovo asfalto, l’assenza di quattro curve lente e il fatto che a Silverstone la Pirelli abbia introdotto nuove gomme sono elementi che, sommati gli uni agli altri, hanno forse messo in crisi i sistemi previsionali di Milton Keynes che solitamente sono molto efficienti.
Non si è trattato di una crepa sistemica, di un campanello d’allarme che risuona per il futuro, ma semplicemente di una battuta di arresto in un modello molto solido e proprio per questo capace di generare gli anticorpi per consentire ai campioni del mondo, già venerdì prossimo, di presentarsi in condizioni assolutamente migliori di quelle osservate qualche giorno fa.
Ecco perché tra le fila della Red Bull ritengono che quanto accaduto a Singapore sia una sorta di copia di quanto successe l’anno scorso in Brasile. Anche in quella circostanza i tecnici non seppero adeguarsi a determinate condizioni smarrendo del tutto la strada maestra che fu trovata prontamente nella gara successiva.
Max Verstappen, col solito atteggiamento sfrontato, ha parlato di gran premio sottotono, come di una parentesi che in fondo ha fatto bene alla Formula Uno visto che ha aiutato qualche altro team a vincere una gara. Ma l’obiettivo vero dell’olandese è quello di ritornare ad imporsi sin dal prossimo Gran Premio del Giappone che l’anno scorso aveva offerto dolcissime emozioni. Soprattutto, Red Bull vuole dimostrare al mondo intero che non ha subito alcun effetto dalla Direttiva 018 e dal rafforzamento della 039 sulla flessibilità dei fondi.
Qualcuno, infatti, ha insinuato che il nuovo elemento portato a Marina Bay serviva proprio per rispondere a questo giro di vite. Il fatto che non abbia funzionato in prima battuta, determinando il ritorno alla configurazione precedente, sarebbe un’ammissione indiretta della difficoltà dovuta al nuovo quadro interpretativo. In realtà, secondo fonti interne al team, il vero problema incontrato nello scorso weekend è relativo ad una pista particolarmente sconnessa che ha generato incertezze nel calibrare la giusta altezza da terra del corpo vettura.
Lo ha confermato anche Chris Horner nel commentare l’evento asiatico: “Si è trattato di cose ingegneristiche. So che tutti voi vorreste dare la colpa alla direttiva, ma purtroppo non possiamo nemmeno dare la colpa a questo perché non è stato cambiato un solo componente della nostra vettura. Le caratteristiche del circuito sono diverse e credo che non abbiamo ottimizzato la vettura portandola nella giusta finestra di esercizio per ottenere il massimo”.
Particolari condizioni, quindi, hanno determinato un comportamento anomalo della RB 19 che, per la prima volta in stagione, era poco precisa all’avantreno e soprattutto aveva un posteriore troppo leggero per essere controllato al meglio anche da un fenomeno di sensibilità di guida come Verstappen. Da questo punto di vista, quello nipponico dovrebbe essere un tracciato molto più semplice da interpretare e sul quale vedremo la vettura progettata da Adrian Newey girare alle altezze consone che finora hanno funzionato alla perfezione. Proprio per questo nel clan di anglo-austriaco sono fiduciosi che tutto torni prontamente nella norma.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing