Il Gran Premio del Qatar di F1 non sarà sicuramente inserito da Lewis Hamilton nella lista delle gare da ricordare. L’evento è durato poche centinaia di metri, il tempo di approcciare la prima curva e di lasciarsi ingolosire dalla possibilità di mangiare in un sol boccone sia la vettura del compagno di squadra che la Red Bull di Max Verstappen.
Il sette volte iridato, in virtù di gomme più prestazionali allo start ma che si sarebbero deteriorate ben prima di quelle medie montate sulle vetture rivali, intendeva massimizzare una strategia che dopo la gara avrebbe criticato. L’errore, palese e non nascosto dall’autore, è forse dipeso anche da questa necessità di essere iper aggressivo. Fatto sta che dopo il botto che l’ha fatto fuori dal GP, Hamilton abbia commesso un’altra topica. Un’ingenuità probabilmente figlia della frustrazione e della rabbia.
F1, Hamilton: diritto ad personam?
Lewis ha attraversato la pista contravvenendo al regolamento e mettendo a rischio la sua incolumità e quella dei piloti che si stavano per accodare dietro la safety car immediatamente deliberata dalla direzione gara. Una palese violazione delle più elementari norme di sicurezza che è costata una multa. Fatto che racconta di come gli organi preposti abbiano visto, valutato e agito come il testo di riferimento impone.
Ma potrebbe non essere finita qua. Il fatto, chiuso con tanto di verdetto, potrebbe essere riaperto dallo stesso organo che l’ha archiviato. Singolare, no? Qualcuno ha iniziato a pensare e ripensare all’accaduto arrivando alla conclusione che poco s’era fatto e che di più sarebbe stato necessario produrre. In poche parole: il fatto che il pilota più vincente di sempre e il secondo in griglia per numero di partecipazioni dopo Fernando Alonso abbia commesso una leggerezza di siffatta portata apre alla necessità di ulteriori indagini. Una sorta di diritto ad personam che si applica in base al peso del reo.
Un portavoce della FIA ha ammesso che si sta rivisitando l’episodio dell’attraversamento incauto. Pur riconoscendo che il trentottenne di Stevenage abbia fatto ammenda per l’accaduto sia nell’audizione presso i commissari che dinnanzi alle telecamere delle televisioni accreditate, l’ente regolatore della categoria reputa il fallo così grave, considerando da chi è stato commesso, da contemplare una revisione processuale.
La FIA è preoccupata per l’impatto che le azioni del conducente potrebbero aver creato sui piloti più giovani. Lecita angoscia che però dovrebbe essere compatibile con i limiti sanzionatori previsti dal testo e soprattutto che non dovrebbe essere così differita nel tempo visto che tra cinque giorni le vetture saranno in pista per il Gran Premio degli Stati Uniti e che la gara qatariota si è chiusa esattamente sette giorni or sono.
Rivedere un verdetto già emesso ed eseguito sarebbe una cosa piuttosto singolare. Una novità procedurale che aprirebbe a relativizzazioni sconvenienti, un precedente potenzialmente pericoloso che lederebbe il principio della totale uguaglianza dei soggetti dinanzi alla legge.
L’allusione del messo federale che ha parlato di riapertura della causa sembra suggerire che le regole e le punizioni potrebbero dover essere adattate in base a quali conducenti le commettono. Cosa dobbiamo attenderci per il futuro? Magari una lista delle colpe da espiare in base al numero di titoli vinti? O alle gare disputate? O le pene saranno comminate in virtù dei chilometri percorsi in carriera?
F1: quello della FIA rischia di essere un clamoroso autogol
Considerare i piloti più esposti come modelli passibili di afflizioni più pesanti è un abominio giuridico che non troverebbe giustificazione nell’ordinamento della Formula Uno né in qualsiasi altro regime, fosse anche il capitolato che regge la vita di un condominio di provincia.
Annunciare che si sta rivedendo una decisione, stranamente tempestiva per gli standard a cui siamo abituati, è una mossa molto maldestra da parte di Place de la Concorde. Si tratta di capire se l’ente regolatore del motorsport intenda stabilire nuove procedure in caso di analoghi episodi. Sarebbe comprensibile, ma l’idea della retroattività non dovrebbe nemmeno sfiorare i cervelli dei decisori.
Se il “fattaccio” servirà per inasprire le condanne ben venga, ma se è la base per la classica “pena esemplare” ci sarebbe molto di cui lamentarsi. Per ora la mossa risulta assai maldestra poiché non sta facendo altro che catalizzare l’attenzione su Lewis Hamilton piuttosto che sul problema.
Non dovrebbe essere materia di discussione lo status del reo, ma l’infrazione in sé. L’augurio è che la Federazione Internazionale dell’Automobile non vada ad impelagarsi in un’altra grana autoprodotta. Nessuno ha bisogno di un altro passaggio storico cervellotico in uno sport alla ricerca della normalizzazione ma che troppo spesso ama farsi del male da sé.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG