giovedì, Novembre 14, 2024

F1, wing car: i vincoli normativi che obbligano alla convergenza tecnica

Il ritorno delle auto ad effetto suolo nel 2022 ha segnato l’inizio di una nuova era in F1: il più grande cambiamento regolamentare nella storia della massima categoria del motorsport, ha “costretto” i tecnici dei team a partire da un foglio bianco e disegnare da zero le attuali wing car. Seppure i concetti aerodinamici alla base dell’effetto suolo non fossero certo nuovi, essendo già stati esplorati da Colin Chapman negli anni ’70, gli ingegneri hanno saputo intraprendere strade incredibilmente diverse e contribuire a creare una griglia eterogenea in termini di filosofie aerodinamiche: basti pensare ai tre top team.

Ferrari, Mercedes e Red Bull, di fatti, fecero debuttare in Bahrain tre vetture diversissime per forme e dimensioni. Tuttavia, dopo un anno e mezzo di pista, l’attuale griglia di partenza mostra vetture sempre più simili, tutte convertite sugli stessi filoni aerodinamici, rendendo le auto distinguibili solo da alcuni particolari e ovviamente dalle differenti power unit. Ci si chiede allora a cosa è dovuta questa convergenza di soluzioni.

F1 Ferrari
Max Verstappen (Oracle Red Bull Racing) – Gp Singapore 2023

Senza dubbio in F1 esiste una naturale tendenza a prendere spunto da chi ha realizzato al meglio il proprio lavoro. D’altronde non potrebbe essere altrimenti. Senza contare che, a quanto sembra, l’attuale corpo normativo vigente fornisce un’unica via percorribile per sbloccare determinati livelli di competitività. Tuttavia potrebbero esserci altri fattori che hanno contribuito a questa “monotonia ideologica” Cerchiamo di scoprirli insieme.


F1, wing car: la cronistoria tecnica dell’unica impostazione fattuale

F1, marzo 2022, “nascono” le auto a effetto suolo e si distinguono inizialmente tre principali filosofie. La Ferrari presenta le cosiddette “vasche di pesci”, parliamo di vere e proprie pance deportanti utili a estrarre l’aria calda derivante dall’interno e incanalarla verso il retrotreno. Un concetto che pareva fattuale ma che in pochi mesi è parso poco futuribile plafonando le prestazioni in termini di potenziale. Mercedes ha stupito ancora di più presentando un’auto dall’impostazione slim: il così detto progetto “zero pod”, senza dubbio la via più ambiziosa e coraggiosa.

Ma sebbene sulla carta i riscontri erano mirabolanti, in pista la W13 si rivela un perfetto “disastro tecnico”. Una vettura con un carico al posteriore insufficiente e al medesimo tempo sensibilissima al porpoising. C’è poi la Red Bull RB18. Una vettura, quella disegnata dal mago dell’aerodinamica Adrian Newey, che sin dalla prima gara della passata stagione si presenta con le pance spioventi, che accompagnano dolcemente il flusso d’aria verso il retrotreno.

La vettura di Milton Keynes non ha eguali per efficienza aerodinamica e velocità di punta. Il risultato di tutto ciò è assai strabiliante: con il passare dei Gran Premi, infatti, la scuderai austriaca raggiunge un equilibrio tecnico che li rende imbattuti da Brasile 2022 sino a settembre di quest’anno, quando Carlos Sainz interrompe la tremenda egemonia durata quasi un anno solare con l’unica vittoria messa assieme quest’anno dalla deludente Ferrari SF-23.

F1 Ferrari
Carlos Sainz (Scuderia Ferrari) vince il Gran Premio di Singapore edizione 2023

Un dominio così netto non può far altro che convincere ogni singolo ingegnere che “abita” il paddock. Un’impostazione tecnica verso la quale, nella campagna agonistica 2023, tutti hanno speso tempo e denaro considerandola l’unica strada percorribile per continuare a sviluppare e migliorare a livello di rendimento le wing car. Per questo non stupisce affatto che i vari pacchetti di aggiornamenti proposti richiamino i concetti partoriti dalla mente del “geniaccio” di Stratford-upon-Avon. La prima ad adattarsi è stata Aston Martin, che a Barcellona 2022 ha introdotto un importante update richiamando le pance spioventi in stile Red Bull.

Più avanti, a Silverstone, Alpine e Williams hanno introdotto novità simili, con la squadra inglese che non ci ha pensato due volte a tradire il concetto “zero pod” partorito dal proprio fornitore di motori Mercedes. Passano le gare e a Singapore la McLaren rivoluziona quella che ormai è nota come la zona nevralgica della vetture a effetto suolo, con le pance che risultano una sorta di fac-simile della RB19. Quando prende il via il mondiale corrente, malgrado team come l’Alfa Romeo si convertano alle scelte vincenti di Newey, altre scuderie quali Ferrari e Mercedes restano sulle proprie idee di base, convinte che in qualche modo potessero far funzionare tali impostazioni e magari colmare il gap sulla mirabolante Red Bull.

Tuttavia, otto appuntamenti iridati dopo, pure loro si allineano al resto della griglia con soluzioni ad-hoc, temporanee, che fanno da precursori a ciò che verosimilmente vedremo l’anno prossimo. Con l’ingente pacchetto di aggiornamenti portato dalla scuderia Haas in quel di Austin, “cade” anche l’ultima scuderia a distinguersi dalla massa, in quanto presentava ancora le famose vasche in stile F1-75 oramai abbandonate verso concetti decisamente più fattuali.


F1, wing car: quando le regole spingono verso una determinata impostazione

Non era questo sicuramente l’intento dei regolamenti in merito alle vetture a effetto suolo. Un corpo normativo concepito sulla base di volumi ben definiti, all’interno dei quali i team godevano di libertà assoluta nel progettare quello che volevano. Gli unici vincoli erano ovviamente legati alle dimensioni, ingombri e resistenze strutturali legate a motivi di sicurezza. Nonostante questo, la stragrande maggioranza dei progettisti hanno deciso di guardarsi attorno anziché rimanere chini sul tavolo da disegno. E come biasimarli, d’altronde.

Copiare in F1 è una prassi esistente sin dalla notte dei tempi. Chiunque prenda spunto da chi vince e a turno diverse squadre hanno fatto scuola al resto della griglia. Quello attuale è il momento d’oro della Red Bull che conta un organico di fama mondiale, tanto che chiunque all’interno della factory a Milton Keynes viene messo nelle condizioni di esprimersi al meglio. Sarebbe però riduttivo affermare che le monoposto 2023 si assomiglino sempre più solo per questo.

F1 Ferrari
Charles Leclerc (Scuderia Ferrari) in azione con la sua SF-23 – stagione 2023

Innanzitutto copiare presuppone ammirare da vicino le tecnologie, in quanto da regolamento non è consentita la migrazione di informazioni tecniche, in teoria. A tal proposito tutte le squadre assumono “fotografi spia”, ma vi è un limite oggettivo al catturare i segreti altrui, dovuto al fatto che la auto ferme si possono ammirare solo dopo qualifiche e gara. Ma soprattutto è richiesta una comprensione approfondita del funzionamento sui vari componenti e una grande capacità di adattare i concetti appresi alla propria monoposto. Processi che richiedono mesi.

Un’altra argomentazione, più tecnica e meno speculativa, riguarda le direttive tecniche emanate a stagione in corso che seppure involontariamente hanno condizionato lo sviluppo. Una su tutte è la TD039 risalente a luglio dell’anno scorso. In breve, chi si trovava al di sopra di un tetto massimo relativo alle oscillazioni aerodinamiche riconducibili al porpoising, era di fatto costretto a sollevare la macchina da terra. Aspetto che ha portato molti team, Ferrari su tutti, a rivedere il proprio progetto, cercando di renderlo il meno sensibile possibile a tali variazioni di “ride height”.

La RB18, oltre che dominante a livello cronometrico, soffriva meno di tutti i saltellamenti aerodinamici. Con il tempo abbiamo capito che la vettura austriaca proponeva un fondo capace di funzionare a diverse altezze da terra. E’ logico, pertanto, pensare che molte squadre abbiano cercato di mettersi nella stessa condizione anche se significava riprogettare l’intera (o quasi) aerodinamica della macchina. Infine c’è un altro aspetto che merita una menzione speciale, collante alle varie ipotesi avanzate in quest’articolo: il budget cap.

F1 Ferrari
Stefano Domenicali, presidente e amministratore delegato del Formula One Group

Il tetto alle spese imposto dalla Federazione Internazionale ha costretto le squadre a minimizzare gli sforzi e massimizzarne gli effetti. Un fatto che, inevitabilmente, ha influito su tutto ciò che riguarda l’iter di sviluppo di una monoposto di F1. Pertanto si decide ormai di percorrere la via meno rischiosa e più remunerativa, che il 99.9% delle volte coincide con il copiare chi lo sport sta dominando. Era solo una questione di tempo, ad esempio, prima che la Mercedes decidesse di abbandonate il proprio concetto per rifarsi a forme ormai ben note. Idem Ferrari.

Seppur lo strumento finanziario abbia assicurato la sopravvivenza di team minori come Haas e Williams, ha tarpato altresì le ali della fantasia degli ingegneri, forzandoli a un grigio e monotono lavoro di copia e incolla. E’ forse questo il vero motivo per cui si sta lentamente virando verso una F1 monomarca, perlomeno dal punto di vista telaistico-aerodinamico. A questo punto, in attesa della rivoluzione 2026, attendiamoci un biennio di corse con auto noiosamente somiglianti.


Autore: Andrea Mauri – howf1works

Immagini: Scuderia Ferrari

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