Normalmente un team bi-campione del mondo viene percepito come una realtà felice, un luogo in cui tutto funziona alla perfezione e nel quale ognuno è messo nelle condizioni di dare il meglio di sé. Negli ultimi tempi, dalla Red Bull, emergono dinamiche che contrastano con questa concezione di placidità. Voci reali o spifferi ingigantiti ad arte per destabilizzare i più bravi della classe?
Red Bull: i piloti provano a spegnere due potenziali incendi
In medio stat virtus ricorda la scolastica medievale. Qualcosa di non proprio “lineare” sta accadendo a Milton Keynes. I fronti sono due: uno riguarda la presunta lotta di potere che vede coinvolti Helmut Marko e Christian Horner, l’altro è il futuro di Sergio Perez che secondo qualcuno avrebbe le ore contate.
Per quanto attiene il primo punto, sintetizzando, le cose stanno più o meno così: dopo la morte di Dietrich Mateschitz è scoppiata una lotta di potere interna. Ricordiamo che Red Bull è un’azienda dalle due anime: quella austriaca, da un lato, quella thailandese dall’altro. L’uomo d’affari di Sankt Marein im Mürztal aveva lasciato la gestione al figlio Mark, ma questa decisione è stata nei fatti impugnata dagli azionisti asiatici che sono vicini a Chris Horner. I Mateschitz, di contro, hanno in Helmut Marko il loro uomo forte.
Da qualche tempo l’ala Horner ha preso più spazio nei team di F1 tanto da apporre il controllo anche in AlphaTauri con la nomina di Peter Bayer nel ruolo di CEO dell’equipe faentina. Un processo lento ma inesorabile che è stato anche alla base della rottura con Porsche. Gli austriaci spingevano per un legame forte con la casa tedesca, i thailandesi, capeggiati dal team principal, premevano per una maggiore autonomia. Da qui l’accordo con Ford che garantisce il prosieguo dell’avventura del reparto powertrains di Milton Keynes senza sottostare a imposizioni esterne.
Marko sarebbe stato dunque marginalizzato ma Max Verstappen ne avrebbe preso le parti legando il suo destino alla presenza dell’ottantenne di Graz che l’altro giorno, in maniera allusiva, qualche mezzo riferimento piccato alla vicenda l’ha fatto. Ieri, in conferenza, l’olandese è tornato su questa presunta aria di guerra che tira nel team facendo da pompiere.
“Dall’esterno le persone parlano di noi. L’umore nel team è molto molto buono e tutti sanno esattamente qual è il loro ruolo. Naturalmente, l’anno scorso, è stato un momento triste quando Dietrich è morto. Ma abbiamo cercato di mantenere quell’eredità, di portarla avanti e tutti quelli che abbiamo in questo momento nella squadra sono importanti per il successo che stiamo avendo. Questo è il motivo per cui non ci sono cambiamenti per il futuro“. Queste le osservazioni del campione del mondo che mitigano momentaneamente il chiacchiericcio.
L’altro nervo scoperto è quello che riguarda il futuro di Sergio Perez. Nonostante un vincolo contrattuale apparentemente solido si dice che i cinque gran premi rimanenti rappresentino una sorta di ultimatum per il messicano: se fa male verrebbe sostituito. E qui si riapre la tensione tra Marko e Horner. Quest’ultimo spingerebbe per Ricciardo anche se le sue prestazioni e l’infortunio avuto in Olanda non danno certezze; l’austriaco punterebbe invece su un pilota dello junior team. Forse quel Liam Lawson che tanto bene ha fatto in sostituzione dell’ex McLaren.
Perez, dal canto suo, sembra restare impassibile mentre la casa intorno produce scricchiolii sinistri e roboanti. “Non mi resta che ridere, non c’è niente che io possa fare per fermare la diffusione delle voci. Sono completamente concentrato sul mio lavoro. La mia stagione è questa: qualcuno dice qualcosa su di me e poi all’improvviso diventa vero. Ho un contratto per il prossimo anno. Non ho motivo di non adempiervi. Darò il meglio di me”.
“Ho preso un impegno ma, soprattutto, non sarà il mio ultimo contratto in F1. Sono con la Red Bull e voglio rimanere con loro e, ovviamente, deve funzionare per entrambe le parti”. Qualche apertura su un passaggio ad un’altra scuderia si legge ben chiara. “Al momento – ha proseguito il driver di Guadalajara – mi sto solo divertendo. Amo la sfida e, a 33 anni, penso di avere altri buone stagioni davanti a me. Come atleta, vuoi massimizzare la tua carriera. Questo per me è importante, e questo è il mio obiettivo”.
Nonostante Sergio abbia lasciato qualche spiraglio per una exit strategy, quando gli è stato chiesto se fosse sicuro che sarebbe stato ancora con la Red Bull il prossimo anno ha risposto con certezza estrema: “Sì, al 100%“. Insomma, sulla scia di quanto sta accadendo in questi giorni nel sodalizio anglo-austriaco, non emerge una linea coerente con dichiarazioni che mettono in discussione quelle rese poco prima dagli stessi soggetti.
I protagonisti minimizzano, ma delle tensioni in Red Bull esistono e si possono intravedere dalla necessità di tornare su certe questioni per provare a tenerle a bada. Il team deve ricompattarsi perché queste crepe, sicuramente ingigantite da una stampa che fa da amplificatore (processo normalissimo, nessuno si scandalizzi), alla lunga possono davvero destabilizzare e rischiare di far inceppare un orologio perfetto. La concorrenza, osservando dall’esterno, spera e si aggrappa a queste non sane dinamiche interne.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing