Due anni a fare da locomotiva tecnica, due stagioni a scrivere record su record. Si tratta di un’espressione abusata, ma in questo caso perfettamente fotografante: Red Bull, nella “F1 2.0”, ha fatto categoria a sé. In molti gran premi è stato così manifesto che le vetture anglo-austriache avessero un tale vantaggio in termini di prestazioni che le altre monoposto sembravano appartenere ad una serie meno tecnologicamente avanzata.
A nulla sono serviti i vincoli finanziari e il sistema dell’Aerodynamic Test Regulation che penalizza i più bravi con meno ore di sviluppo a disposizione. Ancora, a niente è servita la penalità che ha ulteriormente assottigliato le ore di lavoro in galleria del vento e i “gettoni” CFD: loro sono rimasti lì, imperterriti e inscalfibili, a dettare legge ad una concorrenza intontita ed incapace di reagire.
Red Bull abituata a correre da sola
Due mondiali in cui Max Verstappen e la sua equipe si sono abituati, salvo sempre più sporadiche circostanze, a stare da soli. Quante gare si sono svolte con il copione partenza, fuga solitaria, vittoria? Vivere costantemente in una data condizione rischia di generare assuefazione. Ci si abitua a considerare come scontato quel contesto tanto da farlo divenire lo standard operativo.
Se in Red Bull hanno pensato questo per qualche periodo ora iniziano a capire che l’intelaiatura creata asse dopo asse, vite dopo vite, potrebbe non bastare più per garantirsi a lungo un vantaggio meritatamente acquisito ma che, in F1, è destinato a morire sotto le mazzate degli organi di controllo che vogliono limitare le distanze e a causa della capacità di recupero di avversari agguerriti e tecnicamente preparati.
Nel 2023 la forbice prestazionale tra i team più strutturati si è allargata. Ferrari e Mercedes si sono allontanate dalla Red Bull smarrendosi nei rispettivi concept prima di avvedersi, abbastanza duramente, che la strada seguita era sostanzialmente errata visto che ha mandato le due vetture in un un punto morto. Da qui la necessità di una sterzata filosofica molto appariscente sulla W14 che ha abbandonato le sue forme compatte ma che c’è stata anche sulla SF-23 che, gradualmente, ha iniziato a dirigersi verso i principi postulati da Adrian Newey che sono quelli che meglio si sposano con il quadro regolamentare vigente.
Un cammino apparso subito difficile visto che i risultati non sono arrivati immediatamente e che servirà lavorare più a fondo per presentarsi, probabilmente nel 2024, con macchine più radicalmente modificate. Chi invece è stato più efficace nella sterzata tecnica è la McLaren che i principi emersi già sulla RB18 li ha iniziati a seguire dall’anno passato arrivando, in Austria, con un pacchetto massiccio di update, a trovare il bandolo della matassa con un vettura che non ha fatto altro che crescere diventando la seconda forza in griglia, anche se la classifica dice altro a causa del ritardo accumulato nella prima fase del mondiale.
Red Bull: Helmut Marko mette in guardia dal ritorno della McLaren
La crescita della franchigia di Woking non è passata inosservata. A Milton Keynes hanno le antenne ben drizzate e hanno iniziato ad annusare il pericolo. La McLaren, con la sua capacità di recupero in corso d’opera nonostante i tanti lacci regolamentari che frenano certi slanci, è una realtà che inizia a spaventare in ottica 2024.
Il super consulente austriaco ha osservato come il sodalizio di Zak Brown sapientemente diretto da Andrea Stella è riuscito a recuperare terreno grazie alle ultime novità introdotte dal Gp d’Austria in poi. Con l’ultimo step, Oscar Piastri e Lando Norris sono diventati assoluti protagonisti nelle ultime trasferte di Suzuka e Losail. Tanto che l’australiano è stato in grado di prendersi la pole e la vittoria del sabato sprint del Qatar.
In Red Bull hanno capito che non ci si può cullare sui trionfi e che bisogna ulteriormente accelerare durante la prossima pausa invernale. “Sono i nostri inseguitori più consistenti e continuano a guadagnare terreno. Stanno lavorando molto bene e tutto questo, nel 2024, potrebbe trasformarsi in una dura battaglia per il vertice. Non nascondo un certo grado di preoccupazione”, ha affermato un Helmut Marko quanto mai realista.
Ciò che genera qualche timore tra le fila ben serrate dei campioni del mondo in carica non è solo ciò che McLaren sta facendo in pista, ma quello che fa in fabbrica. Le prestazioni della MCL60 sono la classica punta dell’iceberg. Sotto il pelo dell’acqua c’è una struttura enorme, quella di Woking, che va sviluppandosi con strumenti, inedite tecnologie e risorse umane sempre più dotate di competenze specifiche.
La galleria del vento ha preso a funzionare a pieno regime consentendo l’affrancamento da quella della Toyota di Colonia che, seppur valida, aveva il difetto di essere eccessivamente lontana e meno interconnessa coi sistemi d’analisi del team. Ora l’impianto è integrato nella storica sede della Contea del Surrey, cosa che dà vantaggi logistici e progettuali non di poco conto.
Ancora, McLaren ha definitivamente assestato il suo comparto tecnico con acquisizioni di un certo rilievo. Dalla Ferrari è arrivato David Sanchez e proprio alla Red Bull è stato strappato Rob Marshall che, dopo un fisiologico periodo di gardening, prenderà possesso dei suoi uffici a Woking il primo gennaio 2024 portando con sé la metodologia che ha consentito agli austriaci di aprire un nuovo ciclo di dominio dopo quello 2010-2013. Chissà che non sia proprio l’ascesa della McLaren, più che il ritorno della Ferrari e della Mercedes, ha spezzare la nuova era egemonica Red Bull…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, McLaren