Il budget cap si è reso necessario in F1 per appiattire il rendimento e limare la distanza tra i team di testa e il resto della grigia. La balla colossale di questa prima frase dell’articolo era l’idea di fondo della FIA, corpo regolatore che spesso “si diverte” a realizzare buchi nell’acqua. Senza dubbio ci credeva. Ha pure preso spunto da altre categorie minori. Tuttavia, in tal senso, il tetto delle spese ha avuto un impatto pari a zero. Nulla, in pratica. Fosse solo questo, però.
Sì, perché il limite sui costi di una scuderia della massima serie ha prodotto altre questioni. Una su tutte, la più tediosa, l’impossibilità di effettuare un recupero durante la stagione. In pratica: se una squadra mette a segno un gran colpo forgiando un’auto superiore al resto dei competitor, limare il delta prestazionale verso la vettura in questione risulta impossibile. Oltre al poco tempo disponibile, infatti, gli emolumenti stanziati per tentare la rimonta sono insufficienti.
E allora c’è sempre chi prova a fare il furbo. D’altronde si tratta di una pratica che risiede nella natura dell’uomo. Trovare la scappatoia per spendere di più senza farsi beccare, ovviamente. Red Bull ci ha provato ma è stata colta in fallo. Ciononostante, la punizione non è parsa affatto cruenta. Parliamo di un “buffetto” da parte della Federazione Internazionale che peraltro non ha pregiudicato la stagione dove il “reato” è stato commesso.
Tralasciando il mero passato commentiamo l’attualità. Un budget cap che in F1 presenta una severità maggiore nei controlli per evitare appunto le furberie suddette. Potrebbe essere altrimenti? Nossignore. Eppure, chi si lamenta della fiscalità eccessiva in questa operazione, curiosamente è proprio chi ha infranto la legge. E nonostante l’abbia fatta praticamente franca si arroga il diritto di lamentela. Tutto molto bello, insomma.
F1, budget cap: la “strepitosa” visione mediatica della Red bull
“L’ultimo controllo sul limite imposto relativo ai costi in F1 è paragonabile a una colonscopia completa“. Il capo della Red Bull, al secolo Mr. Christian Horner da Leamington Spa, Regno Unito, ha pensato bene di paragonare il livello di controllo a un esame rettale. Una verifica fiscale, dunque, dove la FIA introducendosi “dall’occhio celato” delle squadre ha messo in atto un controllo a tappeto. Che simpatico il nostro Spice Boy, se non fosse altro che frignare per un provvedimento partorito in seguito a un proprio sbaglio pare al quanto ridicolo, per non dire totalmente inopportuno.
E non si tratta di morale, parola che sappiamo non esistere nel mondo della F1. È più una questione di coerenza e poco imbarazzo che Christian mostra a suo piacimento, non solo in questa circostanza. Ma, d’altra parte se nessuno gli ha mai fatto presente che determinate cose sarebbe meglio tenerle per sé, nulla di diverso può accadere. Oltre alla frase in neretto di cui sopra, Horner ha voluto commentare le risultanze della “punizione” inflitta.
L’inglese ha chiamato in ballo la fortuna nell’aver forgiato una vettura dominante, la RB19, così da poter dedicare gran parte degli sforzi verso l’auto del prossimo anno. Questo, considerando le limitazioni subite a seguito delle violazioni delle norme che hanno ridotto il lavoro tra galleria del vento e tempo di sviluppo tramite la fluidodinamica computazionale (CFD). In sostanza, il “nostro” sottolinea come le sanzioni non abbiano minimamente influito su passato, presente e non lo faranno nemmeno nel prossimo futuro.
Non sta certo a noi giudicare le azioni intraprese dalla Federazione Internazionale. Le persone adatte a farlo, le stesse che hanno comminato la condanna, hanno tutta la preparazione necessaria per farlo al meglio… si spera. Tuttavia, questa tracotanza boriosa che ancora una volta prende forma dalla bocca Red Bull irrita non poco. E soprattutto sottolinea un fatto evidente: a chi vince in F1, solitamente, tutto o quasi è concesso.
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Oracle Red Bull Racing