Tecnica e spettacolo, due mondi che la F1 prova a conciliare ma che spesso non trovano una sintesi con uno che va a soverchiare l’altro. Questa tendenza si è rafforzata negli ultimi anni, ossia da quando Liberty Media ha preso in mano le redini della categoria. Lo show che diventa il motore trainante e che va a condizionare le scelte regolamentari nell’ambito sportivo, tecnico e gestionale.
Proprio per seguire lo spettacolo e la capacità di generare profitti, l’asse della F1 si sta via via spostando verso il Medioriente e gli Stati Uniti d’America, bacini d’utenza smisurati che hanno un’altra grande dote: poter sborsare cifre laute per accogliere il Circus su piste che rispondono celermente ai desiderata della proprietà americana.
L’opposto di quanto accade in Europa che vede molti promoter operare in base ad un solida spending review che limita i margini di manovra. Ed è così che, lentamente ma inesorabilmente, il Vecchio Continente è sempre meno il cuore pulsante della serie.
L’inarrestabile mutazione della F1
La Formula Uno sta cambiando pelle in un processo piuttosto veloce. Per supportare le esigenze principe, lo spettacolo, sono state applicate delle riforme profonde che vanno dall’introduzione della sprint race all’applicazione di un tetto di spesa passando per una rivoluzione tecnica che ha introdotto le wing car. Ma il processo non si ferma qua visto che siamo alle porte di un’altra infornata di novità attesa per il 2026 che toccherà la sfera tecnica e quella motoristica.
Su questo specifico ambito ricordiamo che i propulsori subiranno una semplificazione concettuale con l’MGU-K che rimarrà l’unico motogeneratore elettrico stante il ban dell’MGU-H. La quota elettrica triplicherà: da 120 kw si schizzerà a ben 350. Tutto il recupero energetico sarà sulle spalle dell’MGU-K. L’Internal Combustion Engine dovrà adattarsi a queste novità e inoltre sarà alimentato da una miscela sostenibile al 100%. Questo in un quadro estremamente sintetico di ciò che sarà.
La F1 ha messo la riduzione dei pesi in cima alle sue priorità poiché vuole proporre auto più divertenti da guidare e che, per l’appunto, sappiano offrire duelli più spettacolari. Vetture che dovranno essere anche più semplici e più compatte. In tal senso le trasmissione dovrebbe avere solo sei marce, il che significa meno ingranaggi e ingombri ridotti. La larghezza delle monoposto scenderà da 200 a 190 centimetri, il passo da 360 a 340 cm o addirittura 330.
Meno massa porta a superfici alari più piccole. Si stima che vi sarà un calo del 40% della downforce. Ma bisogna andarci coi piedi di piombo perché è nota la capacità degli ingegneri di trovare punti di carico compensando le limitazioni del legislatore in un lasso temporale relativamente piccolo. In ogni caso l’obiettivo è quello di ridurre ulteriormente il drag anche grazie all’aerodinamica attiva.
Questa soluzione consentirà di sviluppare velocità di punta più elevate che portano ad un delta maggiore alle staccate visto che in curva si procederà più lentamente. Tutto a vantaggio dei sorpassi che potrebbero, finalmente, non giovarsi più del DRS concepito così come è oggi.
F1: piloti pedine di un gioco più grande
I piloti cosa ne pensano di questo? Come spesso accade non sono coinvolti nel processo decisionale avendo dovuto subire delle scelte più che contribuire alla loro definizione. Verstappen, uno il cui parere dovrebbe avere un certo peso, si è platealmente scagliato contro le nuove PU: “Se vai a tavoletta sul rettilineo di Monza devi scalare le marce perché così si può andare più veloce. Mi sembra che si vada verso un’altra formula motore: chi avrà la power unit migliore avrà un gran vantaggio e questo porterà ad un’escalation dei costi alla ricerca di qualche cavallo in più”.
Max, insieme ai colleghi, non si era detto entusiasta nemmeno delle modifiche operate al formato delle gare. Le critiche alla Sprint Race da parte dell’olandese sono state spesso feroci: “Ogni volta che le disputo, l’obiettivo è sempre non subire danni e assicurarsi di rimanere nei primi tre. L’unico lato emozionante è avere una partenza in più. Ma, alla fine, solo chi si trova dietro può risalire perché usando un solo treno di gomme che dura per un intero stint non succede molto“.
A proposito di gomme, il tre volte iridato non aveva fatto i salti di gioia nemmeno quando la FIA, per ragioni di sicurezza, in Qatar, aveva imposto più fermate. Espediente che per qualcuno rappresenta uno standard nel futuro: “Tre soste obbligatorie? Mi piacerebbe spingere il più possibile, ma senza dover fare così tanti pit stop. Disegniamo le macchine per andare forte, per essere efficienti sulle gomme. Non abbiamo potuto utilizzare questo, anche se è il nostro punto di forza, perché ci è stato imposto il numero di fermate. Ma vedremo cosa si può migliorare per il futuro”….
L’olandese non ha promosso la “formula gestione” augurandosi un ritorno ad una Formula Uno più pura e meno manageriale. Un po’ l’auspicio di tutte le parti in causa che però non incontra la visione strategica di Liberty Media che mette in cima agli interessi interni la facoltà di aumentare costantemente il gettito per stabilizzare ulteriormente un business che dopo la crisi pandemica è in costante crescita.
In questo macro quadro si incastra l’introduzione del Gran Premio di Las Vegas che è il manifesto programmatico di Liberty Media. Il 16 novembre il Circus sarà di scena tra i casinò. La sensazione, che ha più di una conferma, è che di tutto si parlerà in questo avvicinamento fuorché questioni tecniche. Come mai? Perché c’è poco da commentare sulla cosa. Il tracciato è un contenitore bellissimo al cui interno c’è pochissimo.
“Penso che corriamo lì più per lo spettacolo che per la gara in sé, se si considera il layout”, ha tuonato Max Verstappen dopo il triple header che l’ha visto mattatore indiscusso. “In realtà non sono molto interessato. Credo che ci sia una differenza tra questo evento e il Gp di Monaco, perché Montecarlo è un luogo a sé e ha una grande storia. In aggiunta tutti i piloti sognano di correre nel principato almeno una volta, quindi non si possono fare paragoni”.
Parere condiviso anche da altri colleghi che hanno evidenziato che quello che sorge in Nevada è un circuito piuttosto semplice in termini di disegno che non offre sfide di rilievo ed è facile da assimilare. Forse l’unico aspetto sfidante è la necessità di avere un avantreno solido combinato alla ruvidità dell’asfalto che presenta anche delle asperità che ad Austin e in Brasile hanno mietuto qualche vittima illustre.
La pista dovrebbe offrire molte possibilità di sorpasso grazie a rettilinei enormi e al fatto che è facile stare raccolti all’ultima curva che apre su un tratto dritto molto lungo. Un layout che sintetizza la filosofia globale di Liberty Media: tecnica modesta per grande resa spettacolare. Cosa che piace a una fetta di pubblico, ma di certo va di traverso ai piloti. Come tante altre cose che si vedono ultimamente in F1…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Las Vegas, Scuderia Ferrari, Oracle Red Bull Racing