Come si crea un team di F1 vincente? Domanda di una portata talmente grande che non può esistere una risposta davvero esaustiva. Sono tante e tali le variabili che intercorrono nella costruzione di una squadra che sappia imporsi che sarebbe un esercizio troppo arduo – e forse tedioso – elencarle in maniera fredda ed asettica. Soldi, organizzazione e competenze sono comunque da ritenersi lo “starter pack” necessario per scalare i gradini che portano al successo.
Se, osservando dall’esterno la Red Bull, dovessimo individuare un elemento preponderante sugli altri nella strutturazione del team con relativo consolidamento al vertice della categoria, di certo dovremmo focalizzarci sul comparto aerodinamico. Sono Adrian Newey e il suo staff ad aver gettato le basi del successo e soprattutto ad aver tenuto la barra dritta anche quando la tempesta infuriava.
Sì, perché a Milton Keynes le acque non sempre sono state calme. Ci sono stati giorni tumultuosi quando si rischiava di non avere un motore valido dopo l’addio alla Renault. In questo contesto è emerso un altro aspetto decisivo: la lungimiranza e la visione strategica di lungo periodo. Christian Horner e i suoi hanno visto in Honda un potenziale partner di successo e hanno costruito un cammino di sviluppo reso possibile grazie alla controllata AlphaTauri che ha lavorato da vera e propria cavia per creare quelle condizioni che hanno portato la squadra austriaca a spezzare il dominio Mercedes. Dopo otto stagioni e per due anni consecutivi.
F1: Red Bull programma le vittorie future
Nell’era della Formula Uno “virtuale”, quella sbilanciata sull’aspetto simulativo piuttosto che sui test in pista, la chiave del successo è l’elevato livello di correlazione tra analisi computazionali e dati scaturenti dalle prove fisiche. Le discrepanze che possono normalmente esistere seguono uno schema logico e ciò consente di superarle risparmiando molto tempo e denaro. Progetti e successive evoluzioni che possono dispiegarsi in un quadro operativo sempre efficace, votato alla minimizzazione dei problemi.
Questa evidenza spiega anche come e perché in Red Bull riescano a superare i limiti di una galleria del vento, quella di Bedford, vecchia, poco efficiente e lenta nell’andare a regime. Il wind tunnel, quindi, non è più uno strumento di ricerca ma una sorta di mezzo di controllo qualità di un concetto teorizzato altrove.
Grazie alla sagacia di Newey e degli altri ingegneri, Red Bull porta in galleria pezzi già molto efficaci e “sgrossati” da un punto di vista aerodinamico. Ma, nonostante ciò e sebbene la F1 potrebbe bandire gli impianti dal 2030, la franchigia che fu di Mateschitz sta mettendo su un nuovo impianto per esaltare ancora di più questo modello che rischia di diventare imbattibile per la concorrenza.
Si pensi che Mercedes, l’equipe che ha dominato in lungo e in largo nei primi sette anni e mezzo di contesto turbo-ibrido, è incappata in due annate negative anche perché la correlazione pista – CFD non ha funzionato. Ma anche perché non sono stati in grado di prevedere il porposing. Cosa che Newey ha fatto usando quindi la galleria per far evolvere il progetto RB18 e consolidarne le virtù con la RB19 dei record che è nata sotto la scure della penalità imposta dalla FIA per lo sforamento del budget cap.
Red Bull non intende fermarsi e punta a crescere ancora ben sapendo che un impianto molto vecchio, alla lunga, rischia di condizionare l’azione del team che dal 2026 dovrà affrontare un’altra rivoluzione tecnica senza affidarsi al supporto di un motorista esterno. La filosofia è chiara: farsi tutto in casa ed avere ogni dettaglio “a portata di mano”.
Per tale ragione l’unità di progettazione, la galleria del vento, il quartier generale del team, la fabbrica di automobili e il reparto powertrain dovevano rimanere tutti nello stesso perimetro aziendale. Cosa che forse non sarà possibile fare con il wind tunnel visto che, stando ad indiscrezioni che giungono dall’Inghilterra, dal giornalista Sam Collins per la precisione, sarebbe stata ritirata la domanda per la creazione dell’impianto nei capannoni di Milton Keynes.
Non che non se ne faccia più nulla, la scuderia anglo-austriaca avrebbe semplicemente individuato una soluzione logistica più consona e che non cozza con l’ampliamento dei capannoni di Milton Keynes resosi necessario per accogliere il reparto motori. L’obiettivo di Horner e soci è quello di rimanere ancorati al cronoprogramma iniziale che prevede l’inaugurazione della galleria del vento entro il 2026.
L’impianto, anche per via dell’Aerodynamic Test Regulation e del budget cap, veri e propri capisaldi di Liberty Media, sarà usato comunque in via confermativa, una necessità in una Formula Uno sempre più spostata sul fronte simulativo. Possedere un wind tunnel nuovo e soprattutto poter contare ancora sulla sapienza ingegneristica di Adrian Newey sono elementi che conferiscono serenità all’ambiente Red Bull che può programmare con calma un futuro in cui, va detto, insistono tante incognite. A partire da quella motoristica che potenzialmente è la più limitante.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing