La notizia è stata riportata la settimana scorsa: la F1 è pronta ad abbracciare un nuovo circuito per dire addio ad una pista che ha fatto la storia del Circus. La partita si gioca tutta in Spagna: entra Madrid, col suo cittadino semipermanente che verrà illuminato dalle luci artificiali, esce Barcellona. Il modello Liberty Media, che tanto nuovo non è visto che i teatri recentemente introdotti si somigliano maledettamente l’un l’altro sia da un punto di vista estetico sia nelle caratteristiche, si avvia a diventare paradigma preponderante.
Nella nuova parabola disegnata dalla F1 americana i parametri valutativi messi in cima sono cambiati velocemente rispetto al vecchio corso. Gran premi come quello di Miami sembrano essere la base fondante di una filosofia nella quale si crede quasi fideisticamente: rendere i tre giorni di attività motoristica il contorno ad una serie di manifestazioni che sembrano superare in importanza il main event rappresentato dal GP.
Qualcuno, forse non a caso, ha parlato di “paradigma Super Bowl” che, in occasione del Gran Premio di Las Vegas, ha visto la sua sublimazione. Liberty Media Corporation ha individuato un modello di business molto munifico che ha una controindicazione, specie per gli aficionados più reazionari: mettere in secondo piano i tracciati vecchio stile che, oltre alla pista, hanno ben poco da offrire.
I criteri richiesti dalla proprietà per permettere di organizzare un gran premio sono sempre più vincolanti e via via meno compatibili con le peculiarità che i circuiti di vecchia generazione recano in sé. Piste che, per ragioni logistiche, strutturali e culturali, faticano ad adeguarsi. Soprattutto nelle infrastrutture esterne. Liberty Media, intendendo il motorsport come un evento nell’evento, esige location idonee a realizzare questa visione strategica.
Alcune piste non possono fare altro che disporre del teatro su cui piloti e auto si sfidano. Ecco che, negli anni, si sta virando verso quei palcoscenici che soddisfano le richieste del colosso dell’intrattenimento: capacità di aprire i cordoni della borsa e possibilità di creare strutture attrattive esterne di proporzioni ciclopiche.
I piloti si spaccano sulla F1 del futuro
Ma i piloti cosa pensano della rappresentazione che Liberty Media intende mettere in scena? Ne sono soddisfatti? La risposta è semplice: la spaccatura è servita. Alcuni esponenti, da Lewis Hamilton e Charles Leclerc, non hanno fatto altro che spendere parole entusiastiche e lodi sperticate per Las Vegas pur sottolineando, in altre circostanze, quanto sia necessario non perdere alcune location tradizionali che restano pur sempre il cuore della classe regina.
Ad altre latitudini, invece, i giudizi sono stati molto più taglienti, quasi censori. Max Verstappen, uno che negli ultimi tempi si è lamentato di parecchie cose, dalle sprint race alle regole aerodinamiche che vanno delineandosi in chiave 2026 per finire a quelle motoristiche già scritte, non ha speso parole lusinghiere per quanto messo in cantiere dai vertici della categoria.
Il tre volte iridato, se potesse scegliere, correrebbe solo in tutti i circuiti migliori che secondo lui sono quelli “old school”. Una necessità che non si sposa con le esigenze commerciali che sono molto in alto alla scala di valori definita da Greg Maffei. ”Capisco questo aspetto, ma quando la gente mi fa una domanda, credo sia importante dare una risposta onesta ed è quello che ho fatto, ma bisogna vedere da entrambi i lati: quello sportivo ma anche quello commerciale”.
Un colpo alla botte e un colpo al cerchio ma resta il giudizio negativo: la nuova F1 non aggrada l’olandese che almeno cerca di farsi piacere l’equilibrio a cui è arrivato un calendario che prova a modulare piste di vecchia scuola e tracciati di nuova concezione.
Oltre alla questione relativa alla tipologia di pista, un altro problema è la concentrazione degli eventi in un calendario a 24 tappe. Quella 2024 sarà la lista eventi più ricca di sempre che prova a rincorrere un principio che si rende sempre più necessario: la razionalizzazione delle gare.
F1: servono davvero 24 gare?
La metodizzazione della logistica sta portando finalmente a produrre un calendario regionalizzato. Un tema caro alla proprietà americana che ha sposato la politica Net Zero 2030 che si può realizzare solo limitando gli spostamenti globali. Era necessario far fronte a due istanze: ecosostenibilità della categoria e risposta alle ristrettezze finanziarie dei team dovute al budget cap che, è bene ricordarlo, dal 2026, sarà fissato in soli 130 milioni di dollari annuali. Ma non siamo alla fine del processo e delle problematiche insistono ancora.
Su questa materia è Sergio Perez ad essersi fatto sentire esprimendo lamentele onestamente condivisibili. La Formula 1, secondo Checo, deve tener conto delle esigenze dei team quando va a definire la lista eventi e i luoghi in cui questi si svolgono: “Credo che l’ultima parte della stagione sia stata molto intensa a causa dei viaggi. La quantità di gare è decisamente al limite non solo per i piloti, ma anche per tutti i meccanici. Il programma deve essere più efficiente e cercare di prendersi cura di tutti in questo mondo”, ha spiegato il messicano come riportato da RaceFans.
“La mia principale preoccupazione è relativa ad alcuni dei miei meccanici. Dobbiamo assicurarci di non fare molte gare per il gusto di farle. Penso che il livello di qualità sia ancora molto importante per questo sport, dobbiamo continuare a garantirlo”. Per il 2024 è tutto stabilito, è possibile migliorare nelle stagioni a venire?
“E’ una questione che solleveremo per cercare di capire cosa si può fare. Probabilmente – ha spiegato il vice campione del mondo – è tardi per il prossimo anno, ma per la stagione successiva cercheremo di massimizzare il tutto. Ricordo di aver visto persone così esauste nell’ultima gara, quindi penso che sia qualcosa che dobbiamo prendere molto sul serio perché è importante per lo sport e per i piloti continuare affinché possano avere carriere lunghe. Così come per il personale e i meccanici”.
La F1 nel suo complesso si sta lasciando attrarre magneticamente da un solo modello fatto di calendari abbondanti e piste semipermanenti calate in contesti patinati. Si vanno progressivamente abbandonando per strada quei teatri che hanno fatto la storia e che si basavano sull’esaltazione del solo evento sportivo. La massima espressione del motorsport, per quanto voglia modernizzarsi, può davvero perdere la sua anima e la sua storia?
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing