Il calendario più ricco di sempre. Questo è il piatto principale che Liberty Media somministrerà l’anno prossimo ai commensali della F1. 24 appuntamenti senza novità di rilievo se non quelle rappresentate da Imola e Shanghai che, per motivi diversi (alluvione in Emilia Romagna e Covid in Cina), erano state annullate nel 2023. Stabilità che si associa ad un altro tema caro a Liberty Media: la razionalizzazione degli eventi.
La metodizzazione della logistica ha determinato un calendario regionalizzato. Un tema caro alla proprietà americana che ha sposato la politica Net Zero 2030 che si può realizzare solo limitando gli spostamenti globali. Era necessario rispondere a due istanze: ecosostenibilità della categoria e risposta alle ristrettezze finanziarie dei team dovute al budget cap che, è bene ricordarlo, dal 2026, sarà fissato in soli 130 milioni di dollari annuali.
La F1 ha finalmente “localizzato” il calendario per macroaree col fine di evitare spostamenti dispendiosi, inquinanti ed illogici. “Dobbiamo adattarci a situazioni che mutano rapidamente sul fronte logistico”m aveva detto Domenicali qualche tempo fa riferendosi alla necessità cogente di avere un calendario più intelligente e disposto su aree geografiche più coerenti.
Sul fronte economico, si è finalmente sanata una contraddizione: da un lato si chiedeva alle franchigie una profonda spending review e, dall’altro, si impiegavano cifre blu per far spostare migliaia di tonnellate di materiali in giro per la Terra con voli transoceanici iper-inquinanti. E iper-costosi.
Questo per quanto riguarda il futuro imminente. Se si allarga l’arco temporale ci sono altre novità che bollono nel pentolone alchemico della F1. E forse non faranno felici gli appassionati più oltranzisti. E’ notizia di oggi, diramata da Joe Saward, reporter britannico solitamente bene informato, quella che annuncia che Madrid, dal 2026, ospiterà il GP di Spagna. La gara si svolgerà su una pista semipermanente attorno al centro congressi IFEMA, vicino all’aeroporto di Barajas. L’accordo avrà una durata di 10 anni.
Questo sta a significare che esce dal calendario un’altra pista vera, quel Circuit de Catalunya che, negli ultimi anni, stava lentamente assumendo un ruolo marginale dopo essere stato, per anni, il riferimento tecnico per i test invernali. A nulla, evidentemente, sono serviti gli interventi di ripristino del vecchio terzo settore ed altri lavori di contorno atti a modernizzare l’impianto. Liberty Media si è lasciata convincere – con relativa facilità – dalle lusinghe madrilene che hanno preso forma a suon di dollari.
F1, Liberty Media spinge sulla politica show e business
Nella nuova parabola disegnata da Liberty Media sembra che i parametri valutativi messi in cima siano altri. Gran premi come quello di Miami sembrano essere la base fondante di una filosofia che la proprietà americana intende rincorrere con forza e convinzione: rendere i tre giorni di attività motoristica una sorta di contorno ad una serie di manifestazioni che a volte sembrano superare in importanza il main event che dovrebbe essere rappresentato dal GP.
Qualcuno, forse non a caso, ha parlato di “paradigma Super Bowl” che, in occasione del Gran Premio di Las Vegas, si è visto in azione tra lustrini e squilli di trombe. E fa nulla se di venerdì saltavano tombini e sessioni: l’importante è ciò che è accaduto intorno. Liberty Media Corporation ha individuato un modello di business molto munifico che ha una controindicazione, specie per gli aficionados più reazionari: mettere in secondo piano i tracciati vecchio stile che, oltre alla pista, hanno ben poco da offrire.
Montmelò, evidentemente, rientra in questa casistica. In effetti, una volta usciti dal circuito, non c’è molto da fare. Barcellona dista qualche chilometro e sembra essere quasi avulsa dalla gara. Basta assistere ad un weekend di gara per capire a cosa si allude. I vertici della FOM vogliono un modello che integri la sfera sportiva e quella mondana che è ben rappresentata dalle “americanate” in stile Las Vegas o Miami.
I parametri imposti dalla proprietà della serie iridata per consentire di disputare una gara sono sempre più stringenti e via via meno compatibili con i circuiti di vecchia generazione che, per ragioni logistiche, strutturali e culturali, faticano ad adeguarsi. Soprattutto nelle infrastrutture esterne. Liberty Media, come ampiamente evidenziato in questo scritto, intende il motorsport come un evento nell’evento. Servono quindi location specifiche per realizzare questa visione strategica.
Alcune piste non possono fare altro che disporre del teatro su cui piloti e auto si sfidano. Ecco che, negli anni, si sta virando verso quei palcoscenici che soddisfano le richieste del colosso dell’intrattenimento: capacità di aprire i cordoni della borsa e possibilità di creare strutture attrattive esterne di proporzioni ciclopiche.
Il possibile – ma non ancora certo – commiato del Montmelò in favore dell’ennesimo semipermanente impersonale (si somigliano tutti questi circuiti, va detto senza remore) spiega a chiare lettere che la F1 si sta lasciando attrarre magneticamente da un solo modello, mollando per strada le piste di vecchia generazione e i relativi pattern impostati all’esaltazione del solo evento sportivo. E questo è un vero peccato poiché la massima espressione del motorsport, per quanto voglia modernizzarsi, non può né deve perdere anima, storia e cultura.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari
Sapete se qualcuno ha mai fatto un’analisi sulle differenze tra circuiti “classici” e quello cittadini o semi-permanenti? Differenze in termini di mix di curve, staccate, opportunità di sorpasso, esperienza di guida o altro… Sarebbe interessante capire in maniera quasi scientifica come questi nuovi circuiti, lasciando perdere tutti i discorsi che ci possono girare attorno, possano esaltare o ridurre la prestazione di una F1.