Se la F1 è diventata quel che è anche un po’ colpa (o merito, guardatela in base al vostro grado di apprezzamento) della Ferrari. Incipit volutamente provocatorio ma che ha un senso che prenderà forma nelle prossime righe. E’ risaputo che le vittorie in pista dipendono dalla capacità di un soggetto di imporsi a livelli più alti, ossia laddove si scrivono le regole del motorsport. Gli sforzi tecnici risultano esercizi quasi inutili se poi bisogna sempre rincorrere chi è stato in grado di far passare la propria visione strategica nelle stanze dei bottoni avvolte dalla penombra.
Maranello, ai tavoli politico-decisionali, non è stata molto ferma negli anni passati né ha fatto valere il diritto di veto, un istituto potente, che conferisce vantaggi che in altri ordinamenti non sarebbero nemmeno concessi e che il team, forse in uno slancio un po’ troppo caritatevole, non ha praticamente mai attivato. La sua introduzione risale agli inizi degli Anni ’80, quando Enzo Ferrari chiese ed ottenne da un’arma che potesse contrastare gli accordi di cartello che i team britannici, la maggior parte nella Formula 1 del periodo, potevano produrre nella stesura delle regole tecnico-sportive.
I vecchi dirigenti della categoria colsero un aspetto non secondario: i garagisti britannici andavano e venivano, la Ferrari no. Con lungimiranza ci si avvide dell’importanza di una presenza costante nel tempo, una realtà che si discostava dalle case che, esaurita la loro mission economica o sportiva, si eclissavano. La Ferrari era è e sarà qualcosa su cui la F1 può contare. Cosa, questa, che ha un valore fondamentale in un contesto di continue mutazioni.
Il veto, dicevamo, è un istituto giuridico che Ferrari non ha mai fatto valere nelle contrattazioni che davvero contano. Si pensi all’introduzione dell‘era turbo-ibrida. Luca Cordero Montezemolo si presentò al tavolo negoziale in una posizione di forza che si trasformò in una di estrema debolezza.
La Scuderia accettò di perdere tutti i suoi punti di forza firmando sotto un contratto che prevedeva la morte dei propulsori aspirati, l’annullamento totale dei test privati nonostante il Cavallino possedesse alcune piste e una squadra prove invidiata da tutto il mondo, e lo spostamento della progettazione e dello sviluppo delle monoposto sul versante virtuale. Aspetto, questo, nel quale sembra ancora arrancare.
Quello in possesso della Ferrari – lo ha descritto la storia – è un diritto di veto di facciata. Annacquato. Un cannone con le polveri bagnate. Potrebbe questo istituto servire a descrivere una nuova traccia? Potrebbe essere brandito anche come minaccia per rivedere la F1 nella sua filosofia portante e aprire a un passo indietro che permetterebbe di ripensare l’approccio allo sviluppo usando di più la pista?
La F1 può fare retromarcia sui test?
La risposta al quesito in alto non è scontata. In via del tutto teorica potrebbe accadere se si verificasse una circostanza: se la questione tornasse ad essere all’ordine del giorno nelle riunioni di Liberty Media. I decisori dovrebbero ricavare la sensazione che esiste un movimento che spinge forte per riportare il lavoro sui modelli fisici rimessi al centro del discorso tecnico. Se questa volontà manca – e quanto pare è così – non si andrà troppo oltre.
Chiaro che la Ferrari – e si esce dalla provocazione – non possa da sola determinare i destini della massima serie dell’automobilismo sportivo che si avvia verso la realizzazione del programma Net Zero Carbon, mossa con cui la Formula Uno intende contenere le emissioni. E un modo per applicare questa visione è limitare le uscite in pista ritenute superflue. E i test, ahinoi, così vengono percepiti oggigiorno.
Passano gli anni, le linee di continuità restano. Frédéric Vasseur, che evidentemente si fa latore della concezione strategica che impera a Maranello, durante l’incontro stampa prenatalizio, si è detto molto scettico sull’idea di riavere i test in pista come una ventina d’anni fa. “Se restassimo con il budget cap attuale, reintrodurre i test privati sarebbe molto difficile perché hanno dei costi enormi. Se cominci a fare i test, devi produrre il doppio dei motori. In un solo giorno di prove, accumuli il chilometraggio di un weekend di gare. Fare 20 giorni di test equivale a un’intera stagione in termini di componentistica”.
Vero, verissimo. Ma il problema non va affrontato col dogmatismo che si realizza nell’intoccabilità del cost cap. I team, anche grazie al modello di business introdotto da Liberty Media, guadagnano di più di quanto spendono. Stante questa evidenza si dovrebbe lavorare sulla revisione dei limiti annuali di spesa. Qualcuno ha provato a muovere dei passi, ma l’opposizione è stata forte.
James Vowles, neo team principal della Williams, ha più volte chiesto di rivedere il sistema per permettere ai team meno organizzati di creare nuove strutture. I grandi hanno fatto muro. Questa storia dice che serve compattezza per giungere al risultato. Una visione d’insieme che c’è ma che spinge nella direzione di usare meno la pista. Questa è la verità sottaciuta ma con emerge che grande forza.
La F1, quindi, accetta di insistere sulla virtualizzazione che non sempre riesce a prevedere nel dettaglio ogni dinamica. Ne è lampante esempio quello del pompaggio aerodinamico che è deflagrato due anni fa non appena le vetture “next-gen” misero le ruote in pista. E’ servito tantissimo lavoro fatto nei turni di libere – che pure rischiano di sparire a vantaggio dei weekend con le sprint race – per venirne a capo. E ne sa qualcosa Vasseur visto che la sua Sauber del 2022 fu una delle macchine peggio messe sul versante porpoising nei primi tempi.
Senza tornare troppo indietro nel tempo, il dirigente transalpino ha spiegato come la Ferrari sia stata costretta a sacrificare le prove libere a Zandvoort per svolgere dei test. Cosa che ha permesso di comprendere alcuni passaggi oscuri e di recuperare un po’ di terreno. Fatto evidenziato anche da Charles Leclerc recentemente.
Ma, nonostante questa verità, Vasseur sostiene che il modello attuale non sia modificabile: “Con il Cost Cap è impossibile reintrodurre i test privati. Potremmo discutere di una o due sessioni, ma non dimentichiamo che in parallelo ci sono anche i test Pirelli. Il calendario non è fatto solo di gare”. Messa così, è inutile riporre speranza su un ritorno al passato. E preghiamo che almeno quello che c’è non venga tolto nei prossimi anni…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari