F1 e nuovi team: concetti distanti che faticano a trovare una sintesi. Stiamo raccontando da oltre un anno delle peripezie che sta attraversando il gruppo Andretti che, pur avendo soddisfatto le richieste della Federazione Internazionale, vede la sua candidatura prendere polvere sui tavoli della FOM, l’ente che deve dare il via libera definitivo dopo aver trovato un accordo commerciale nel quale pesa come una lastra di piombo il parere dei membri del Patto della Concordia che, in un moto unitario assai raro per il motorsport, sono più compatti di un esercito spartano nel voler preservare il modello a dieci squadre che tante soddisfazioni (a se stessi) sta dando. Soprattutto da un punto di vista economico.
L’introduzione di questo scritto, da sola, basta per capire quanto sia difficile, se non impossibile, entrare nel salone delle feste rappresentato dalla Formula 1. Tante lo boe da aggirare: clausole anti diluizione che dovrebbero essere fisse ma che possono cambiare a ogni rinnovo del documento che regola la vita dei team, proprietà della serie che ha sempre l‘ultima parola, FIA che, pur scrivendo le regole del bando, non è determinante, specie in questi ultimi tempi che vedono un Mohammed Ben Sulayem fare i suoi fallimentari giochi di potere che mettono alle corde l’ente che guida. Forse ancora per poco. Ma questo è un altro racconto.
Stanti tutti questi impedimenti verrebbe da chiedersi chi gliel’ha fatto fare al buon Michael Andretti di impelagarsi in questo viaggio periglioso che però potrebbe ancora avere un esito positivo grazie all’intervento di Cadillac che, in quanto costruttore americano, potrebbe essere quell’elemento che fa presa su Liberty Media e che rassicura i “grandi dieci” garantendo l’aumento fattivo della portata del business.
Mentre queste storie si scrivono e si compiono ci si interroga se altri soggetti, specie dopo aver assistito a questa ordalia del fuoco a cui sono stati spinti gli Andretti, possano essere attratti dalla sfida della F1. E’ necessario ricordare che il regolamento vigente prevede che la griglia di partenza possa essere allargata a 24 monoposto, quindi a 12 sodalizi. Potenzialmente, dunque, c’è la possibilità che ciò avvenga nonostante tutte le manovre arginanti messe in campo dai reazionari della vicenda: scuderie e proprietà del giocattolo.
Toyota in F1? Non col modello Honda
C’è un gruppo il cui nome, ciclicamente, viene fuori in relazione al Circus. Quella Toyota che, ormai tre lustri or sono, diceva addio alle ruote scoperte nella loro massima espressione dopo un’epopea di certo non esaltante. Otto stagioni (2002-2009), 139 gran premi disputati, un quarto posto come miglior piazzamento. Roba che per essere ricordata è necessario ricorrere ai siti specializzati in statistiche del motorsport.
Non si parla di una meteora, ma poco ci manca. L’allora direttore del programma Formula 1, Tadashi Yamashina, preso atto che il podio e le vittorie erano ua traguardo irrealizzabile a fronte delle capacità di spesa del gruppo, decise di chiudere l’avventura senza però mollare la sede di Colonia che, negli anni a seguire, sarebbe rimasta in attività fornendo servizi all’automotive e alla F1 stessa.
Il wind tunnel della Toyota Gazoo Racing Europe, che sorge proprio nella suddetta sede tedesca, è stato utilizzato dalla McLaren dal 2010 fino a qualche mese fa quando, a Woking, ha debuttato il nuovo impianto che è stato concepito anche grazie alla collaborazione col colosso nipponico che potrebbe non essere terminata con lo spostamento operativo.
I tecnici di stanza in Germania hanno contribuito a supportare McLaren nell’attivazione della nuova struttura. La conferma è stata data dall’amministratore delegato della TGR-E, Rob Leupen, che ha spiegato come nel processo di integrazione della nuova galleria del vento siano stati coinvolti uomini Toyota. Si tratta di una dinamica piuttosto normale visto che, nel corso degli anni, il rapporto tra McLaren e l’equipe di Colonia è andato oltre il normale utilizzo della galleria.
Entrambe le parti hanno fatto in modo che il sistema rimanesse aggiornato sviluppandolo continuamente. Un lavoro che ha accresciuto le competenze delle parti e che è stato fondamentale per definire l’impianto di Woking. Secondo alcuni spifferi recenti, proprio aver tenuto viva la struttura di Colonia, perfezionandola e mantenendola al pari passo con una Formula 1 che cambiava le sue basi regolamentari, sarebbe la prova che in Giappone qualcuno inizia a sentire voglia di gran premi.
D’altro canto, in quindici anni, è passata molta acqua sotto i ponti. Oggi la F1 offre più ricchezza. Considerando anche la presenza del budget cap che prova a livellare i livelli di spesa dei partecipanti e il fatto di possedere una sede “prêt à porter”, si può immaginare che l’operazione non sarebbe solo più semplice ma anche molto più vantaggiosa.
E poi c’è sempre quel pallino – una specie di tarlo che si fa strada nel cervello dei dirigenti della Toyota Motor Company – rappresentato da Honda che il F1, dopo un rientro difficile, quasi da Calimero, è oggi il punto di riferimento assoluto ed indiscusso del motorsport di alto livello. Vuoi mettere la soddisfazione di battere i conterranei sullo stesso terreno di gioco?
Per ora, tirata per la giacca, Toyota fa spallucce. Dopo le soddisfazioni ottenute nel WEC si è alla ricerca di nuovi stimoli e nuovi mondi da esplorare. Tra questi c’è la crescita di un vivaio di piloti che puntano dritti ad accedere in Formula 1. Ryo Hirakawa, che da quel progetto proviene, è uno dei collaudatori McLaren (la conferma del prosieguo della collaborazione tra Colonia e Woking). Ritomo Miyata, nel 2024, farà parte del team Rodin Carlin di F2, categoria che da sempre apre le porte alla classe regina.
Basterà questo per potere alludere a un futuro progetto F1? No. La risposta, secca e perentoria, arriva da Kazuki Nakajima, uno dei responsabili del programma piloti. La casa nipponica non intende scendere in campo contro Honda producendo motori per la F1 o provando a rientrare come costruttore a tutto tondo, al massimo lo farebbe sostenendo i piloti che puntano all’ingresso nel Circus iridato, cosa nella quale anche la “Grande H” è parecchio attiva.
“Toyota non gareggia in F1 da un po’ di tempo. La F1 era stata rimossa dal sistema di formazione della Toyota. Tuttavia, il gruppo ha sempre pensato di mettere il pilota al primo posto e credo che il progetto stia prendendo forma su questa base. Visto che Toyota è nel WEC e che Honda è in F1 è naturale per i giovani piloti pensare che se vogliono puntare alla F1 devono farlo con Honda. L’auspicio è che questo progetto sia l’opportunità per cambiare le cose”, ha spiegato Nakajima.
Honda, che dal 2026 sarà legata ad Aston Martin in via esclusiva, non avrà quindi concorrenza diretta sul versante motoristico, ma dovrà vedersela con chi intende offuscare i propri traguardi portando piloti in grado di imporsi in F1. Categoria che, fino a prova contraria, dà più visibilità al singolo driver che al propulsore che lo aiuta a vincere. Un’operazione che darebbe un ritorno d’immagine clamoroso a fronte di investimenti sicuramente minori di quelli che oggi la casa di Sakura mette in campo per primeggiare in Formula Uno.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Toyota, Andretti