Conflitto di interessi in F1: un concetto che al solo nominarlo innesca polemiche furiose, accuse incrociate, dibattiti infuocati che, nella migliore delle ipotesi, portano a non cavare il proverbiale ragno dal buco. Per come è configurata la serie le posizioni ambigue sono addirittura funzionali ad essa.
Spesso il conflitto di interessi viene associato, in maniera automatica, alle multiproprietà che in Formula uno rispondono ad un solo gruppo: Red Bull GmbH. L’azienda austro-thailandese controlla l’omonima squadra con sede in Milton Keynes e l’AlphaTauri sorta dalle ceneri della Minardi. Inutile dire che il grado di indipendenza dell’equipe faentina è debole visto che la controllante decide quasi tutto, finanche la line-up piloti.
Le vetture italiane sono state usate come cavie, ricorderete l’anno in cui la stagione sportiva è stata sacrificata per permettere a Honda di risolvere i suoi problemi prima di entrare nel ventre delle auto austriache. Viene da sé che quella Red Bull sia una peculiarità che in altri sport non potrebbe essere tollerata ma che la F1, anche grazie a regole stringenti, cerca di preservare evitando però che il team di riferimento ottenga troppi vantaggi.
Recentemente, Christian Horner, per allontanare certi sospetti, ha sottolineato come Faenza abbia potuto operare in forza di un grado di indipendenza abbastanza elevato circa alcune scelte tecniche sulle quali Red Bull non ha voluto – né potuto a causa del regolamento – incidere. Il team principal di Leamington Spa ha riferito, lanciando più di una frecciata, che la AlphaTauri non replicherà mai lo schema visto nel con la Racing Point.
“Siamo molto lontani da una Mercedes rosa – aveva osservato Horner – Ci sono alcuni componenti trasferibili che sono chiaramente elencati nei regolamenti e che puoi fornire ed è quello che AlphaTauri riceve. Tra la RB19 e la AT04 ci sono differenze sostanziali. Probabilmente ci sono altre auto sulla griglia che sono molto più vicine di concetto rispetto all’AlphaTauri. Basta guardare una Aston Martin o anche una McLaren. La sospensione posteriore di quest’ultima, concettualmente, è molto vicina alla nostra”.
Horner ha dunque voluto ribadire che lo staff tecnico della AlphaTauri potrà e dovrà procedere in autonomia progettuale e che non sono all’ordine del giorno passaggi di tecnici tra Milton Keynes e Faenza. “Ci sono alcuni componenti che possiamo fornire, come avviene con Mercedes e Ferrari che forniscono ad alcuni team cambi, sospensioni, strumenti di simulazione e galleria del vento. Dipende da loro se vorranno utilizzarli”.
“La McLaren ha utilizzato questi strumenti, per certi aspetti, meglio rispetto al proprio fornitore, da metà anno in poi. Dipende dall’utilizzo e da ciò che è consentito dalle regole”. Puntualizzazione non dovuta ma forse necessaria in un periodo in cui i sospetti scaturenti dai conflitti di interessi sono assoluti protagonisti.
F1: McLaren contro Red Bull
Proprio da Woking sono arrivate parole che di certo non faranno piacere a Horner e soci. “Sotto la proprietà di Liberty Media la Formula 1 continua a prosperare grazie alla sua forte leadership. Da un punto di vista normativo, sia la FIA che la Formula 1 devono essere ringraziate per il budget cap che ha introdotto il principio di equità nella competizione che prima non esisteva”, ha arringato Zak Brown.
Detto questo, c’è l’opportunità di migliorare alcuni processi della F1 per rafforzare i valori di equità e competizione. Lo sport non è perfetto e, in vista della negoziazione del prossimo Patto della Concordia, dovremmo dare priorità ad alcune delle regole che attualmente incidono sull’imparzialità tra i concorrenti”. Prima la carezza e poi lo schiaffo:
“La maggior parte degli altri sport principali proibisce la proprietà di due squadre all’interno dello stesso campionato, a causa dell’ovvio danno potenziale alla competizione”, ha tuonato Brown. “È una situazione malsana perché influisce sulle decisioni prese sia in pista che fuori. Che si tratti di avere accesso a più dati, di condividere componenti/personale o anche di avere influenza su una votazione strategica, non è nello spirito dei regolamenti”.
“È importante difendere l’indipendenza e la concorrenza e l’equità. Vorrei che i regolamenti venissero modificati per garantire che in futuro si impedisca che una squadra influenzi l’altra attraverso alleanze strategiche e soprattutto attraverso la proprietà, per non minare la fiducia dei tifosi nella competizione. La Formula 1 dovrebbe essere fedele al suo marchio e ogni squadra, a eccezione delle power unit, dovrebbe essere totalmente indipendente l’una dall’altra”.
Intanto, nel paddock, qualcuno molto vicino alla Red Bull afferma che se l’AlphaTauri lottasse per il quinto posto nei prossimi anni le richieste per vendere la squadra si farebbero più insistenti. La multiproprietà viene tollerata (a fatica a leggere Brown) finché la squadra faentina non dà fastidio, ma se dovesse trasformarsi in una spina nel fianco per chi lotta per posizioni di vertice le cose potrebbero cambiare.
Concettualmente la richiesta di una maggiore indipendenza non fa una piega. Ma la F1 vuole davvero affrontare la tematica della multiproprietà? Intende risolvere concretamente i conflitti d’interesse? O resta immobile sulla materia perché, scavando a fondo, ogni singolo protagonista non può vantare una totale trasparenza? Questo interrogativo inevaso lascia a voi ogni considerazione ulteriore.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, McLaren, Oracle Red Bull Racing