I primi degli altri. Questa è l’immagine estremamente sintetica del 2023 della Mercedes. Si può essere soddisfatti di un risultato del genere? Chiudere al secondo posto in classifica in uno sport ultra competitivo quale è la F1 non è mai banale. Né scontato. Ma il modo in cui ci si è arrivati non può soddisfare.
La classifica costruttori recita così: Red Bull 860 punti, Mercedes 409, Ferrari 406. 451 lunghezze di ritardo dai campioni del mondo, una legnata senza precedenti che non può essere mitigata dall’aver chiuso davanti alla Ferrari che comunque è stata in grado di rosicchiare un’ottantina di punti nella seconda metà della stagione in cui la W14 ha mostrato più difetti che virtù.
Il sorpasso rosso non s’è concretizzato a causa di un paio di problemi di affidabilità che non hanno permesso alla SF-23 di capitalizzare il vantaggio prestazionale mostrato chiaramente sulla vettura anglo-tedesca.
Vista da fuori, quella tra Ferrari e Mercedes è sembrata una guerra tra persone affamate che si contendono le briciole cadute dalla tovaglia della Red Bull. Ritratto sicuramente forte ma che descrive per bene per cosa i suddetti team hanno realmente lottato. Le prospettive per l’anno prossimo devono essere necessariamente diverse perché non ci si può accontentare di aver centrato l’obiettivo di chiudere alle spalle del marziani di Milton Keynes. Non con quel distacco che ha assunto i connotati dell’umiliazione sportiva.
In Mercedes hanno quasi l’obbligo di appigliarsi a questo modesto (per portata numerica) secondo posto sul quale provare a ricompattare il team in vista di un 2024 che deve avere un altro sapore rispetto a quello che caratterizza le amare sconfitte. Zero vittorie in stagione, una in due campionati: un bottino magrissimo che non si confà a chi ha marchiato a fuoco la F1 per ben otto anni.
“La seconda posizione era il limite massimo di ciò che la squadra poteva ottenere – ha spiegato James Allison al podcast Performance People – Abbiamo fatto un buon lavoro per arrivare fin lì. In realtà è una sensazione positiva, anche se leggermente in conflitto con il nostro desiderio di essere inequivocabilmente la squadra migliore“.
Per essere un team migliore, proprio Allison ha messo mano ad una profonda ristrutturazione operativa che in Mercedes è ritenuta addirittura più importante della definizione tecnica del nuovo concept che può scaturire solo da un miglior dialogo tra i comparti interni che ultimamente lavoravano più come schegge impazzite che come un ingranaggio integrato.
Mercedes, Hamilton – Russell: coppia (potenzialmente) vincente
“Il team è pieno di ingegneri molto forti nonostante qualche errore che abbiamo commesso qua e là durante l’anno”. Questo è il punto di forza da cui ripartire. Ma è questa la sola colonna su cui poggiare la trave del successo? Allison ritiene che la coppia piloti è uno dei fattori che può contribuire al ritorno della Stella a Tre Punte. Un mix ben assortito che in Formula Uno poche altre squadre possono vantare.
“Abbiamo una formazione di piloti che penso che tutte le squadre guardano con invidia. Abbiamo uno dei nostri driver– ha spiegato Allison riferendosi a Hamilton – che probabilmente è la persona di maggior successo che si sia mai seduta al volante di un’auto da corsa. L’altro è giovane e molto, molto promettente (George Russell). Siamo una squadra molto fortunata. Dobbiamo far valere questa fortuna l’anno prossimo e – si spera – fare meglio della seconda posizione“.
Anche se la gestione dei piloti non è materiale per il lavoro di un direttore tecnico già normalmente oberato da questioni di enorme portata, Allison conferma indirettamente che il team, in continuità col passato, non intende stravolgere il modello a “due attaccanti”. Se Red Bull rappresenta il paradigma da seguire su aspetti tecnici e organizzativi non lo è per l’amministrazione dei conducenti che devono ottenere e percepire medesimo supporto tecnico.
A Milton Keynes il materiale offerto a Verstappen e Perez è perfettamente identico, ma sarebbe stupido non certificare che l’olandese è al centro del progetto. Cosa che determina anche la parabola di sviluppo che il team traccia, come hanno spesso ammesso Pierre Waché, Paul Monaghan e altri illustri esponenti della compagine austriaca. A Brackley questo non si verifica, le indicazioni dei driver vengono usate alla stessa maniera e parimenti si prova a costruire un mezzo che esalti lo stile di entrambi.
Questa verità si riverbera anche nella gestione delle cose di pista visto che i due sono lasciati liberi di duellare entro regole d’ingaggio comunque chiare che non vanno infrante come accaduto, ad esempio, in Qatar. Un episodio sporadico dal quale non è scaturito alcun caso considerando le pronte scuse del sette volte iridato. Mercedes, quindi, si affida anche ai suoi piloti, alle loro capacità di collaborare in sede tecnica, per venir fuori dalle sabbie mobili nelle quali lotta da due anni.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG F1 Team