giovedì, Novembre 14, 2024

Red Bull: squadra vincente non si cambia

Qual è l’effetto che avrebbe piazzare due galli in un pollaio? La tradizione popolare, frutto di lunga osservazione storica, insegna che i due animali forti passerebbero più tempo a litigare, cercando di annullarsi reciprocamente, che a pensare di dare continuità alla specie. In F1 – e soprattutto in Red Bull – sanno alla perfezione che un team vincente si costruisce intorno ad un uomo forte che va messo nelle condizioni di operare al meglio.

Fu così ai tempi di Sebastian Vettel, quando la scuderia conobbe la prima striscia di clamorose vittorie, è accaduto altrettanto con Max Verstappen reso pivot assoluto del sodalizio austriaco che ha chiuso un 2023 zeppo di record ottenuti grazie alla sagacia di un pilota straordinario e a una vettura, la RB19, che probabilmente è il miglior mezzo che abbia mai calcato le piste del Circus iridato. 

Un meccanismo così perfetto, quello dell’attacco a una punta, che va quindi preservato e non decostruito. Specie quando gli avversari, dopo lo smacco di un campionato mortificante, sono convinti nel farsi sotto e tenteranno ogni mossa lecita per abbattere l’imperio del duo Verstappen Red Bull.

Red Bull
Max Verstappen (Oracle Red Bull Racing) sfreccia lungo la pista di Las Vegas a bordo della sua RB19

Eppure, forse, qualche piccola tentazione di sparigliare il mazzo di carte azzardando con una politica nuova c’è stata. Nei giorni scorsi, precisamente alla vigilia del Gran Premio di Abu Dhabi, era nata la suggestione, presto defunta, di vedere Lewis Hamilton in Red Bull. Chris Horner aveva sostenuto che l’entourage del sette volte iridato aveva sondato la disponibilità della squadra ad imbastire una trattativa per un ipotetico passaggio del pilota da Brackley a Milton Keynes.


Red Bull: Marko solidifica un modello vincente

Il team principal inglese aveva dato succosi dettagli: “I contatti sono arrivati attraverso Anthony, il padre di Lewis”. Sarebbe poi stato direttamente Horner a chiudere la porta in faccia al pilota della Mercedes: “Non riesco a vedere Max e Lewis lavorare insieme. La dinamica non sarebbe giusta. Siamo soddisfatti al 100% di ciò che abbiamo“.

Subitanea era arrivata la replica di Hamilton che, già nella conferenza del giovedì di Abu Dhabi, aveva espresso la sua “linea difensiva”. “No, non li ho avvicinati io… Christian mi ha mandato un messaggio. Ho controllato con tutti i membri del mio management e nessuno ha parlato con loro. Sono loro che hanno provato a contattarci“.

Insomma, schermaglie mediatiche su ciò che poteva essere (molto difficilmente), non è stato e probabilmente non sarà mai. Non sapremo chi ha cercato prima la controparte, ciò che invece è noto è che qualcuno, in Red Bull, ha stoppato sul nascere ogni suggestione. E quel qualcuno non poteva che essere lui, Mr. Helmut Marko da Graz, uno che quando si parla di piloti ha sempre l’ultima parola. Che sovente equivale ad una pietra tombale. 

Red Bull
Chris Horner e Helmut Marko, Oracle Red Bull Racing

Christian mi ha informato e mi ha mostrato il messaggio che ha ricevuto, ma io gli ho detto: Hamilton e Max? Non funziona!”. Ha così tagliato corto il superconsulente che preferisce tenersi in squadra un pilota che non lo ha mai soddisfatto (Sergio Perez) piuttosto che accendere un fiammifero in una Santabarbara. 

Nel 2021 c’era troppa azione e come dire, tensione. D’altra parte, non possiamo permetterci di avere i due piloti più costosi in una squadra. Non succederà mai. Quindi ho detto a Christian: Non se ne parla“. Marko chiude la questione riferendosi alla sfera economica, ma i motivi veri sono altri. 

Il primo è che Lewis, come ha fatto in precedenti occasioni, ha usato altri team per presentarsi al tavolo negoziale aperto con Toto Wolff in una posizione più forte. Lo stesso Horner ha rammentato che il pilota britannico si fosse anche visto con esponenti di spicco della Ferrari come Frédéric Vasseur e John Elkann. Un modo per far pressione sul suo team ma anche per tenere viva una scappatoia nel caso in cui le cose fossero clamorosamente andate male. Scenario non realizzatosi ma comunque che non era da escludere totalmente.  

L’altra ragione ci riporta direttamente a Milton Keynes: i soldi c’entrano poco. L’ingaggio dei piloti non rientra nei ferrei vincoli del budget cap. Red Bull, anche grazie alle vittorie ottenute a raffica, è una delle squadre più ricche del Circus. Ancora, alle spalle ha un gruppo industriale gigantesco che nel 2022 ha chiuso con un fatturato di 9,684 miliardi di euro segnando un incremento del 23,9% rispetto all’anno precedente (7,816 miliardi). E’ chiaro che, volendo, l’operazione sarebbe stata assolutamente affrontabile. 

Red Bull
Max Verstappen (Oracle Red Bull Racing) esulta alla fine del Gp di Las Vegas 2023

Red Bull non ha però voluto intaccare uno schema che, alla riprova dello stress test più duro, ovvero la pista, ha dimostrato di funzionare alla grande sia con mezzi dominante come le RB18 e 19 sia con una vettura non soverchiante come è stata la RB16B. Se in quella stagione Verstappen non avesse avuto accanto Perez (un fido collaboratore che sa stare al suo posto e riesce ad aiutare alla bisogna) ma un pilota di rango top, probabilmente non il mondiale si sarebbe chiuso con un altro epilogo. 


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1, Oracle Red Bull Racing

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