Newey è l’unico genio della F1. Lavora in Red Bull e non ha mai seriamente valutato il trasferimento in Ferrari. Le varie offerte ricevute nell’arco degli ultimi anni dal Cavallino Rampante non hanno emozionato il britannico, restio a lasciare la sua terra per lanciarsi in avventura che poco di buono prometteva. Le ragioni sono diverse. La prima, senz’altro la più chiacchierata e conosciuta, riguarda la riluttanza di Adrian nell’abbandonare la sua dimensione.
Vivere in Gran Bretagna si attesta come un insieme di “tratti distintivi” ai quali il genio di Stratford-Upon-Avon, cittadina che ha dato i natali a un certo William Shakespeare, difficilmente avrebbe potuto rinunciare. La F1 ha un chiaro marchio inglese. Un modus operandi che prevede un preciso metodo lavorativo. Disfarsene a cuor leggero non è affatto semplice, specie per chi come Newey, ha sistematicamente valutato la maniera di concepire il suo incarico in questo modo.
Ecco che allora, di riflesso, le abbaglianti sirene della Ferrari non fanno poi così tanto effetto. I soldi non comprano sempre tutto. Sebbene il rammarico di non aver potuto incidere e perché no trasformare il modo d’essere della rossa in qualcosa di diverso possa essere senza dubbio valutato come rammarico, il capo progettista di Milton Keynes si definisce più che soddisfatto delle sue scelte passate. I numeri li danno ragione.
Il vero rimpianto, se così possiamo definirlo, è quello di non aver mai potuto lavorare con grandi talenti del calibro di Fernando Alonso e Lewis Hamilton. Piloti con i quali Newey avrebbe voluto legare parte della sua carriera, convito che il rapporto con i due campioni del mondo in questione avrebbe senza dubbio arricchito la sua vita professionale. A volte è solo questione di circostanze e se lo scenario descritto non si è palesato un motivo c’era, questo il pensiero del britannico assai filosofo nel suo approccio pesativo
Red Bull-Newey: un “binomio familiare” inattaccabile
Newey si è realizzato in Red Bull. Le precedenti sette parole, con grande proprietà di sintesi descrivono il lavoro svolto dall’ingegnere di Stratford-Upon-Avon all’interno del team austriaco. Un mandato dove la carta bianca non è mai mancata, elemento necessario per poter dare il meglio di se. Si perchè il patron Dietrich Mateschitz, abile imprenditore scomparso il 22 ottobre 2022, non ha mai proferito verbo sull’impostazione del mandato.
Un credito senza limiti verso le potenzialità dell’ingegnere che, dati alla mano, è stato ampiamente ripagato. Si tratta di un aspetto molto importante, alla base dei vari “No” recapitati in Via Abetone Inferiore 4. Sì Perchè Adrian non è uno qualunque. “Ingabbiare” la sua creatività tramite dettami lavorativi non fa per lui. Potere decisionale su tutta la linea che in Ferrari non li avrebbero mai concesso. Per questa ragione lo spazio di manovra per portare il fenomeno inglese a Maranello è sempre stato molto ridotto.
Sebbene la scuderia italiana abbia una storia differente rispetto alla Red Bull, non la si può considerare poi così diversa quando si parla di business. D’altra parte una squadra di F1 non è altro che un’impresa che cerca di fare centro e il lato umano, per quanto vada tenuto presente, non può assolutamente sopraffare alcuni diktat cruciali per rendere effettivi gli sforzi profusi. Ma l’Italia si sa… nel bene o nel male possiede i suoi modi d’essere e di pensare che ovviamente non collimano con quelli d’oltremanica.
Il “coinvolgimento centrale” dello sviluppo a livello ingegneristico all’interno della Red Bull, ha fatto dell’attuale sessantacinquenne il leader naturale del gruppo. Una grande famiglia. Un ambiente “domestico naturale” dove poter esprimersi al massimo delle proprie potenzialità. Il futuro in quanto tale non è previsibile e quello che oggi può essere considerato un punto fermo domani potrebbe non esserlo più. Tuttavia le speranze di vedere Newey in Ferrari sono ridotte al lumicino, se non addirittura inesistenti.
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Oracle Red Bull Racing