Ferrari in F1, fra i tanti limiti palesati negli ultimi 15 anni, ha un grosso problema che spesso passa sottotraccia: la gestione dei rapporti umani. Quando penso a Costa, Allison, Sassi e via discorrendo, guardando alle loro esperienze successive, almeno per Costa e Allison, mi pare evidente che chi ha perso “qualcosa” è stata Maranello, non i diretti interessati, visto che sono diventati l’architrave di grandi successi per le scuderie avversarie, per quel che riguarda i nomi citati, la Mercedes. Talvolta, i licenziamenti sono necessari, non dimentichiamolo. E non è detto che di per sé siano sbagliati.
Quando le cose vanno male qualcuno paga, ed è inevitabile. Ed è anche fisiologico che quella stessa persona, trasportata da una realtà ad un’altra, renda decisamente meglio e diventi addirittura insostituibile. O che succeda l’esatto opposto. Accade in tutti gli sport e in tutte le realtà lavorative. Perché sono tante le variabili che entrano in gioco e il “capitale umano”, cioè le teste, prima di essere teste sono cuori, anime, e se in un ambiente ti trovi bene/male fa tutta la differenza di questo mondo, così come se tu hai dei problemi personali e poi quei problemi li superi.
Quando si sta male, banalmente, non si può rendere al cento per cento. Tutte cose, come dire, lapalissiane e che penso tutti di noi hanno provato almeno una volta nella vita. Quindi non c’è da stupirsi che in un mondo relativamente piccolo come quello della F1 le porte girevoli siano la norma e che un tecnico possa passare, nella sua carriera, sotto innumerevoli scuderie. Tuttavia, il problema subentra sul “come” ci si lascia.
F1: Ferrari e le mancate politiche relative ai licenziamenti
Dal 2016, ogni qual volta un tecnico ha lasciato la Ferrari, subito dopo la Federazione Internazionale ha lanciato una serie di controlli che sembravano, ad essere gentili, chirurgici. E, senza essere complottisti, in tanti abbiamo pensato che il tecnico transfuga avesse portato altrove non solo le proprie capacità, ma anche i segreti del modus operandi della scuderia che aveva lasciato (Ferrari) e anche qualche segreto “scabroso”.
Mi spiego meglio. E’ ovvio che tutti i team di F1 cerchino di sfruttare tutte le possibili zone grigie del regolamento arrivando al limite o superando quel limite per cui si passa da dentro a fuori il regolamento. E’ un confine assai sottile. E quindi… facciamo un’ipotesi molto umana. Da un giorno all’altro vieni defenestrato in Ferrari. Ti cacciano e i giornali ci sguazzano. Ti incavoli, covi un umano rancore.
Ti accoglie a braccia aperte un super team. Non pensi solo a dimostrare che sei in gamba, ma magari spieghi dove la scuderia da cui provieni era ai limiti o fuori dal regolamento. Ora vi è più chiaro ciò che intendo? Sbagliato direte. Certo. Ma tremendamente umano. Pensateci. Aggiungo un’altra riflessione. E parlo di cose che in Formula Uno Analisi Tecnica conosciamo bene.
E’ assai raro che un tecnico che sia stato “cacciato” dalla Ferrari abbia voglia di tornare a Maranello. Anzi lo escludono proprio categoricamente, come se fossero usciti da un girone dantesco per “rivedere le stelle”. Questo dovrebbe indurre a tutta una serie di riflessioni su come si gestiscono le “uscite”, soprattutto quelle di figure apicali. Ho fatto queste riflessioni leggendo le dichiarazioni, rilasciate da Modesto Menabue, ex motorista della Scuderia Ferrari, in un’intervista esclusiva concessa Formula1.it
Inquadriamo i fatti, considerando che Allison fu licenziato nel 2016 e assunto subito da Mercedes. Secondo Menabue, Allison “nel 2016 ha pagato la disgrazia familiare (scomparsa improvvisa della moglie dopo meningite fulminante ndr). Passava due giorni a settimana a Maranello: inaccettabile per Marchionne. Altro tecnico preso da Toto Wolff, che non è stupido, da cui avere informazioni”. Possiamo solo immaginare cosa abbia passato Allison in quei mesi.
E la scuderia perse non solo l’allora direttore tecnico passandolo al concorrente diretto e vincente. Precisa meglio il suo pensiero l’ex motorista Ferrari: “Dopo che Allison è stato mandato via sono venuti i tecnici FIA a fare dei controlli mirati. C’era, ad esempio, una presa d’aria mobile in una zona della macchina, disegnata da Allison. Vietata, ma non nota. I commissari hanno controllato proprio quello, dicendo che c’erano parti mobili. Come lo sapevano?”
Ovviamente non si possono avere prove per affermare che qualcuno ha fatto la “spiata” alla FIA… ma, se fate mente locale, quando viene allontanato Sassi, progettista capo delle PU sino al 2017, la Ferrari subisce una serie impressionante di controlli (in particolare sulle batterie sdoppiate). Insomma… se unite i “puntini”, qualche legittimo dubbio di “voce dal sen fuggita” viene. Negli ultimi 10 anni è mai capitato, eccetto Ferrari, che nel trasferirsi dal vecchio team a quello nuovo, il primo abbia subito una serie di controlli mirati da parte della federazione? Credo di no.
Dunque, penso siano due le zone in cui il Cavallino Rampante dovrebbe intervenire (e magari con Vasseur lo stanno già facendo). Cercare di gestire le uscite in maniera amichevole e pacifica, quasi “indolore”. E poiché “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende” mettere in atto tutta una serie di strumenti legali (clausole ce ne sono a bizzeffe) per evitare fughe e spifferi di varia natura.
Non si potrà impedire ad un cervello di portare le proprie conoscenze altrove, ma almeno si eviterà di mettere in mezzo il terzo incomodo, vale a dire la FIA. Mi rifiuto tuttavia di credere che in Ferrari ci siano degli sprovveduti. Dunque… cosa è che non sappiamo?
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: Scuderia Ferrari