Ferrari, progetto 676, ha la necessità riportare a Maranello un titolo iridato che ormai manca da più di 16 anni. Il terreno da recuperare su Red Bull è parecchio grande, ma all’alba di una nuova campagna agonistica il DNA impone obiettivi massimi. Tra la moltitudine di elementi utili per vincere, il campo della simulazione possiede una notevole importanza nell’attuale Formula Uno moderna, dove i test in pista paiono oramai un miraggio.
La modalità in cui è costituito il calendario e le restrizioni imposte dalla FIA in termini di test privati, riducono ai minimi termini le ore a disposizione delle scuderie per provare in pista nuovi elementi da introdurre sulla monoposto. Le tre misere giornate di pre season test, qualche prova con nuovi pneumatici Pirelli e le prove libere introduttive dei weekend di gara, non sono nulla in confronto alle migliaia di chilometri eseguite dai team in circuiti privati sino al 2009.
È scontato e obbligatorio ricorrere alle simulazioni, pertanto, suddivise in tre macro aree. Gli “ambienti simulativi” in ordine temporale: analisi strutturali FEM e aerodinamiche CFD, galleria del vento ed infine simulatore di guida a disposizione dei piloti per preparare il weekend. Oggi cercheremo di capire come vengono sfruttate queste tecnologie dalla scuderia modenese, con l’obbiettivo di recuperare tempo sul giro rispetto ai campioni del mondo in carica e rendere la vettura più “prevedibile”. Inoltre, verranno analizzate le difficoltà maggiori che si incontrano nella correlazione dei dati.
Prima di proseguire l’analisi è importate fare un appunto. Oltre i divieti dei test privati in pista, la FIA ha deciso di limitare le ore a disposizione, la potenza di calcolo e le prove eseguibili nei simulatori. Tramite il regolamento vigente le scuderie eseguono in due mesi la stessa quantità di prove che anni fa veniva svolta in una settimana. Queste norme astringenti obbligano i costruttori a scegliere quali aggiornamenti eseguire e testare, ancor prima di scontrarsi con il limite monetario imposto dal budget cap.
Per ottenere ottimi riscontri dalle simulazioni è innanzi tutto fondamentale possedere un buon metodo: si tratta di capire quale tra i molteplici sviluppi sia in grado di fornire l’upgrade prestazionale migliore, ovviamente ancor prima di intraprendere la fase progettuale. Per riuscirci, nella maggior parte dei casi viene eseguito un compare tra la propria monoposto e quella dei competitor. Se una vettura è in grado di percorrere una curva 10 km/h più veloce della tua, in pratica, significa che il regolamento permette di sviluppare la macchina per essere più rapida.
Per questa semplice ragione è necessario studiare e raggiungere gli aggiornamenti migliori per eguagliare o superare l’avversario su quel determinato riferimento. Un altro metodo di sviluppo opta per scegliere internamente un obbiettivo: il carico totale che si vuole ottenere, o la potenza sviluppata dalla power unit. Posto un numero di riferimento il gruppo di lavoro cercherà di avvicinarsi il più possibile a quel dato.
Ferrari, progetto 676: CFD diviso in due ambienti per ottimizzare il riscontro con la galleria
Eseguite queste scelte, può iniziare la fase di progettazione in collaborazione tra i vari reparti. Realizzato il design delle varie componenti, può essere avviato il primo dei tre step simulativi tramite studi strutturali e aerodinamici. Le analisi FEM consentono di trovare i difetti nella costruzione degli elementi che compongono lo “scheletro” della vettura. In questo caso l’attenzione maggiore è rivolta alla nuova monoscocca che dev’essere ultimata prima della fine del campionato in corso.
Grazie alle simulazioni i tecnici sanno capire dove può essere tolto materiale e dove invece dev’esserne aggiunto. Inoltre si è in grado di dissimulare un impatto per verificare se le strutture di crash e il telaio stesso siano in grado di sostenere le forze “G” imposte da regolamento. In secondo luogo si procede con il disegno e la simulazione dell’architettura aerodinamica. In questo caso vengono sfruttati dei software il grado di simulare il comportamento di alcuni componenti aerodinamici o addirittura l’intera monoposto quando viene investita dall’aria.
Nell’ambiente di calcolo viene visualizzato l’andamento dei flussi, individuando zone a diverse pressioni, i vortici che si vengono a creare, la scia e il CPT: Coefficiente di pressione totale. Un problema che i tecnici della Ferrari hanno sofferto simulando l’intera auto riguarda le ottimizzazioni sui nodi della struttura per riuscire a compiere una simulazione nei limiti della potenza di calcolo imposta dal regolamento.
Queste semplificazioni possono dar vita a diverse problematiche di correlazione dati e ottimizzazione della vettura tramite prove in galleria del vento e su pista. L’ambiente del CFD a sua volta viene diviso in due parti. Nella prima viene simulata una vettura che rispecchia le misure reali, nella la seconda si utilizza un modellino dalle dimensioni ridotte e velocità dell’aria che investe l’auto tipica delle gallerie.
Quest’ultimo ambiente torna utile nella comparazione dei dati tra il CFD e la galleria, in particolar modo quando i dati non combaciano oppure se devono essere testati degli aggiornamenti prima al computer e poi nel wind tunnel. Uno dei problemi relativo alle simulazioni di galleria, sono i vincoli che impone la FIA in termini di velocità del vento e numeri di Reynolds (pressione e temperatura dell’aria). La macchina può essere investita da un flusso che possiede una velocità massima di 50 m/s ovvero 180 km/h.
Questi valori sono relativamente bassi e non permettono di verificare l’andamento della vena fluida nei lunghi rettilinei, dove la pressione del flusso d’aria flette gli elementi aerodinamici. Per ovviare a questa problematica i tecnici della Ferrari, tramite le simulazioni FEM, capiscono come le appendici aerodinamiche modificano la loro forma alle alte velocità e fabbricano dei nuovi elementi deflessi da montare in vettura.
I nuovi pezzi a questo punto si applicano alla monoposto e vengono portati in galleria del vento per controllare il comportamento dell’aria che investe gli elementi leggermente deformati (il flusso arriva sulla vettura sempre a 180 km/h). Una delle differenze tra la simulazione al CFD e quella svolta in galleria è l’impossibilità, in quest’ultima, di ruotare le gomme e capire come si comporta il flusso in fase di curva.
Quando viene percorso un tratto con le ruote non perpendicolari all’aria, il flusso che viene inviato verso il fondo possiede un’energia inferiore rispetto quando ci si trova in rettilineo. Le causa sono le turbolenze della gomma che comportano una generazione di carico inferiore. Per ovviare a questo problema le vetture della passata generazione utilizzavano i bargeboard presenti alle spalle degli pneumatici anteriori, rendendo il flusso più laminare nel suo percorso verso il fondo.
Le moderne wing car non presentano queste appendici aerodinamiche. Per capire come viene inviata l’aria al fondo con le ruote sterzate, viene usato unicamente la simulazione al CFD, confrontando i dati con quelli ricavati in pista. Nel wind tunnel, per simulare alla perfezione ogni modifica aerodinamica eseguibile sulla vettura, i tecnici dividono le componenti aerodinamiche che coprono telaio e motore in parti più piccole. L’engine cover, ad esempio, che nei weekend di gara vediamo come un unico pezzo montato e smontato dai meccanici, in fase di progettazione e simulazione in galleria viene diviso in pezzi più piccoli assemblati insieme.
Questo consente di cambiare angoli e forme di ogni singolo pezzetto della carrozzeria per ottimizzare l’aerodinamica della componente completo e deliberare linee più consone. Un ulteriore vantaggio dato dalla galleria ai tecnici è la possibilità di ruotare di un certo angolo la vettura per simulare il vento laterale. Sappiamo quanto la SF-23 fosse sensibile ai cambi direzionali del vento e questo tipo di analisi ha aiutato non poco Ferrari a garantire una robustezza e varietà maggiore di analisi aerodinamica futura.
Ferrari, progetto 676: simulatore di guida ponte tra informatica e realtà. Prevedibilità resa difficile dalle condizioni esterne
L’ultimo step simulativo a disposizione dei tecnici, ma soprattutto dei piloti riguarda il simulatore di guida. Se la galleria di Maranello porta i suoi anni, al contrario il nuovo “ragno” Ferrari costruito in collaborazione con Dynisma è un fiore all’occhiello per lo sviluppo e la preparazione della monoposto. Il nuovo set-up abbandona la vecchia forma icosaedrica preferendo una monoscocca fissata su 6 martinetti idraulici ed incastonata all’interno di uno scherno a 360°.
Questo nuovo strumento in dote dalla fine del 2021 a piloti e tecnici della casa modenese è l’anello di congiunzione tra ciò che dice la pista e le simulazioni virtuali che abbiamo discusso nello scritto. La potenza di calcolo installata riesce a replicare alla perfezione tutti i dati studiati nelle simulazioni e garantisce una latenza, periodo di tempo tra quanto il pilota fornisce l’input e la risposta del sistema, inferiore al centesimo di secondo.
Ferrari è quindi riuscita a migliorare il proprio sistema simulativo di guida, trovando una buona correlazione con i dati ricavati dalla pista mostrando dei set-up quasi sempre all’altezza nelle ultime gare della stagione. Riuscire a trovare un buon riscontro tra computer e realtà è stata una grossa problematica per il team italiano durate la passata era normativa e le cause erano le condizioni al contorno.
In fase simulativa o in galleria del vento, il flusso dell’aria e la temperatura esterna che interagiscono con la vettura possono essere controllati e mantenuti costanti. In questo modo si possono evidenziare, ad ogni minimo cambio di set-up, variazioni prestazionali del centesimo di secondo. Se si vuole provare la stessa modifica in pista, si troverà una difformità dell’ordine di un decimo di secondo e i motivi di questa differenza sono molteplici.
Innanzitutto il pilota non è una macchina; può stancarsi e variare continuamente la propria iterazione della vettura. In secondo luogo, le temperature di pista e aria combinano in continuazione, come velocità del vento o umidità. Perfino uno pneumatico, dal momento in cui esce immacolato dalle termocoperte fino all’usura che sviluppa nel corso delle tornate è un elemento di variazione prestazionale.
Pick-up, graining, blistering e tutte le striature che si creano sulla mescola a causa del degrado, comportano una variazione del punto di distacco della vena fluida dalle mescole, cambiando in continuazione la mappa aerodinamica. In conclusione, possiamo dire che il più grande step simulativo su una monoposto è quello di riuscire a renderla prevedibile. I piloti per esprimersi al meglio hanno bisogno di una macchina costante nel proprio comportamento e perfettamente bilanciata.
Una monoposto prevedibile permette di effettuare una staccata o una curva allo stesso modo giro dopo giro oppure di andare sul gas sempre nello stesso momento. Il pilota ha un’enorme capacità di codificare ciò che ha fatto in un giro prima e rieseguirlo la tornata successiva. Se consideriamo due curve uguali per angolo e raggio, una a destra e una a sinistra, non si può avere una velocità di percorrenza differente di 10/15 km/h, ciò implica che la macchina è sbilanciata in una direzione.
Il pilota, in una situazione del genere, sceglierà di percorre entrambe le curve alla velocità minima tra le due. Una monoposto poco prevedibile, inoltre, implica continue correzioni, perdita di fiducia per chi la guida, errori e tempi sul giro che continuano ad alzarsi. La mancanza di prevedibilità è una tra le cause del “declino” della F1-75 nella seconda metà della stagione 2022. La stessa problematica si è ripresentata nel 2023 e le modifiche che sono state ormai già deliberate a Maranello per il progetto 676, convergono nel tentativo di mettere nelle mani dei piloti una vettura prevedibile.
Si cerca una monoposto in grado di rispondere e seguire i loro input senza comportamenti inaspettati. Le simulazioni svolte nel corso dell’inverno e le buone sensazioni emerse dalla GES nelle ultime settimane aspettano conferme in Bahrain. Ci si aspetta una monoposto più gentile sulle coperture e più predicibile in ingresso curva, capace di lenire i problemi di degrado e overheating delle mescole nei long run, punto debole delle rosse da diverse stagioni.
Autori: Alessandro Arcari – @berrageiz – Leonardo Pasqual – @PasqualLeonardo
Immagini: Scuderia Ferrari