F1 2023: Red Bull, Ferrari ha perso. Partiamo dalla foto di copertina. Charles Leclerc e David Sanchez a colloquio durante i pre season test in Bahrain 2023. La nostra redazione era presente e come tanti altri abbiamo potuto constatare quanta amarezza aleggiasse nell’ambiente ferrarista. L’immagine lo testimonia in maniera inequivocabile, perchè mentire all’anima non si può. Due facce scure, aride, che rispecchiavano alla perfezione lo stato d’animo abbracciato in quelle giornate invernali davvero complicate.
Il pezzo odierno inizia così, ricordando un passato non troppo lontano. Questo perché è importante non dimenticare da dove si arriva per sapere cosa il futuro può tenere in serbo. Senza dubbio questa è l’epoca dell’anno dove le sparate si sprecano. La stampa, quella più preparata e non, cerca di attirare i lettori inventando di sana pianta il rendimento di una vettura che, signore e signori, non solo non è ancora completa ma bensì non ha nemmeno messo le ruote sulla pista.
Il mondo Ferrari è da sempre bersagliato da questo tipo di scenario. Ogni anno succede e non importa quanto “schifo” può aver fatto la rossa l’anno precedente, perché intanto il sogno di plastica cromato secondo cui la rossa volerà e sconfiggerà tutti fa sempre presenza. Una narrazione tossica messa in atto da pseudo comunicatori. Menzogne studiate con le gambe sotto il tavolo, prodotte ad hoc da commerciati dell’informazione da quattro soldi che, malgrado si definiscano esperti, molto spesso non sanno nemmeno quello che dicono.
E allora succede che Ferrari ha già vinto il mondiale a Gennaio, perché diciamocelo francamente: a chi non piace gongolare bramando un Cavallino Rampante alla ribalta?. In pratica si gioca sporco sulla fede immarcescibile del tifoso, nutrendo false speranze che purtroppo, molto più spesso di quanto dovrebbero, finiscono per naufragare nel mare di balle raccontate. Questa è la comunicazione che piace all’Italia? Noi crediamo di no e proprio per questo ancora una volta lo ribadiamo. Nel farlo passiamo all’azione parlando di cose serie…
Mentre si specula su Ferrari si dimentica Red Bull: Newey racconta i segreti della vettura campione nell’era wing car
Newey ha recentemente parlato. Ogni qualvolta che il genio di Stratford-Upon-Avon si esprime riesce a fornire una chiara visione su certi argomenti, alcuni dei quali abbiamo analizzato e discusso durante l’arco dello scorso campionato. Adrian ha fornito alcune chiavi di lettura davvero interessanti che andiamo a commentare di seguito e che riprenderemo prossimamente. Innanzitutto ha parlato di bouncing, un fenomeno che ha largamente segnato i percorsi evolutivi di diverse monoposto, rivelando i problemi concreti alla base di tale fenomeno.
“Il problema del bouncing è multidimensionale. Quindi parliamo della forma aerodinamica della vettura stessa, delle sospensioni e possibilmente della rigidità della carrozzeria. I tecnici lo hanno gradualmente scoperto nell’ultimo anno e mezzo”.
La generazione attuale di vetture ha bisogno di correre molto vicino al suolo, in modo da generare la massima differenza di pressione possibile. Come ha esposto il tecnico britannico ne deriva un problema serio. Dal punto di vista aerodinamico l’obiettivo mira a trovare la minima altezza da terra per cui non si verifichino impatti con il terreno (bouncing). E’ quindi necessario innanzitutto fissare una certa ride height statica, per poi ottimizzare attorno a quel valore i parametri di carico.
Da qui deriva la prima discriminante, ovvero azzeccare attorno a quale valore si debbano portare avanti le simulazioni tra CFD e galleria del vento. La chiave per far lavorare correttamente il pavimento consiste nel farlo funzionare su uno spettro di condizioni diverse che determinano la dinamica del veicolo. Le simulazioni devono quindi possedere un certo grado di robustezza. In parole semplici: i parametri non devono scostarsi eccessivamente da quelli prefissati quando il mezzo è in movimento e si allontana dall’altezza di riferimento.
Alcuni millimetri di differenza, infatti, possono variare completamente la struttura del flusso e come questa si evolve sulla lunghezza del fondo. Da queste poche righe si capisce come a livello aerodinamico il problema del bouncing sia governato da diverse variabili, dove il comportamento dev’essere compreso in modo approfondito per far funzionare le cose. Questo considerando che sono presenti altre due dimensioni nelle quali il problema si può estendere. Le sospensioni giocano un ruolo decisivo. Anche in questo caso ne abbiamo discusso in modo approfondito.
Lo schema sospensivo deve riuscire a garantire una buona “ride” e al contempo assicurare una notevole rigidezza, proprio perchè meno ci si discosta dall’altezza prestabilita dal progetto e più il problema riduce la propria complessità. Per questa semplice ragione, nel mondiale 2023 la Red Bull ha faticato nel mettere in temperatura l’asse anteriore in generale, soffrendo particolarmente durante le sessioni classificatorie. Di seguito troviamo le parole di Newey al riguardo:
“L’unico punto debole della RB19, se così possiamo dire, è stata l’incapacità di generare la temperatura adatta sull’anteriore abbastanza velocemente, per poter arrivare in curva 1 durante un giro di qualifica nella corretta working range. Per questo Verstappen ha conquistato “solo” 13 pole contro le 19 vittorie”.
Adrian ha altresì commentato la celebre direttiva tecnica DT039, che dal Gran Premio del Belgio 2022 ha sancito una netta distinzione tra Red Bull e gli altri avversari. Una gap tutt’ora non colmato. Sappiamo bene, malgrado le assidue negazioni di Mattia Binotto al riguardo (chissà oi perché), quanto tale provvedimento della Federazione Internazionale abbia limitato la Ferrari, trasformando la F1-75 da una vettura vincente a semplice comprimaria.
“Quando è stato annunciato il cambiamento relativo alle altezze da terra ne abbiamo discusso internamente. Alcuni dei nostri ragazzi sostenevano che la direttiva andava combattuta. Pensai che nelle curve ad alta velocità eravamo dietro alla Ferrari. La nostra vettura aveva problemi a velocità molto elevate, quindi in realtà quel cambio di registro poteva essere adatto per noi. Questa la ragione per la quale non abbiamo protestato molto”.
Senza dubbio sta proprio qui la genialità di Newey, nel riuscire a capire quale strada poteva favorire la propria monoposto anche senza una prova evidente. Ricordiamo che tramite la direttiva DT039 l’altezza minima del fondo era aumentata di 15 millimetri e l’altezza dal terreno del diffusore fu alzata di 10 millimetri. Il britannico, inoltre, ha menzionato un ulteriore aspetto interessante relativo alle modifiche più nascoste che hanno riguardato il telaio della RB19.
Lo chassis della monoposto 2023 presentava infatti una forma a “V” molto evidente. Argomento da noi chiacchierato in tempi non sospetti durante i test del Bahrain dello scorso febbraio. All’epoca non era affatto semplice comprendere nei dettagli i motivi di questa modifica, mentre oggi risulta decisamente più semplice farlo. Essenzialmente il discorso è sempre quello: con una sezione della scocca maggiormente a “V” e meno tozza, si riescono a risparmiare alcuni centimetri cubici utili per gestire meglio il fluido che attraversa quella zona e poi si dirige al di sotto della monoposto.
In maniera molto semplificata possiamo dire che si tratta di una massa d’aria maggiore utile ad alimentare i canali Venturi, strumento attraverso il quale si riescono a recuperare alcuni punti di carico. Anche lo stesso undercut sotto alle fiancate poteva essere incrementato in termini di volume, il che portava un certo vantaggio in termini di potenza dell’outwash generato, in quanto il vortice che si stacca in quella zona era di maggiori dimensioni.
Piccoli accorgimenti dal grande peso specifico. Anche sotto questo profilo Newey ha lasciato pochissimi dubbi. Lo ha fatto parlando dell’efficienza dei sistema che gestisce l’ala mobile sommato al lavoro che svolge l’accoppiata beam-wing/diffusore, argomento sul quale ci siamo espressi innumerevoli volte durante l’anno, definendolo un aspetto tecnico davvero importante per garantire tanta competitività alla propria monoposto.
“L’efficacia del DRS dell’auto è migliorata con un “double kick” nella rampa del diffusore che, con ogni probabilità, possiamo definire elemento chiave. Con un effetto molto aggressivo della beam wing dirigendo il flusso d’aria verso la parte inferiore dell’ala principale, quando il DRS veniva utilizzato pareva che lo stallo raggiunto fosse maggiore”.
Interessante notare come l’ingegnere britannico sottolinei apertamente la filosofia a “doppio kick” presente sul diffusore della RB19. In genere questo tipo di osservazioni non sono così aperte. Il ‘kick’, in sostanza, è quel punto che segna l’inizio del diffusore, quindi collocato nella regione di espansione del fluido. Sulla RB19 facevano presenza due regioni ben distinte con diversi “rate” di espansione per un chiaro motivo.
Ricordiamo infatti che all’interno del fondo c’erano diverse geometrie atte ad aumentare ulteriormente il volume utile per l’espansione. La massa d’aria che veniva ampliata, quindi, andava a lambire il dorso dell’ala posteriore grazie all’aiuto diretto della beam-wing, elemento che funge proprio da perfetto estensore del diffusore e che sulla Red Bull era “angolato” notevolmente. Anche per tale ragione, quando si apriva l’ala mobile lo stallo era superiore.
Autori: Niccoló Arnerich – @niccoloarnerich – Alessandro Arcari –@berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari- Oracle Red Bull Racing