Il 2023 è ormai alle spalle. La F1 si appresta a tuffarsi in una nuova e lunga stagione composta da ben 24 gare. Nove mesi in giro per il globo, ¾ di anno che probabilmente si dispiegherà in un canovaccio già visto: Red Bull e Max Verstappen a fare da battistrada, nove team e 18 piloti ad inseguire cercando di cucirsi il proprio spazio in un mondiale che non ha un esito scontato ma che vede essere quelli di Milton Keynes gli uomini da battere.
Il vantaggio accumulato nei primi due anni di Formula Uno di nuova generazione difficilmente sarà estinto in pochi mesi di lavoro nonostante sia diffusa idea che un certo grado di tendenza all’incontro prestazionale debba essere messa in conto in virtù di una cornice regolamentare immutata e che tale rimarrà per altri due campionati che faranno da preludio al grande rimescolio del 2026, quando ogni cosà potrà accadere in forza delle nuove norme che saranno deliberate nell’insieme non più tardi dell’estate 2024.
Nel campionato 2023, il settantaquattresimo della storia della F1, si sono scritti un bel po’ di record che hanno visto protagonista Verstappen che per la prima volta nella storia ha vinto 19 delle 22 gare disputate. Un pilota che ai numeri straordinari è avvezzo visto che dal suo debutto, datato 15 Marzo 2015, ha vinto ben 54 delle 185 gare disputate. Numeri accompagnati da 98 podi, 32 pole position, 30 giri veloci in gara, 2586,5 punti raccolti e soprattutto tre mondiali vinti di fila a spezzare l’imperio di Lewis Hamilton i cui record non sembrano oggi più così irraggiungibili.
Score da capogiro per un pilota che già si accomoda nell’alveo dei più grandi di tutti i tempi. Un driver che, pur essendosi espresso più volte contro la Formula Uno moderna e i sentieri su cui questa si è incamminata e nonostante abbia ribadito che non si vede sulle vetture a ruote scoperte così a lungo come fatto da Fernando Alonso, è tutt’altro che appagato. Anzi, la fame è intatta e, nei limiti del possibile, ancora in fase crescente.
L’olandese sembra non avere punti deboli, ma solo qualche aspetto in cui ha ancora margine di miglioramento. Un esempio è rappresentato dalle qualifiche che di certo non sono l’esercizio in cui Max riesce meglio. Ma parliamo di dettagli, nulla in cui sia davvero deficitario. Leggere difficoltà che probabilmente si sono incontrate con le caratteristiche di vetture che danno il meglio di sé in gara e non nel singolo giro push.
Red Bull: Horner pazzo di Verstappen
Con un piranha affamato come Verstappen e una scuderia che ha alzato l’asticella in ogni comparto è difficile ritenere che gli accorrenti, Ferrari, Mercedes e McLaren su tutti, riescano nell’operazione aggancio sin dalla prima gara del 2024 che, come da prassi recente, si terrà in Bahrain dove si svolgeranno anche i test invernali. Nel team si coccolano il loro campiono ritenendolo una sorta di assicurazioni sulla vita. Con un contratto che scade a fine 2028 si può affrontare con più serenità l’ennesimo cambio generazionale della F1.
“I suoi punti di forza sono la capacità di adattarsi e di estrarre il massimo da una vettura, la fiducia che ha in se stesso, la convinzione e la determinazione”, ha affermato Christian Horner. “Lo si vede sempre, che sia in un giro di uscita o in quello di ingresso delle prove libere: quando le condizioni cambiano, la capacità di adattarsi e di essere in sintonia con la macchina è superiore a qualsiasi cosa che abbiamo mai visto prima“. E il manager di Leamington Spa qualche altro fenomeno sotto gli occhi (Sebastian Vettel per citarne uno) lo ha avuto.
“Max non lascia nulla sul tavolo, vuole tutto. Non vuole solo vincere, vuole dominare. Questo si vede in ogni grande sportivo: la ricerca dell’eccellenza e del dominio è un segno distintivo di ciò che lo rende un talento eccezionale. In più, questa qualità spinge e motiva la squadra all’interno ed è un fattore implacabile in termini di ricerca delle prestazioni”, ha concluso Horner.
Più che la capacità di adattarsi (innata e manifesta, quindi non negabile) ciò che emerge dall’agire di Verstappen è la sua attitudine a orientare le cose dalla sua parte. Horner, in una dichiarazione di qualche tempo fa, aveva ribadito quanto il suo pilota si adattasse al contesto cangiante: “Sviluppi un’auto per essere il più veloce possibile; a volte le macchine veloci sono difficili. I buoni piloti si vedono in condizioni di bagnato, condizioni miste, condizioni variabili. I piloti d’élite si adattano rapidamente. E penso che una delle sue abilità chiave sia la capacità di Max di adattarsi al feeling e ai livelli di grip che una vettura gli dà”.
Il manager inglese, quindi, affermava che non esisteva alcuna parabola di sviluppo atta a soddisfare un pilota specifico. L’imperativo è progettare e costruire l’auto più veloce in ottemperanza a quanto impongono le simulazioni, le analisi computazionali e la galleria del vento.
Quel che afferma Horner è vero, ma all’interno del team sono emerse dinamiche che parzialmente confutano queste tesi e confermano quanto Max sia un catalizzatore tecnico. La RB18, il modello che rappresenta la base di sviluppo della versione 2023 che ha fatto incetta di vittorie, è stata fatta evolvere intorno alle caratteristiche di Verstappen.
Verità ammessa da Paul Monaghan e Pierre Wachè in tempi non sospetti. La vettura pesante e tendente al sottosterzo vista nelle prime fasi del 2022 ha cambiato personalità via via che è stata alleggerita e che è progredita aerodinamicamente. L’anteriore poco preciso è diventato sempre più solido con il retrotreno ad assecondare i movimenti in un delicatissimo bilanciamento di forze.
Condizione, questa, che ha portato le macchine anglo-austriache fuori dalla comfort zone di pilotaggio di Sergio Perez per condurle verso i dettami stilistici del tri-campione di Hasselt. Basta fare un flashback a metà luglio 2022 per trovare solidi riscontri. La prima creatura “next gen” di Adrian Newey, ad un certo punto, ha preso una strada tecnica tale da condizionare negativamente le prestazioni di Perez e positivamente quelle di Max.
A Milton Keynes avevano capito che l’unico, vero, modo per sbloccare prestazioni era andare in quella direzione di sviluppo che producesse maggiore precisione dell’anteriore limitando drasticamente il sottosterzo.
Esaltare il “vecchio comportamento”, secondo stime fatte in fabbrica, non avrebbe condotto a nulla di buono. E se ciò è accaduto è perché c’è un pilota che, pur essendo iper-adattivo, è sicuramente ancor più abile a dimostrare ai suoi ingegneri che la cosa più proficua da fare, in termini di punti e vittorie, è andargli dietro.
Alla Red Bull di certo non mancano le capacità per definire una linea di sviluppo piuttosto che un’altra. Si è scelto di preferire quella più efficace che va in assonanza col driving style di Verstappen. È assolutamente normale – la storia lo conferma – che un’equipe faccia scelte politiche e tecniche del genere per massimizzare i profitti sportivi.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing