lunedì, Settembre 16, 2024

Ferrari: la continuità fine a se stessa non funziona

La “stabilità” serve? Dipende. In molti magnificano il sostantivo “stabilità” applicandolo alla F1 e in particolare alla Ferrari (dove mancherebbe da tempo) e spiegando che sarebbe la panacea di tutti i mali. Ma le cose stanno davvero così? Dipende, rispondo. Una delle cose che ho ben chiare, se si parla di squadre, gruppi di lavoro e via discorrendo, è che certamente la continuità/stabilità sia un valore.

Ma, e questo è il punto cruciale, non può né deve essere un valore assoluto. Essa semmai, uso un’analogia legata alla cucina, deve essere rapportata agli “ingredienti” che hai in casa. E se ti mancano determinati “ingredienti” per rendere la tua pietanza buona o eccellente, e quelli che hai li hai amalgamati e provati in ogni modo ma il risultato non è all’altezza del tuo rinomato ristorante, allora devi andare a comprarne altri da qualche parte. Sic et simpliciter.

O per fare “l’intellettuale” potrei dire che la logica filosofica del “rasoio di Occam” non ci offre alternative, e ci impone per risolvere un problema, di scegliere la soluzione più semplice tra più soluzioni egualmente valide di un problema. Mi spiego meglio. E’ lapalissiano che un gruppo di persone, per diventare vincente in un determinato ambito, abbia bisogno di tempo, di un ambiente “sano” etc etc. Vero.

Ferrari
Enrico Cardile, responsabile tecnico della storica Scuderia Ferrari

Ma il vero punto cruciale, dirimente, che molti cultori e cantori della cosiddetta stabilità applicata ad una scuderia (ma vale anche qui in ogni ambito) dimenticano, è che quelle persone a cui devi dare stabilità devono essere persone valide. Dei talenti ai quali devi dare il tempo di sbagliare, imparare, apprendere, affinare le proprie menti e sbocciare. Un gruppo di persone non all’altezza del compito probabilmente migliorerà nel tempo, ma non sarà mai vincente.


Ferrari: la “stabilità” serve? Dipende…

La mia banale equazione è la seguente: la continuità deve essere rapportata al “capitale umano” che hai. E se quel capitale umano non è all’altezza delle sfide che devono affrontare, cioè non vince e spesso sbaglia, la soluzione del problema non è continuare ad insistere con quelle persone ma, a malincuore, fare un bel repulisti e ripartire.

Tra l’altro accade spesso che un gruppo di persone non all’altezza, aggiungo, si innamori di progetti perdenti, trovi sempre scuse e si incaponisca nel pensare che siano sempre gli altri a sbagliare o ad essere meno bravi (gli altri che nel frattempo frantumano ogni record), cioè in definitiva manchi di umiltà. Le persone davvero dotate di talento e intelligenza creativa, non mancano di umiltà.

Sanno che c’è sempre qualcosa da imparare dagli altri. Le persone non dotate di talento, intendo talento per l’eccellenza, non servono se vuoi vincere in un determinato ambito e spesso non accettano l’idea di “copiare” dagli altri per migliorare il proprio progetto. Eppure la storia è piena di esempi di persone che hanno “copiato”. E’ riduttivo dire “copiato”, ma ci siamo intesi.

Ferrari
Adrian Newey (Oracle Red Bull Racing), direttore del gruppo tecnico della scuderia Oracle Red Bull Racing

Avete presente quando Newey guarda le altre monoposto? Non si è mai fatto alcun problema a portare alle sue vetture concetti di altre vetture non vincenti. E’ un uomo estremamente intelligente, curioso e umile. E dunque è un genio applicato alle corse. Qual è il caso della Ferrari?

E’ il caso di un gruppo di tecnici che sono più o meno gli stessi da molti anni, con qualche defenestrazione eccellente, che dal 2014 non ha mai o quasi mai fatto una monoposto vincente, dominante. E che spesso si fissa su determinati concetti e idee che risultano perdenti. 2017, 2018 e 2022 i risultati decenti. Poi vanificati per vari motivi, in particolare per l’incapacità di sviluppare nel corso della stagione una monoposto che funzionava.

Un’altra variabile da prendere in considerazione è il metodo lavorativo in GES. Credo e penso che non sia snello, veloce e creativo come quello degli inglesi. E non sarà un caso, se ne parlava anche con Daniele Sparisci nell’ultima puntata di Spit Stop, che tutte le “factory” dei team di F1, eccetto Maranello e Faenza, siano in Inghilterra, così come molti ingegneri.

Io temo che ci sia bisogno di un trapianto di cervelli dall’Inghilterra e di un trapianto del loro modo di lavorare. E temo che l’attuale gruppo tecnico della Rossa non sia all’altezza della sfida. Se poi ci aggiungi pure un clima non proprio idilliaco (per usare un eufemismo) nelle cucine di Maranello fra “tribù” contrapposte, ovviamente il risultato non sarà mai quello sperato.

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Enrico Cardile, DT ad interim della Scuderia Ferrari al termine del GP di Monaco, affiancato da Riccardo Adami e Diego Ioverno, supplente di Mekies al muretto box della rossa

Aspetterò, come tutti i ferraristi con trepidazione, i test e la prima gara. E se la SF-24 sarà un missile non potrò fare altro che cospargermi il capo di cenere e gioire. Alla fine, in F1 il giudice supremo è la pista. E da quella non si scappa. I tecnici “autarchici”, Cardile in primis, sanno benissimo che non possono più sbagliare, che non hanno più alcun alibi, zero scuse. Ed avere una pressione enorme sulle spalle non aiuta.

Nel caso sbagliassero di nuovo monoposto, non ci dovrebbe stupire una pesante epurazione e l’arrivo di nuovi tecnici per preparare al meglio il prossimo cambio regolamentare. Sarebbe una cosa assolutamente fisiologica e “naturale” sfruttando una finestra temporale “utile”.

Mercedes ha “cannato” progetto per ben due anni. E i dirigenti sono stati a pensare alla “continuità”? Non mi pare (vedi ritorno di Allison alla guida tecnica). Squadra che perde si cambia. Eccome se si cambia…


Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi

Immagini: Scuderia Ferrari

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