Il caso Horner per il momento è arrivato a una risoluzione. Alla fine si è trattato di una tempesta in un bicchiere d’acqua o almeno questa sembra l’epilogo dell’indagine interna di Red Bull. Dopo settimane di ipotesi, speculazioni, papabili successori del manager inglese, l’organo indipendente ingaggiato da Red Bull Sport non ha rilevato gli estremi di una condotta inappropriata verso la collaboratrice. Segnali sull’esito finale del procedimento c’erano stati.
In primis, una figura apicale di una organizzazione sotto procedimento disciplinare, doveva essere quantomeno sospeso dalle sue mansioni a valle di un consiglio di amministrazione. Invece Christian non è mancato alla presentazione della RB20 e nei test invernali in Bahrain, anche se il linguaggio del corpo tradiva imbarazzo e tensione. Insomma non il solito team principal che abbiamo conosciuto negli anni di dominio, dall’atteggiamento spesse volte spocchioso e indolente. La sua presenza in ogni momento importante della pre-season è stato un segnale inequivocabile.
Il boss della Red Bull non aveva alcuna intenzione di dimettersi e di sottostare a un processo sommario, la cui deadline non poteva andare oltre l’inizio del campionato. Tutti avevano una gran fretta di conoscere il suo destino: Liberty Media, FIA e Ford. Quando in giornata si è appreso che Horner era partito alla volta del Bahrain, la percezione di un verdetto di assoluzione ha preso sempre più corpo. Sugli atti del procedimento disciplinare vige il silenzio assoluto e difficilmente le evidenze della indagine verrano rese pubbliche.
Un modus operandi non gradito a Liberty Media e FIA che si auguravano la massima trasparenza. Così come Ford che in un durissimo comunicato sperava nella rapida conclusione della vicenda, dove la posizione di Christian fosse definita in modo trasparente in ragione di valori non negoziabili. Del resto il britannico non è un dipendente, ma l’amministratore delegato delle tante società di un’organizzazione da egli stesso definita. Il pericolo scampato pone diversi interrogativi sul futuro del team campione del mondo.
Al netto della sentenza, l’autorevolezza di Horner è stata minata?
Come spesso accade i verdetti di alcune indagini lasciano il sospetto che la persona ingiustamente accusata non sia poi stato davvero uno stinco di santo. Se per il codice etico interno della Red Bull, il comportamento non ha superato i limiti disciplinari, nella considerazione dei colleghi e soprattutto delle colleghe, Christian continuerà ad avere l’autorevolezza di cui ha goduto sinora? La sentenza di innocenza gli consente di continuare a esercitare le sue cariche. Tuttavia esiste un’enorme differenza tra autorità e autorevolezza.
La decisione finale può essere vista anche come la soluzione migliore per garantire stabilità a tutte le organizzazioni di cui il manager è amministratore delegato. Anche per i futuri partner della Ford, le troppe zone grigie di una sentenza sorprendente potrebbero convincere il colosso americano a chiamarsi fuori dall’accordo con Red bull. La presenza sul ponte di comando di un uomo dallo stile manageriale aggressivo e poco etico, potrebbe essere una ragione più che legittima per svincolarsi dall’accordo.
Se ciò dovesse accadere il danno di immagine per il colosso delle bevande energetiche sarebbe comunque pesante, a meno che non si decida di allocare a capo della divisione Powertrains una figura diversa da Horner, con la quale si andrebbe a interfacciare il top management della Ford. Un’ipotesi difficile, dato che la divisione che dal 2026 dovrà produrre le unità turbo ibride di seconda generazione, non è altro che un’organizzazione fortemente voluta dal manager di Leamington Spa.
Dopo la bufera ci sarà una resa dei conti interna? E’ inutile negarlo: la grana Horner di certo non era invisa alla corrente austriaca del team. Lo stesso Max Verstappen, ogni volta che è stato intervistato nelle ultime settimane in merito alla indagine, non ha espresso alcun messaggio di vicinanza verso il suo team principal. Adesso si calmeranno le acque, ma se un sentimento di rivalsa esiste lo scopriremo preso. D’altro canto lo sappiamo… la vendetta è un piatto che va servito freddo.
Autore e grafiche: Roberto Cecere –@robertofunoat
immagini: Oracle Red Bull Racing