F1. Dopo aver visto e rivisto “Ferrari”, credo che il film di Mann sia, purtroppo, una grande occasione mancata. Ho riflettuto qualche giorno prima di scriverne, per decantare le sensazioni contrastanti, ma mediamente negative, che mi albergavano dentro. Sarò forse brutale: non dico che 90 e rotti milioni di euro, questo è costato il film, siano stati sprecati, ma poco ci manca. E gli incassi al botteghino mondiale sono purtroppo impietosi: 23-25 milioni di euro totali.
D’altronde, un primo segnale poco incoraggiante, sono ironico, l’ho colto quando il film è stato presentato in anteprima e accolto assai bene alla mostra del Cinema di Venezia. Di solito poi quei film fanno quasi sempre flop al botteghino. Su Amazon Prime è disponibile da qualche giorno e non ha neanche raggiungo, nel momento in cui scrivo, la vetta dei film più visti. E’ quinto. E, aggiungo subito, questo lungometraggio non mi pare avere la caratteristiche per diventare un cult nel tempo, come ad esempio è accaduto per “Blade Runner”, giusto per citare il caso più eclatante.
F1|Ferrari: spoiler. La trama.
La pellicola statunitense si concentra su un anno preciso della vita di Enzo Ferrari: il 1957. E’ l’anno della tragedia di Guidizzolo, incidente stradale avvenuto il 12 maggio 1957 durante lo svolgimento dell’ultima edizione della Mille Miglia, gara prestigiosa che si svolge fra strade e paesi dell’Italia del centro nord. La gara non si corse più proprio dopo il terribile incidente. Persero la vita 11 persone: due piloti della scuderia Ferrari e nove spettatori, cinque dei quali bambini. Dino, il primogenito di Enzo, è morto da circa un anno.
La convivenza con la moglie Laura è a dir poco problematica, i due vivono quasi come separati in casa da tempo. Lo stesso Enzo ha una relazione extra matrimoniale con Lina Lardi, dalla quale è nato Piero. Nel frattempo la situazione economica dell’azienda è sempre più critica, perché Ferrari spende tutti i soldi che ha per le corse. Come se non bastasse, proprio dopo Guidizzolo, le critiche che già Ferrari riceve da giornalisti, e pure dal Vaticano, diventano feroci. Ma questa parte viene sistemata in qualche minuto quasi alla fine del film.
Considerazioni preliminari. Un lungometraggio nasce per vendere biglietti. E lo fa intrattenendo gli spettatori, facendoli riflettere, facendoli emozionare e via discorrendo. Quindi si può prendere (e si prende) tante licenze rispetto ai fatti a cui si ispira e/o ai romanzi da cui è tratto. E lo fa anche per motivi pratici. Tutta quella “materia” deve essere trasporta in lungometraggi che non devono essere troppo lunghi. Tuttavia, da questo punto di vista il film è abbastanza fedele alle vicende che narra e non si prende eccessive licenze.
F1|Ferrari. Le cose che funzionano
Gli attori. Ho letto critiche feroci su Adam Driver, che non sarebbe stato adatto alla parte perché troppo alto. Vi svelo un segreto: Driver è alto appena due centimetri in più di Enzo Ferrari. Il problema semmai è legato al volto e al fisico. Enzo in quegli anni era abbastanza pingue. Solo in età avanzata diventerà molto magro. Tuttavia l’interpretazione di Adam Driver è azzeccata, a mio parere.
L’attore ha cercato di calarsi nei drammi esistenziali e talvolta nell’incomunicabilità del vero Ferrari… e a mio parere c’è riuscito. Tutto il cast, sempre secondo il sottoscritto, è di prim’ordine e funziona, tenendo insieme il film. Penelope Cruz crea una donna forte e fragile, che ama e odia contemporaneamente, con un’interpretazione intensa e convincente.
La ricostruzione storica/ambientale è’ davvero fatta bene. Abiti, ambienti, auto originali o copie fedeli che invitano a nozze un appassionato di storia del motorsport. Rombo dei motori (a quanto ho letto) assolutamente originale. Un manifesto mi ha fatto storcere il naso, “Il pneumatico Pirelli” (se non ricordo male). Oggi ormai è normale scrivere “il” al posto de “lo” pneumatico, ma non so se nel 1957 fosse cosa usuale. Io continuo a ritenerlo un errore grammaticale, ma qui “scatta” il mio essere docente di letteratura italiana.
F1|Ferrari. Cosa non funziona
Il titolo. Non è un film biografico. E quindi è un grande errore (voluto probabilmente per attirare gli spettatori) ma che distorce tutto il resto. Mi spiego meglio. Non si parla della vita di Ferrari ma, appunto, di un solo anno e con una prospettiva nella quale man mano che la pellicola va avanti assume sempre più importanza Piero Ferrari. Dunque parte in un modo e poi vira strada sul tema del rapporto fra padri e figli. Quelli che non ci sono più (Dino) e quelli che ci sono (Piero).
Gli effetti speciali. Ne sono stati usati pochi, e male. La computer grafica (per fortuna credo usata in due soli casi) sembra davvero dozzinale, roba degli anni Novanta. I due incidenti che si vedono sono davvero terribili non solo per l’esito drammatico che ebbero, ma per la dinamica che sfida le leggi della fisica e anche per gli occhi dello spettatore che d’improvviso, per qualche attimo, sembra assistere ad un B-Movie splatter e quindi involontariamente comico.
Davvero un neo terribile e incomprensibile. A meno che non siano rimasti a corto di soldi (plausibile). Mann voleva fare questo film da trent’anni, dicono. A questo punto se avesse aspettato qualche altro anno non ci avrebbe cambiato la vita. E forse sarebbe uscito qualcosa di meglio. O forse no. In sostanza questo film non lascia quasi nulla… è una grande incompiuta.
Un film che non decolla mai. Se lo paragoniamo ad esempio a “Ferrari vs Ford: Le Mans 66”, costato praticamente la stessa cifra di Ferrari, 96 milioni di euro, incassandone più del doppio, abbiamo l’esempio di come si può fare, e bene, un film sulle corse ma che non parla solo di corse. E’ chiaro che l’equivoco nasce dal fatto che non si parla della Ferrari ma che in realtà si cerca di portare lo spettatore nella vita tutt’altro che semplice di un uomo complesso come era Enzo. Ma, anche in questo caso, ci potevano essere tanti modi per raggiungere l’obiettivo.
Addirittura la dinamica dell’incidente di Guidizzolo poteva essere omessa, risparmiandoci gli effetti visivi catastrofici, mostrando semmai il successivo attacco che Ferrari subì da oltre mezza Italia. Ferrari subirà pure un processo che, alla fine, lo scagionerà da ogni accusa, ma con il rischio concreto di finire in prigione. Quindi di materiale introspettivo ce n’era a iosa… (per saperne di più consiglio il libro “Ferrari sospetto colpevole” di Luca Dal Monte).
E invece il film si concentra su Piero e tanti saluti. E non è che sia sbagliato che si parli di lui, ci mancherebbe. E’ che la pellicola si trasforma in un grande equivoco. Tra l’altro la lentezza, che si confà a un film intimistico quale questo vuole essere, poco si confà con la vita di Enzo Ferrari, che significa intrinsecamente dinamismo e velocità. Il film vuole parlare del dramma di un uomo che costruisce auto velocissime. Ma fa male una cosa, non approfondendo quanto potrebbe, e fa male l’altra, quando vuole farci vedere la velocità con gli esiti di cui sopra.
Non so cosa volesse fare il regista. Ma il risultato è decisamente mediocre, probabilmente la peggiore pellicola di Michael Mann. Tra l’altro il regista è uno dei miei preferiti e vanta un curriculum invidiabile. Cito fra gli altri: “Manhunter”, “L’ultimo dei Mohicani”, “Heat”, “Collateral”, “Miami Vice”, “Nemico pubblico”. ll dubbio è che, semplicemente, il regista forse non sia adatto a un biopic incentrato sull’italianissimo Ferrari. Anche perché nel lungometraggio non mancano i soliti stereotipi sugli italiani. O forse che Mann sia nella fase declinante della sua carriera.
D’altronde il suo penultimo film, “Blackhat” (2015), è stato un flop così grande che per sette anni il regista è rimasto praticamente ai box, in attesa di ripartire. Ironia della sorte, ripartire con Ferrari. C’è di peggio? Certamente. Il film su Lamborghini è letteralmente un obbrobrio incommentabile… con un doppiaggio balordo (si confondono i cavalli di un motore con la sua cilindrata con esiti comici non voluti tipo: “Quest’auto ha 1500 cavalli”) e addirittura un Enzo Ferrari in Rolls Royce!
La chicca: Peugeot 403. L’auto personale che effettivamente Enzo usava alla fine degli anni Cinquanta. E forse non lo sapete ma la versione decappottabile è l’iconica (e malconcia) auto del leggendario tenente Colombo.
Conclusione. Dopo questo “disastro” non so se e quando sul grande schermo si riparlerà di Ferrari. Magari possiamo sperare in qualche serie TV di alta qualità (Apple e simili). Tuttavia resta, per il sottoscritto, un grande punto interrogativo. Possibile che nessuno riesca a trasmettere l’epica di una vita straordinaria e piena di contrasti, come quella di Ferrari? Sino ad ora, niente da fare. E questa occasione mancata contribuisce a ridurre notevolmente la mia speranza che si possa davvero fare un bel film su Enzo Ferrari e/o sulla storia incredibile della sua “creatura”. E gli spunti, certo non mancano. Peccato.
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: Scuderia Ferrari