Mercedes sta facendo a pugni con la W15. Una vettura che in F1, almeno sulla carta, doveva essere finalmente in grado di dare con un colpo di spugna al recente passato a tinte fosche. Abbandonare le incertezze per stringere in caldo abbraccio una certa sicurezza. Quella solidità di base che permette a una scuderia di presentarsi serena a un Gran Premio, scevra da preoccupazione ulteriori a quelle di far funzionare a dovere la propria monoposto. E invece ci risiamo. Mike Elliott non c’è più, prima promosso a ruoli più proficui all’interno del team e poi, una volta perse le sue tracce, spinto fuori dalla porta secondaria di Brackley.
Al suo posto James Allison, mento volitivo già noto ai più in Italia, grazie alla sua breve e a dir la verità molto poco fruttuosa parentesi quando era stipendiato dagli uffici di Via Abetone Inferiore 4. Il britannico ha portato calma all’interno del gruppo di lavoro, una pace mentale necessaria a ripartire dopo annate trascorse a lambiccarsi il cervello sull’equazione “side pod“, iperuranica solamente sui monitor dei computer. L’occasione per cambiare passo, realizzare un step evolutivo sostanziale e avvicinarsi ai dettami aero-meccanici Red Bull era l’idea. O almeno questo è quello che speravano tecnici, ingegneri e piloti vestiti di grigio, bianco e nero.
Arrivano i test e con essi una consapevolezza: qualcosa non funziona a dovere. Parliamo di sospensione posteriore, stravolta nei cinematismi passando allo schema push-rod, altezze da terra, avantreno e retrotreno, e dulcis in fundo un pavimento che perde punti di carico all’improvviso a determinati range di velocità, 220/250Km/h, curve ad alta velocità di percorrenza, per intenderci. Eppure il carico non dovrebbe essere un punto super debole. Rispetto alla stagione 2023 è superiore. Ciononostante, appunto, ogni tanto sparisce et voilà… il posteriore perde aderenza e tende a sbandare.
Wolff non sa più che dire. Da una parte “piange”, si dispera. Si darebbe un cazzotto sul naso e si mette in discussione. Si guarda allo specchio la mattina, dopo aver fatto la barba, e non scorge più quel sorrisetto furbesco di chi ha sempre la vittoria in tasca. Sostiene di non poter mollare la presa e in un certo senso è pronto all’ascolto di suggerimenti di chi magari ne sa di più. Dall’altra parte esce l’orgoglio del manager ferito e così lancia sfida per il prossimo futuro, promettendo di tornare a sedersi sul trono dei migliori dal 2026. Parla con Verstappen tramite la stampa e lo corteggia spudoratamente.
Per di più cova una grande “vendetta” verso la FIA. Malgrado le tonnellate di bicarbonato che prende la sera prima di infilarsi a letto, non riesce (giustamente) a digerire l’attacco sgangherato della Federazione Internazionale verso la sua famiglia. Elemento che sommato alla questione Masi/Abu Dhabi 2021 ha ridotto Totone a uno straccio. Tante energie profuse che però potrebbero essere incanalate verso un unico obiettivo: capire come cavolo funzionano le attuali monoposto di F1 a effetto suolo. Un “sapere” ancora lontano dalle menti Mercedes.
L’introduzione discorsiva dello scritto è funzionale alla seconda parte dell’articolo, dove tra le altre cose cercheremo di spiegare, senza entrare in troppi dettagli, cosa il gruppo di lavoro targato Brackley sta cercando di fare. Ma prima ancora un paio di considerazioni. Un parallelo tra il concetto “slim” del recente passato e quello attuale. Ambedue le impostazioni non funzionano, dato di fatto. Sebbene molto diverse tra loro, sono i così detti “problemi di contorno” che inficiano negativamente sulla bontà del risultato e non direttamente la filosofia in se.
All’interno di un podcast della F1, a suo tempo Mike Elliott aveva spiegato il grattacapo della concezione zero pod. Lo aveva fatto definendolo come una cipolla: “tolto uno “strato problematico ne compariva sempre un altro”. Successivamente, a margine dell’abbandono di tale impostazione nel 2023, come la quasi totalità delle scuderie hanno virato verso lidi ipoteticamente più vantaggiosi, seguendo di fatto il solco tracciato da Red Bull. Le cose sembravano migliorare in attesa di disegnare su un foglio bianco la W15, questa volta con massima cognizione di causa. E invece la finestra di funzionamento della vettura 2024 è strettissima, ancora, esattamente come succedeva con la W13 e la W14, due auto che passeranno alla storia come “aborti tecnici”, purtroppo.
Senza dubbio quello dei sidepod rastrematissimi era un concetto audace e forse troppo estremo, ma i problemi sofferti da quelle monoposto non erano tutti strettamente legati a quella particolare filosofia. Proprio nell’ultimo mese se ne sono resi conto, in Mercedes. Erano sempre costretti a girare molto bassi e ciononostante non solo le ride height ridotte non pagavano ma di riflesso creavano ulteriori grattacapi. In questo momento, sulla nuova vettura nera e grigia, il team sembra aver raggiunto una consapevolezza decisamente più alta. Tuttavia manca la mera comprensione aero-meccanica per far si che tutto funzioni. AAA. CERCASI…
F1|Mercedes W15: studio in corso su altezze da terra e interazione aeromeccanica
Come anticipato dalla nostra redazione in avvicinamento al Gran Premio d’Australia 2024, i test che Mercedes aveva programmato durante le prove libere prevedevano un compare tra due versioni di fondo, rispolverando la versione utilizzata solamente durante i pre-season test e poi accantonata in vista del primo round stagionale in Bahrain. L’obiettivo era quello di studiare il comportamento dell’auto per considerare un possibile distacco della vena fluida in determinati range di velocità. Esame che a quanto capito non ha cambiato molto lo stato delle cose.
Come sappiamo in questi casi, in attesa di eventuali upgrade che possano correggere un comportamento inadatto della monoposto, l’obiettivo è quello di ottimizzare il pacchetto con la messa a punto. Un lavoro molto difficile specie quando come per la W15 la coperta è molto corta. Lewis e George sono piloti che appartengono a due diverse generazioni. Il sette volte campione del mondo gode di un’esperienza enorme e per tale ragione ha deciso di “provare” qualcosa di diverso. Il suo connazionale preferisce seguire di più la squadra invece, atteggiamento che ad Alber Park ha senz’altro pagato di più.
Tuttavia un pilota che guida le moderne wing car dev’essere in grado di cambiare l’approccio alla guida a seconda delle impostazioni scelte. Parliamo del carico installato che solitamente prevede 2 o 3 regolazioni di base scelte dagli scan e poi definite al simulatore, che vengono successivamente validate in pista nella giornata di venerdì. Questo poiché un conducente sia pronto a gestire la finestra di utilizzo della monoposto nella “costruzione dell’assetto”, tenendo presente che all’interno della questione ci sono variabili quali ad esempio grado di camber, altezze da terra, tipologia di molle con relativa rigidezza e via discorrendo.
Per questo, Mercedes, nella preparazione al week-end sta cercando di coprire un raggio di possibilità più ampio possibile, considerando che il tempo a disposizione nelle sessioni non ufficiali è sempre troppo poco per cercare le risposte al puzzle ipotetico studiato al simulatore e comunque viene condizionato dalla scelta sul tipo di mescole da studiare. Secondo le info raccolte dalla nostra redazione i tecnici di Brackely stanno profondendo il massimo sforzo, realizzando una serie di considerazioni su rigidezze e altezze da terra, anteriori e posteriori, in conformità al compromesso scelto per la pista che possa da una parte valorizzare i punti forti e dall’altra lenire quelli deboli.
Meccanicamente parlando, quindi, il team tedesco sta provando a ottenere una sensitività sul lap time legata alla ride height, utilizzando nel campo simulativo strumenti adatti per scovare quali settaggi sospensivi possano risultare più fruttuosi in questo momento. Tracciare una “strada di utilizzo” come base. Un sorta di punto di partenza sul quale in pista, tramite il fine tuning, si prova a massimizzare le performance. Il tutto tenendo sempre in conto l’equazione che regola le wing car: il necessario equilibrio tra resistenza all’avanzamento a fine rettilineo e la prestazione a basse e alte velocità.
Certamente Mercedes è convinta di poter sbloccare un buon quantitativo di performance studiando varie combinazioni tra aerodinamica e alterezze da terra. Questo tenendo presente che, sebbene la spinta verticale generata dalla W15 sia superiore alle vetture progenitrici, resta sempre un certo gap da colmare su Red Bull e Ferrari. Aspetto che una volta raggiunto l’ottimale punto di lavoro della vettura si farà comunque sentire. Come possiamo facilmente immaginare, la complessità del rompicapo tecnico Mercedes è davvero grande…
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Mercedes AMG F1 Team