Red Bull ha un problema in F1. Ci dev’essere qualcosa di oscuro, di profondamente malato, di torbido e forse inconfessabile in quanto sta accadendo nel “capitale umano” che compone i vertici della scuderia austriaca. Perché, dal punto di vista squisitamente sportivo, il team del binomio perfetto con Max Verstappen continua ad essere il rullo schiacciasassi e il martello spaccatutto che tutti conosciamo. La squadra è reduce da tre anni di quasi totale dominio e gli altri non possono far altro che “mangiare” i “trucioli” di gomma della monoposto numero 1, guardandone il posteriore da lontano, soprattutto in gara.
Eppure, se questo è un lato della medaglia, poi ti trovi l’altro fra le dita, ed è tutta un’altra visione. Le scosse telluriche continuano ad arrivare giorno dopo giorno. E in molti osservatori si fortifica l’impressione, che certo possiamo scambiare talvolta con inconfessabile speranza, che questo gruppo di uomini sia sull’orlo di una crisi di nervi. Che debbano regolare una volta per tutte questioni vecchie e nuove. Che stia arrivando l’Armageddon e che nulla, là dentro, sarà più come prima. In un crescendo parossistico che pare invidiare poco alle tragedie shakespeariane o ai grandi temi greci della tracotanza.
E non può essere, o non può essere solo ed esclusivamente una mera lotta di potere né una spicciola guerra di milioni di euro, un regolamento finale di conti, una “notte dei lunghi coltelli” in salsa squisitamente austro-tailandese e, per fortuna dei protagonisti, senza sangue. Se non metaforico. C’è qualcosa che là, nel profondo dell’animo di questa creatura vincente ma ferita, si nasconde. “Quid est veritas?”Cosa è la verità? Cosa si nasconde dietro il logo del toro stilizzato?
F1, Red Bull: il pulsante auto-distruzione è stato oramai premuto
Forse non lo sapremo mai. Perché la prima vittima di questa vicenda torbida e oscura è, per ora, la verità. Un’altra, sua sorella, è la trasparenza. E’ tutto molto opaco, ti verrebbe da dire come la verniciatura delle monoposto Red Bull, nella vicenda che contrappone Horner a Marko e Jos Verstappen e, quasi certamente, a Max Verstappen. E’ e resta oscuro il cuore della vicenda da cui è partito tutto. Un’assoluzione di cui non si sa nulla. Soprattutto dopo che la presunta vittima delle presunte molestie a sfondo sessuale che avrebbe subito proprio dal team principal è stata licenziata in tronco, pardon sospesa, da Red Bull.
Così come resta oscuro l’allontanamento di Jos Verstappen e, in ultimo, il potenziale allontanamento di Helmut Marko. Proprio quest’ultimo, mettendo da parte le spesso imbarazzanti interviste e punti di vista, è un poco l’incarnazione di Red Bull. Cioè della feroce determinazione ad arrivare al successo contro tutto e tutti. E’ lui così, lo è stata la squadra che è nata anche con lui. Presente sin dall’inizio di questa straordinaria avventura sportiva. Con Horner.
Horner. Ecco, forse il problema. Horner che si guarda allo specchio e pensa: “Essere o non essere, questo il dilemma…”. Horner e un ego, raccontano oggi pure in AMUS, che sarebbe esondato da portarlo, forse, all’Hybris della tragedia greca. Al delitto di tracotanza verso gli dei. E quindi alla tragica e fatale conclusione per colui che si macchia del delirio di onnipotenza. Chi lo sa… mancando la trasparenza, possiamo solo congetturare. E’ probabile, raccontano sempre in AMUS, che Horner, nella sua sete di “vendetta” non voglia fare prigionieri.
E che pensi pure di poter vincere senza Marko (e ci sta) ma anche senza Max e Newey (e qui, mica ci sta tanto…). “Red Bull sono io”, pare di sentirlo mentre marcia verso la distruzione. Sappiamo che la lotta è dichiarata, e che non si faranno prigionieri. Gli altri, spettatori che pagano ancora dazio in pista, in particolare Ferrari e Mercedes, ma anche McLaren, spargono sale sulle ferite. E si attendono di banchettare con i pezzi pregiati di questo potenziale smembramento autodistruttivo.
Tutto ricade su Horner, tutto vede al centro questo personaggio che spesso è sembrato essere oscurato dagli altri pezzi pregiati della scuderia e che ora vuole riaffermare la propria centralità. Contro tutto e tutti, protetto dal cinquantuno per cento dei tailandesi. Non ha voluto sentire ragione con la FIA, con la F1, Honda, con Ford, con il clan Verstappen. Mentre Adrian Newey pare ogni giorno sempre più lontano…
Può un ego smisurato distruggere tutto? Certo che può. E’ successo e succederà ancora nella storia umana. E forse l’inizio della fine potrebbe essere stato la scomparsa di Mateschitz. E a chi mi accuserà di trasformare una banale lotta intestina in un qualcosa di tragico ed epico, ricordo che lo sport e le vicende della vita, comprese le guerre, sono imparentati strettamente. Attendiamo gli eventi…
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: Oracle Red Bull Racing