Newey e la Ferrari, un’utopia per molti. Sette semplici parole che evocano istantaneamente le intricate sfide di un affare di tale portata. Il banale ritornello sulla presunta barriera geografica rappresentata dall’ubicazione di Maranello sembra appannaggio di ingenui. Sì, è innegabile che il britannico nutra un sincero attaccamento alla sua terra natia, prediligendo sempre gli scenari familiari anche in tempi di trasformazioni professionali. Tuttavia, sarebbe un errore ridurre le complessità di questa vicenda a un mero fattore geografico.
Le sue stesse parole, pronunciate in tempi non sospetti, svelano una verità più profonda. “La Ferrari è un marchio magico. In tutta onestà, chiunque sarebbe attratto e tentato di farne parte qualora l’opportunità si presentasse. Personalmente, ci sono stato vicino tre volte.” Queste parole, immerse nell’etere di un podcast ufficiale della Formula Uno, non possono essere ignorate. Se la collocazione geografica fosse veramente l’unico impedimento, perché, allora, il britannico avrebbe mostrato interesse per la Ferrari in ben tre distinte occasioni?
Le vere ragioni del suo mancato approdo alla rossa erano ben diverse. Una su tutte? L’enorme pressione che si vive all’interno della scuderia italiana. Chiunque arrivi in Ferrari e realizzi un buon lavoro può raggiungere picchi di popolarità iperuranici. Osannato dal mondo intero. Perchè vincere con il team italiano non è come vincere altrove. In caso di insuccesso le critiche sono decuplicate. Vieni distrutto psicologicamente, peso eccessivo per chiunque. Per questo Newey non ha mai vestito il Cavallino Rampante sul petto? Davvero un uomo del suo calibro aveva e avrebbe paura di una sfida del genere?
A ragion di logica no. E quindi? Le motivazioni vanno ricercate nel lato tecnico dell’affaire mai concluso. Adrian non va imbrigliato. La sua mente deve correre libera sulle pieghe normative. Massima liberta di progetto, comando e gestione. Perché se il britannico arriva sempre prima degli altri al nocciolo della questione c’è un cavolo di perchè. Bisogna lasciarlo fare, insomma. Esaudire ogni singolo desiderio. Mettergli a disposizione tutto quello che chiede e anche di più. Fiducia incondizionata. Nessun bastone tra le ruote anche, se ciò implica accettare richieste alquanto eccentriche come abolire il consumo di pasta nel refettorio della GES.
Ferrari è pronta ad incontrare nuovamente Adrian Newey per convincere il britannico a sposare la causa
Qualche giorno fa abbiamo parlato della manovra esplorativa di John Elkann, presidentissimo della Ferrari. Il boss della storica scuderia italiana non è certo un esperto della massima categoria del motorsport. Tuttavia può essere definito un maestro nel campo delle trattative. Lo testimonia la mossa occulta tramite la quale ha strappato Lewis Hamilton alla Mercedes. Il sette volte campione del mondo di F1 ha deciso di accettare la grande sfida e se ricordate bene, proprio Newey, non ha mai negato quanto gli piacerebbe avere a che fare con un campione come il prossimo ferrarista.
La Red Bull RB20 continua a dominare la scena. Lo fa anche grazie al grande talento di Max Verstappen, capace di fondersi con il mezzo meccanico alla perfezione. L’olandese massimizza la vettura austriaca. Una sorta di “Terminator” perché oramai da anni non commette nemmeno più gli errori di un tempo. Ciononostante attorno a lui le cose non sono idilliache. La lotta intestine tra le due fazioni sta creando forte scompiglio all’interno della scuderia e come sappiamo Christian Horner, in preda a un chiaro delirio di onnipotenza, pare convinto di un fatto: Un’ipotetica “Red Bull thailandese”, senza Adrian con Alexander Albon al posto di Max, sarebbe in grado di vincere lo stesso.
In tutto questo Ferrari non è stata a guardare. Il top management della rossa sta provando il colpo ad effetto: portare a Maranello il progettista più quotato. Ora o mai più, in pratica. A questo giro, rispetto alle tre occasioni citate dalle stesso progettista inglese, la voglia di soddisfare appieno i voleri del britannico esiste. E non ci riferiamo al tema emolumenti, quello non è mai stato un problema. Parliamo di programmazione futura a 360° dove Adrian avrebbe campo libero anche in altre branche dell’azienda. Proprio per questa ragione le trattative con il team italiano esistono. Sono reali.
L’incontro nel paddock alla corte di Olaf Mintzlaff, durante il fine settimana arabo, dove peraltro ha partecipato brevemente anche il team principal Frederic Vasseur, non era certo una visita di cortesia. La scusa legata al patto della concordia non regge. Tra le varie questioni chiacchierate nessuno sostiene che tale argomento non sia stato menzionato. Tuttavia, i riscontri relativi a trattative ben avviate in merito all’acquisizione delle capacità cognitive tecniche che abitano la Red Bull ci sono eccome. Sono confermate, perché la mediazione per convincere Newey ad abbandonare Milton Keynes è in fase avanzata.
E non finisce qui. Secondo le informazioni raccolte nelle ultime ore dalla nostra redazione, le parti in causa dovrebbero aver già messo in calendario un altro incontro, fissato durante la pausa di due settimane che separa il Gran Premio del Giappone da quello della Cina. Un meeting che potrebbe rivelarsi determinante per il futuro della partnership in discussione. Ripetere la ferma volontà della Ferrari nel raggiungere un accordo sarebbe quasi superfluo, considerando il fervore e l’impegno con cui il Cavallino Rampante sta affrontando questo negoziato.
La strada verso una conclusione positiva della vicenda non sarà certo priva di ostacoli. Non potrebbe essere altrimenti. Sono infatti numerose le questioni che rendono l’operazione tutt’altro che agevole, specie considerando la complessità intrinseca della trattativa stessa. La definizione di un eventuale accordo richiede tempo e soprattutto una visione condivisa del prossimo futuro, tenendo presente che un terreno comune in merito alla definizione di ruoli e responsabilità all’interno del sodalizio è assolutamente necessario.
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari