F1, oramai pare davvero deciso: Adrian Newey ha scelto di lasciare Red Bull. Una decisione di certo non facile, ma d’altra parte nulla dura per sempre. La prima questione interessante da valutare all’interno di questo scenario riguarda un fatto che potremmo riassumere menzionando il terzo principio della dinamica, legge introdotta da Sir Isaac Newton nell’oramai lontanissimo 1687: azione e reazione. Sì perché pensando alla carriera del brillante progettista britannico, possiamo facilmente notare come il suo spostamento in una scuderia di riflesso significa vittoria.
Azione e reazione, quindi, che sta accendendo una lotta serrata. Su di lui si stanno muovendo tre squadre: Aston Martin, Mercedes e Ferrari. Tre team di F1 che stanno facendo carte false per averlo, in quanto mettere sotto contratto il genio di Stratford–Upon–Avon assicura un futuro trionfale. Questa la storia. Con tutto il rispetto per gli altri due contendenti, il fascino che può e sa sfoderare il Cavallino Rampante non ha nulla a che vedere con due scuderie suddette che, messe assieme, possono “vantare” 18 anni di storia (Mercedes 14, Aston Martin 4) alle proprie spalle in F1. Da questo punto di vista il paragone è impietoso.
Proprio per questo, a prescindere, la proposta della storica scuderia Ferrari senza dubbio è la più allentante delle 3. Una sfida che non può e di fatto non spaventa per nulla Adrian Newey. Un uomo della sua esperienza con un know how infinito sulla fluidodinamica, non può temere il passato del team di Maranello. Ecco perché sostenere che gli eventuali dubbi sulla scelta di approdare in Italia da parte di Newey siano legati alla paura di fallire sono assurdi. Quello che realmente interessa all’inglese riguarda la liberta nel suo lavoro. La possibilità di svariare su diversi fronti, senza catene, dove la sua presenza in fabbrica non è assidua.
Red Bull, la decisione che ha spinto Newey lontano
Riflettendo su quanto scritto nell’ultimo paragrafo, viene da chiedersi cosa ha realmente spinto Newey a valutare l’abbandono. Red Bull vive un momento difficile a livello societario. La faccenda Horner è solo la punta di un iceberg. Un contesto complicato oramai da tempo che prima o poi doveva scoppiare. La contrapposizione tra le due “fazioni” interne, quella austriaca e quella thailandese, è talmente netta che il disaccordo su diversi fronti fa presenza in maniera preponderante. Uno scenario che inevitabilmente divide e sebbene per il momento i bolidi colorati blue racing continuino a dominare in pista, al di fuori le problematiche si moltiplicano.
C’è poi un altro fattore, quello scatenante per quanto riguarda Newey. Oltre alla situazione appena menzionata che senza dubbio non piace ad Adrian, in quanto non vuole senz’altro vedersi invischiato nella losca faccenda “Dipendente X”, il motivo che sta spingendo poco a poco il fenomeno della F1 verso altri lidi riguarda principalmente “il demansionamento”. Ci riferiamo a un fatto chiaro, tenendo a mente che il progetto Red bull per dare vita alla seconda generazione di wing car, stagione 2026, diversa aerodinamica e soprattutto una grande rivoluzione a livello motoristico, è stato messo totalmente nelle mani di Pierre Waché.
Il francese ha di recente rinnovato il contratto e il suo team, per convincerlo a restare considerando le molteplici tentazioni esterne, ha scelto il quarantanovenne di Auchel come punta di diamante per il futuro a medio lungo termine. L’allievo del britannico è sicuramente pronto per questo grande incarico, Horner non ha dubbi al riguardo, anche perché è supportato da una schiera di tecnici davvero di primissima scelta. Mossa da un lato potenzialmente vincente che però, appunto, pare sia una delle ragioni principali che ha indotto Newey a pensare un suo futuro lontano da Milton Keynes.
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Oracle Red Bull Racing – Adrian Newey