L’ultimo gioiello di casa Red Bull, la RB20, ha lasciato tutti a bocca aperta sin dalla sua presentazione. Il talento e la creatività del gruppo di ingegneri capitanati da Adrian Newey e Pierre Waché, hanno permesso al team anglo-austriaco di mantenere la leadership tecnica, nonostante i grandi passi avanti dei rivali. Una moltitudine di articoli, interviste e analisi sono già state prodotte per esaminare quelli che sono gli aspetti più vistosi ed eclatanti della Red Bull versione 2024.
Tuttavia la vera parte interessante inizia quando in maniera progressiva si scoprono le “chicche” interne delle monoposto, rare e difficili da scovare tramite una semplice osservazione esterna della vettura. Ecco allora che l’articolo odierno mira ad analizzare, sulla base di ciò che si è appreso dopo ormai quattro Gran Premi, il sistema di raffreddamento della RB20. Cominciamo col dire che, se la Red Bull si ritrova a guardare il resto della griglia dall’alto è perché ha avuto il coraggio, durante l’inverno, di rinnovare completamente la filosofia della propria vettura.
Lo ha fatto intuendo che il progetto precedente era ormai prossimo alla saturazione in termini di potenziale. Parliamo di una rivoluzione che di fatto è partita proprio dall’interno, per poi coinvolgere tutta la veste aerodinamica esterna che avvolge il cuore pulsante della vettura. Ecco quindi che se la RB20 mostra un undercut impressionante, così come un bazooka molto vistoso, è grazie al nuovo sistema di raffreddamento che in una parola si può definire: “complesso”. Si possono contare ben quattro radiatori diversi posti sotto al di sotto del cofano della monoposto colorata blue racing.
Red Bull/Analisi Tecnica: il sistema di raffreddamento studiato per offrire la massima performance alla RB20
Partendo dal primo, notiamo come tale componente sia molto simile a quella osservata sulla RB19, sia in termini di funzione che di allocazione. Il radiatore acqua/olio è infatti posto in maniera trasversale, subito dopo la bocca di raffreddamento orizzontale (letterbox). Tale presa è “nascosta” dal profilo stante sopra, il quale separa la zona del sottosquadro da quella che poi decade con uno scivolo sino al marciapiede del fondo. Molti complimenti sono stati indirizzati allo staff Red Bull proprio per essere riusciti a svasare ulteriormente la zona dell’undercut, aumentando lo spazio disponibile del flusso d’aria per investire tutta la zona del fondo.
Ci riferiamo ad un chiaro traguardo che è stato raggiunto sia per il radiatore acqua/olio citato pocanzi, ma anche per lo scambiatore di calore del turbo, elemento della vettura austriaca che è stato abbassato sino al pavimento del fondo e corre, sostanzialmente, per la lunghezza degli scivoli. Esso viene alimentato grazie all’apertura verticale (vertical duct) che inizialmente si era pensato fosse una sorta di “by-pass duct” in pieno stile Scuderia Ferrari. Tale configurazione è apprezzabile nell’immagine riportata qui sotto:
La vera rivoluzione, tuttavia, è da apprezzare nella parte superiore della RB20: sino alla passata stagione si era utilizzato un unico radiatore orizzontale, posto al di sopra del 6-cilindri Honda, con buona parte dell’aspirazione dell’ICE lasciata a due delle tre aperture dell’airbox. Per la stagione 2024, invece, la Red Bull ha pensato di ridurre le dimensioni di quest’ultimo e supportarlo con due ulteriori sistemi di raffreddamento. Componenti montate in maniera obliqua, in prossimità degli attacchi dell’Halo. L’aggiunta di ulteriori radiatori ha determinato la forma bombata del bazooka, il quale convoglia i flussi nella zona della beam wing.
Ad assicurare un corretto apporto di aria fresca a tutti e tre i componenti ci pensano due aperture, ricavate nella zona compresa fra i canali bazooka e i supporti dell’Halo, lasciando il compito della feritoia posta sopra la testa del pilota di provvedere all’aspirazione del motore nipponico e del piccolo radiatore centrale. L’aria calda che viene generata è smaltita grazie alle branchie poste sulle fiancate dell’engine cover. Parliamo di fessure modulari e possono essere aperte o serrate a seconda delle temperature con cui si ha a che fare. Quello descritto è il layout di prese, radiatori e feritoie usato nei primi tre appuntamenti della stagione.
Se si fa un excursus sino ai giorni più recenti, si può apprezzare ulteriormente la modularità di questo sistema di raffreddamento: a Suzuka Red Bull ha fatto debuttare un primo pacchetto di update volto a migliorare le performance della vettura. Una novità che si può apprezzare poco purtroppo, visto lo scarso chilometraggio del venerdì giapponese è l’introduzione di un’ulteriore coppia di “orecchie” alla base dell’attacco dell’Halo, utili ad alimentare in maniera ancora più accentuata i due radiatori di servizio. Questo fa si che, in vista delle gare più calde della stagione, la RB20 potrà contare su ben 4 prese d’aria (per lato vettura) oltre alle branchie modulari citate in precedenza.
Lo stesso chief engineer Red Bull, al secolo Paul Monaghan, ha affermato che la scelta di posizionare due prese nella parte superiore della monoposto è puramente logica: “Quando si sceglie dove mettere una presa di raffreddamento, sarebbe stupido collocarla dove c’è poca pressione. Non deve stupire, quindi, se abbiamo cercato di perfezionare le prese, collocandole laddove possiamo trovare pressioni più elevate per rendere il raffreddamento dei radiatori più efficiente”.
C’è infine da finire un ragionamento interessante da realizzare sull’impatto di queste novità: è indubbiamente certo che una configurazione del genere ha un impatto positivo su quel che è l’efficienza del processo di raffreddamento dell’intera vettura, con risvolti positivi su affidabilità e quindi anche sulla possibilità di spingere ulteriormente la power unit. Inoltre, Red Bull ha impostato gli aggiornamenti per evitare di intervenire nella zona del sottosquadro e quindi condizionare l’aerodinamica della monoposto. E’ altrettanto vero, però, che l’impiego di due radiatori aggiuntivi posti cosi in alto vada ad aumentare il peso e soprattutto la posizione del baricentro.
E’ lecito pensare che tali effetti siano stati studiati e risolti ridistribuendo i pesi tra anteriore e posteriore. Infine, due unità aggiuntive implicano la necessità di ristudiare il “cable management” interno, cosicché tutti i tubi e condotti possano collegare i vari organi del sistema, aspetto ulteriore che indubbiamente contribuisce in maniera negativa all’aggiunta di peso. Insomma, pregi e difetti di una soluzione che, se impiegata, evidentemente giustifica l’aggiunta di chilo e l’aumento di complessità interna. Si è vociferato nelle ultime settimane, e ancor più dopo l’introduzione delle prese aggiuntive, che la Red Bull potesse soffrire di problemi di raffreddamento, etichettando la soluzione di Newey come estrema.
Ciò nonostante queste novità vanno più valutate in un’ottica modulare, che lascia quindi ampio margine di manovra al team per fronteggiare qualunque situazione metereologica. A supporto di quanto detto è al quanto improbabile che dopo aver retto il clima comunque ostico di Bahrain e Arabia, Red Bull necessiti di controllare di più le temperature. A corroborare il fatto l’ottimo rendimento a Suzuka, dove le due RB20, ancora una volta, senza troppa fatica, sono state in grado di ottimizzare il risultato e realizzare l’ennesima doppietta di una squadra di F1 che vuole continuare a vincere.
Autori: Andrea Mauri – howf1works – Alessandro Arcari –@berrageiz
Immagini: Oracle Red Bull Racing