Verstappen, tre volte campione del mondo di F1. Il presente scritto non ha la pretesa di rappresentare un tedioso approfondimento psicologico. Innanzitutto perché chi scrive non possiede le basi teoriche per argomentare la tesi e soprattutto perché stiamo parlando di ciò che ci appassiona a dismisura, ma che nella scala delle priorità di ognuno individuo non è certamente al primo posto. Nella gara di ieri disputata in terra iberica è andato in scena il decimo Gran Premio del mondiale, in cui il tre volte campione del mondo ha offerto l’ennesimo saggio del suo smisurato talento.
Per molti Perez non è il modo per valutare lo spessore dell’olandese, ma quando un pilota rifila un minuto al proprio compagno sotto la bandiera a scacchi, c’è da togliersi il cappello proprio come disse l’immenso Niki Lauda, quando il diciottenne ragazzo di Hasselt vinse il primo Gran Premio in carriera, proprio sul tracciato catalano. Da sempre la classe dei più grandi assi della storia della F1 si misura quando il mezzo non è all’altezza dell’uomo. Ayrton Senna, nel 1993, vinse cinque Gran Premi con una McLaren palesemente inferiore alla Williams.
Per non parlare della prima stagione di Schumacher in rosso, anno del signore 1996, in cui il tedesco riuscì a conquistare tre successi e quattro pole position con una monoposto da terza/quarta fila. La RB20 resta una grande vettura di F1, ma è ormai lontana parente del bolide dominante della scorsa stagione. Intimamente i successi di Imola, Montreal e Barcellona conferiscono ancora più certezze al pilota olandese e ulteriore ammirazione da parte dei colleghi e addetti ai lavori. Intendiamoci, vincere con la migliore monoposto del lotto non è una colpa.
Quasi tutte le stelle del firmamento della F1 hanno vinto grazie a un mezzo superiore ai concorrenti. La scorsa stagione è stata l’apogeo dello strapotere Red Bull, al punto da consentire a un buon mestierante della categoria di fregiarsi del platonico titolo di vice campione del mondo. Quando le performance sono iniziate a plafonarsi è emerso ciò che in molti sapevano e che altri, per partito preso, non volevano accettare: Verstappen è il miglior pilota per distacco. Un ragazzo di 27 anni con quasi dieci stagioni alle spalle associato a diverse etichette: pericoloso, aggressivo, scorretto, raccomandato, impunito e recentemente anche “inutile”.
F1, Verstappen: superiorità di Max accettata passivamente dai competitor
Osservando il Gran Premio abbiamo focalizzato l’interessa nell’interazione tra Max e suoi avversari nei duelli in pista. Al pronti via, l’unico pensiero di Norris è stato quello di contenere Verstappen, in luogo di seguire la traiettoria gommata che ha poi consentito a Russell di balzare al primo posto in curva 1. Per di più, nonostante George segua Lando e Max , in appena 200 metri scarta a sinistra per ritornare sulla traiettoria ideale e poi frenare più in ritardo. Che l’olandese sia diventato negli anni il maestro dell’intimidazione è cosa assodata, una sorta di Dale Earnhardt, leggendario “intimidator” della Nascar.
Da tempo mi pongo una domanda cercando di convincermi che sia una sciocchezza. Tuttavia più passa il tempo e tanto inverosimile non appare: tra i piloti di F1 c’è una sorta di sudditanza psicologica nei confronti di Verstappen? Per parliamo di un comportamento inconscio che si manifesta attraverso un’eccessiva dipendenza emotiva o psicologica, da una figura percepita come autoritaria o dominante. Attualmente quanti piloti sono in grado di reggere nel confronto corpo a corpo con Max? Escludendo piloti goffamente fallosi come Ocon e Magnussen il cerchio si restringe drammaticamente.
Ieri, nel post gara, il management della McLaren festeggiava l’ennesima piazza d’onore con soddisfazione. Mentre Lando sul podio esprimeva la sua delusione per non essere stato all’altezza della situazione, attraverso un linguaggio del corpo inequivocabile. Lo scorso anno la concorrenza Red Bull fu tramortita dalla superiorità tecnica della RB19. Quest’anno succede grazie a Verstappen, capace di issare il suo mezzo a livelli di eccellenza, senza disporre di una vettura dominante almeno dal Gran Premio di Miami. Ciononostante, dopo 10 Gran Premi, sono 7 i successi conquistati da Max.
Anche se Red Bull non è più il punto di riferimento della massima categoria del motorsport, Max non ha avuto necessità di sporcarsi le mani per ottenere il successo ricorrendo a manovre borderline, utilizzate in più occasioni in passato. La convergenza prestazionale è finalmente iniziata, ma ai rivali dell’asso olandese, oltre che il mezzo, serve una dose di coraggio superiore per poter sperare di batterlo. Forse il termine più corretto di chiara origine partenopea è uno soltanto uno: cazzimma.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Oracle Red Bull Racing F1-TV